Auguste François Bonheur[1], era il fratello minore di Rosa Bonheur e primo figlio maschio di Raymond Bonheur (1796-1849) pittore, e di sua moglie Sophie Marquis che morì un anno dopo la nascita dl suo terzo figlio Isidore Bonheur. Suo padre in seguito si risposò e si trasferì a Parigi nel 1829, dove ebbe un'altra figlia Juliette Peyrol-Bonheur nel 1830. Anche costei divenne pittrice e sposò nel 1852 François Peyrol (1856-1929), artista fonditore. La famiglia Bonheur abitava a Magny-les-Hameaux nell'attuale dipartimento delle Yvelines.
Bonheur fu ammesso all'École des beaux-arts di Parigi nel 1848, nell'atelier di Paul Delaroche[2]. Come sua sorella Rosa si specializzò nella pittura degli animali, ma fu anche un abile pittore paesaggista cui si debbono splendide vedute dell'Alvernia, la sua regione prediletta. Bonheur fu dunque un pittore complessivamente naturalista.
Debuttò al Salon del 1845 e nel 1852 ottenne una medaglia di terza classe per i suoi paesaggi Les Côtes de Brageac (Cantal) e Les Environs de Mauriac (Cantal), mentre nel 1861 gli fu assegnata una medaglia di prima classe. Negli anni 60 fece un viaggio in Scozia. Sposatosi, ebbe un figlio che chiamò Raymond come suo padre, e che diventerà musicista e compositore, amico di André Gide e confidente di Claude Debussy.
Auguste Bonheur morì all'età di 60 anni a Bellevue-la-Montagne, un paesino dell'Alta Loira. Come aveva scritto Emilio Zola nel 1866, la popolarità di sua sorella Rosa mise in ombra il suo talento e la meritata fama (vedi "La critica").
Émile Zola nella sua critica del Salon del 1866 scrive: « I due quadri di Auguste Bonheur occupano il primo posto fra i pittori animalisti. Si ritrovano in essi tutte le qualità di un talento serio, sviluppato attraverso studi coscienziosi. Bonheur ha un nome assai noto che avrebbe potuto renderlo celebre se non ci fosse stata la sorella maggiore (Rosa Bonheur), star della famiglia. »
G. Sabron, Les Peintres paysagistes bordelais du XIXeme au musée des Beaux arts de Bordeaux , Memorie di Storia dell'arte, Bordeaux, 1983, p. 32, numero 15.