L'assedio è noto perché legato alla tradizione culinaria mirandolese: in quest'occasione infatti vennero inventati i tipici maccheroni al pettine.[2]
Contesto
Nel 1741 Filippo V di Spagna, volendo togliere agli austriaci il Mantova, il Ducato di Parma e Piacenza e il territorio milanese, propose ai Piemontesi di creare un'alleanza tra Carlo Emanuele III di Savoia e don Filippo I di Parma. Contemporaneamente, il re di Sardegna tentò di allearsi anche con l'altro fronte austriaco.[3] Peraltro, la Casa di Baviera aveva delle pretese sull'ex Ducato della Mirandola[4] e sul marchesato di Concordia, in forza di un diploma siglato il 22 settembre 1637 dall'imperatore Massimiliano I.[5]
Nel mentre, giunse notizia che il duca di Montemar stava preparando un esercito spagnolo tra Modena (il cui duca Francesco III d'Este si era alleato di nascosto con la Spagna) e Bologna per andare alla conquista della Lombardia. Carlo Emanuele III decise allora di allearsi con gli austriaci (1 febbraio 1742):[6] le truppe di Maria Teresa d'Austria avrebbero bloccato gli spagnoli nel modenese, mentre i sardo-piemontesi avrebbero difeso Pavia, Piacenza e Parma, grazie anche ad un contributo di 200.000 sterline versato dall'Inghilterra.
In maniera inaspettata, Carlo Emanuele III occupò militarmente Reggio Emilia, per poi dirigersi verso il fiume Panaro contro gli spagnoli. Tuttavia, Montemar tornò a Castelfranco Emilia e a Bondeno, consentendo così ai piemontesi di conquistare Modena il 29 giugno 1742.
Antefatti
Già nel mese di maggio 1742, il duca di Modena Francesco III d'Este, poco prima di fuggire a Venezia, aveva inviato a Mirandola un presidio di 3.000 soldati (in gran parte provenienti dalla Garfagnana), presagendo il peggio per i suoi domini (altri 4.000 militari erano stati inviati al presidio della cittadella di Modena). Tuttavia, appena giunta la notizia dell'inizio dell'assedio savoiardo alla cittadella di Modena (12 giugno), circa 150 militari si diedero alla fuga.[7] La necessità di avere una forza di difesa della Mirandola al completo spinse il generale conte Martinoni ad emettere un proclama con cui prometteva il perdono ai disertori che avessero fatto ritorno entro 15 giorni. Peraltro, pochi giorni dopo, lo stesso conte Martinoni, che presagiva l'imminente attacco alla Mirandola, il 28 giugno ordinò l'uscita dalla città di chiunque non fosse in grado di procurarsi provviste per far fronte ad almeno quattro mesi di assedio: questo proclama scatenò il panico tra i mirandolesi ed il governatore Martinoni dovette far aprire le porte della città "a siffatta gente infedele e codarda". La guarnigione della Mirandola perse così altri 800 soldati.
Nel frattempo, domenica 8 luglio 1742 le truppe di Carlo Emanuele III partirono per la Mirandola.[8]
Appresa della diserzione di massa della guarnigione mirandolese, il generale piemontese Ferdinand Charles Gobert, conte d'Aspremont-Lynden (che si trovava a Finale Emilia) pensò che la piazzaforte di Mirandola fosse ormai deserta: cosicché decise di anticipare il proprio re e partì da Finale verso Mirandola insieme a 200 carabinieri; giunti a Cividale mandò avanti con una scorta il maggiore conte Scartoccia o Cartòs (fratello del marchese di San Marzano Oliveto) a chiedere ufficialmente a Giulio Martinoni la consegna della città di Mirandola al re di Sardegna prima di aprire il fuoco.[9] Dopo aver convocato il consiglio di guerra, il bergamasco Martinoni rispose che non poteva consegnare nelle mani dei nemici la città che gli era stata affidata e che avrebbe perciò difeso a costo della vita.
Ricevendo risposta negativa da parte del governatore modenese, il conte Cartòs tornò a Cividale per informare il proprio superiore conte d'Aspremont, il quale gli ordinò di riferire la notizia direttamente al re Carlo Emanuele III, che ormai era giunto sulla strada che conduce a Concordia sulla Secchia. Il re, appresa dell'iniziativa di Aspremont, non perse tempo e già il 12 luglio fece iniziare la trincea.[9]
Il 16 luglio gli spagnoli iniziarono a cannoneggiare per disperdere gli assedianti.[12]
Il 17 luglio vennero posizionate le batteria d'artiglieria in direzione del castello dei Pico.
Il 19 luglio giunsero otto battaglioni piemontesi e 2.500 soldati ungheresi, insieme ad un treno d'artiglieria con 24 cannoni e 20 mortai con vennero erette le batterie che iniziarono a battere la piazza il giorno 21 luglio.
Il 22 luglio la città venne di nuovo bombardata con 15 mortai: il dica di Montemar fece intimare la resa al conte Martinoni, che rispose di voler restistere fino agli estremi. Il bombardamento riprese quindi con gran violenza e dopo tre ore dovette essere esposta la bandiera bianca.[13]
«S'aprì la trincea sotto la Mirandola. Per una settimana gran fuoco col cannone, con bombe e mortari da sassi fece la guarnigione; né mancò di far qualche sortita. Molti degli assediati vi furono morti o feriti. Ma dacché due batterie di cannoni, e due altre di mortari e bombe cominciarono a lavorar contro la piazza con incessante fuoco, e cominciò esso fuoco ad attaccarsi a più case, tale fu lo strepito e scompiglio di que’ cittadini che minacciarono sollevazione. Si mise dunque fuori bandiera bianca, e nella scorsa domenica si capitolò, rimasti gli ufficiali prigioni di guerra.»
La tradizione culinaria racconta che, al termine dell'assedio del 1742, Carlo Emanuele III di Savoia e il conte Otto Ferdinand von Traun si accomodarono in un'osteria di Mirandola per mangiare: la gestrice del locale, avendo esaurito le provviste durante l'assedio, preparò qualcosa con quello che rimaneva: pasta sfoglia fatta con farina e uova, condita con carne di galletto. Per presentare al meglio la scarsa pietanza, pensò di arrotolare i quadretti di pasta su un bastoncino passandolo poi su un telaio per ottenere la rigatura: così nacquero i maccheroni al pettine.[2]
Il 22 luglio 1742 venne sottoscritta, all'interno della chiesa di San Francesco, la capitolazione per la resa della Mirandola fra il governatore conte Giulio Martinoni ed il comandante austrosardo Conte Giovanni Luca Pallavicini.[15] In seguito, Carlo Emanuele III fece il suo ingresso trionfale a Mirandola, mentre il conte di Traum (che si trovava con le sue truppe a Montalbano di Medolla) vi entrò il giorno seguente.
Il comando della piazza della Mirandola fu affidato al colonnello Jacopo Bernardi del Reggimento Piccolomini.
Conseguenze
Dopo la resa della Mirandola, re Carlo Emanuele III inviò il conte d'Aspremont insieme a 3.000 cavalieri verso Bondeno per osservare i movimenti degli spagnoli.[16] Peraltro il generale duca di Montemar fece battere la ritirata generale, lasciando anche il campo e le fortificazioni di Bondeno e facendo dirigere l'esercito napoletano-spagnolo nella Romagna con l'intenzione di concentrarsi e far massa a Rimini.[17]
L'anno successivo, il giorno 8 febbraio 1743, si combatté la grande battaglia di Camposanto tra l'esercito spagnolo-napoletano quello austro-piemontese, in cui persero la vita oltre 2.000 soldati. L'esito dello scontro fu però indeciso, poiché entrambi i fronti rivendicarono la vittoria.
La città di Mirandola rimase sotto il dominio delle forze austro-sarde per sei anni:[18][19] solo a seguito della firma del trattato di Aquisgrana del 1748, la città della Mirandola venne restituita il 7 febbraio 1749 al restaurato duca di Modena.[20] Peraltro, il 22 agosto 1750 l'Elettorato di Baviera, a seguito di sovvenzione, rinunciò in favore dell'Austria alle sue pretese[21] sul Ducato della Mirandola e sul Marchesato di Concordia.[22]
Note
^ Mario Longhena, Mirandola, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1938. URL consultato il 31 ottobre 2017.
«Mirandola rimase quieta sotto i duchi di Modena, salvo per gli anni dal 1735 al 1742 in cui fu occupata dagli Spagnoli»
^Pompilio Pozzetti, Lettera XVII, in Girolamo Tiraboschi (a cura di), Lettere mirandolesi scritte al conte Ottavio Greco, Notizie biografiche in continuazione della Biblioteca Modonese, vol. 3, Reggio Emilia, Tipografia Torreggiani e compagno, 1835, p. 142. URL consultato il 1º novembre 2017 (archiviato il 7 novembre 2017).
^(FR) Siege de la Mirandole, in Journal historique et littéraire, chez François Cavelier, et se trouve à, 1742, p. 197. URL consultato il 31 ottobre 2017 (archiviato il 7 novembre 2017).
^(FR) Claude Jordan, Louis-François-Joseph de La Barre, Charles-Philippe de Monthenault d'Egly, Pierre Nicolas Bonamy, Hubert-Pascal Ameilhon (a cura di), Contenant ce qui s'est passé de consideràble en Italie et en Espagne depuis le dernier journal, in Journal historique sur les matieres du tems, vol. 52, Parigi, chez Eustache Ganeau, luglio 1742, p. 199. URL consultato il 1º novembre 2017 (archiviato il 7 novembre 2017).
^Miràndola, in Enciclopedia Sapere, De Agostini Editore. URL consultato il 31 ottobre 2017 (archiviato il 7 novembre 2017).
^Beltramo Cristiani fu amministratore imperiale degli stati di Modena e della Mirandola dal 1742 al 1748.
^(FR) Didier Robert de Vaugondy, Mirandole, in Encyclopédie méthodique: Géographie moderne, Parigi, chez Panckoucke libraire, 1784, p. 365. URL consultato il 31 ottobre 2017 (archiviato il 7 novembre 2017).
^Cfr. Diploma del 22 settembre 1638 siglato dall'imperatore Massimiliano in cui donava all'elettorato di Baviera l'aspettativa della successione sul Ducato della Mirandola
«22 août 1750. Autriche, Bavière. Déclarations. La Bavière, moyennant un subside, renonce, en faveur de l’Autriche, à ses prétentions sur le duché de Mirandole et le marquesat de Concordie.»
Bibliografia
M. Borsarelli, Achille Corbelli (a cura di), Carlo Emanuele III nella Guerra di successione austriaca, 1742-1743, in La Guerra e la milizia negli scrittori italiani d'ogni tempo, Roma, Edizioni Roma, 1936.
(DE) Relation der Belagerung von Mirandola, in Carte des Expeditions de Guerre en Italie l'An 1742 et 1743 entre les Autrichiens & leur Allié & entre les Espagnols, qui represente les Sieges de Mirandole & de Modene, de meme que le campem. des Espagnols pres de Bologne & l'Action sur la riviere de Panaro, Norimberga, Homann Erben, 1743.