«Questa canzone la dedichiamo a quelli che Platone chiamava, in modo addirittura poetico, i "figli della luna"; [in realtà per Platone gli uomini gay erano figli del Sole] quelle persone che noi continuiamo a chiamare gay oppure, per una strana forma di compiacimento, diversi, se non addirittura culi. Ecco, mi fa piacere cantare questa canzone, che per altro è stata scritta per loro una dozzina di anni fa, così a luci accese, anche a dimostrare che oggi, almeno in Europa, si può essere semplicemente se stessi senza più bisogno di vergognarsene.»
(Fabrizio De André durante il concerto tenuto al Teatro Smeraldo di Milano il 19/12/1992, appena prima di cantare Andrea a luci accese)
Andrea è diventato, negli anni, uno dei brani più fortemente antimilitaristi del cantautore ligure. Si tratta di una canzone sulle diversità (tema presente in innumerevoli brani di De André), che racconta la storia di un amore omosessuale durante la prima guerra mondiale, tra il contadino Andrea e un soldato dai riccioli neri partito per il fronte e morto in guerra. Il dolore della perdita spinge il povero Andrea a suicidarsi, gettandosi in un pozzo.[2]
«Il secchio gli disse signore il pozzo è profondo ... lui disse mi basta che sia più profondo di me»
Il brano affonda le sue radici in un filone di filastrocche di varie tradizioni italiane che accostano, verso dopo verso, concetti molto distanti tra loro (introdotti dalla frase «volta la carta»), ma spesso legati dalla rima, sfociando in quello che Bubola ha definito «un esempio di surrealismo popolare».[3] Tra le strofe c'è inoltre una citazione della canzone popolare Madamadorè.[4]
Il ritornello, che prende ispirazione contemporaneamente da una canzone popolare (Angiolina, bell'Angiolina) e dal neorealismo di Pane, amore e fantasia, racconta invece la storia di una ragazza di nome Angiolina, che inizialmente patisce delusioni d'amore a causa di un carabiniere, ma che infine riesce a trovare il suo uomo e sposarsi.[4]