L'abbazia di S. Benigno alla metà dell'Ottocento (particolare da una litografia di Alfred Guesdon). L'antica abbazia, ormai in rovina, da lì a pochi anni sarebbe stata sostituita dalle imponenti caserme
«… in capo di Promontorio l'antica abbazia di S. Benigno, in la quale giace il corpo del venerabil Beda.[1]. ... E sotto l'abbazia, verso mezzogiorno, è la torre ossia mezza torre[2] della Lanterna, edificata su uno scoglio, nominato Capo di Faro.»
Nel 1132 i monaci ebbero in dono da varie famiglie nobili del tempo un terreno per ampliare la chiesa e costruirvi un monastero. La chiesa romanica, in pietre squadrate, aveva tre navate e alcune cappelle laterali. Per la sua posizione lungo la via di accesso alla città da ponente, al convento fu annesso un ospitale per pellegrini e viandanti.
Nel 1155 il convento fu elevato ad abbazia, intitolata ai santi Benigno e Paolo, ma nel giro di pochi anni rimase solo quella al santo martire Benigno. Intorno al 1217 nell'abbazia prestò servizio Sinibaldo Fieschi, il futuro papa Innocenzo IV. Il complesso monastico visse momenti di grande splendore, grazie a donazioni e lasciti, alternati a momenti di difficoltà, come nel 1411, quando i frati furono decimati da un'epidemia di peste o pochi anni più tardi quando, in gravi difficoltà economiche e necessitando di restauri, fu messo alle dipendenze del monastero di San Gerolamo della Cervara vicino a Portofino.[3]
Più volte il convento fu coinvolto in episodi bellici, subendo gravi danni, come avvenne nel 1319, nel corso delle lotte di fazione tra guelfi e ghibellini, e soprattutto nel 1514, per le vicende belliche che coinvolsero l'adiacente fortezza denominata "Briglia"[5], nel corso delle quali fu semidistrutta la primitiva Lanterna, poi ricostruita nelle forme attuali nel 1543.[3][4]
Nel 1633 con la costruzione delle "Mura Nuove" iniziò il declino: il pianoro su cui sorgeva il monastero fu inglobato nelle stesse, restando a diretto rapporto con eventuali assedianti, mentre sul piazzale antistante fu collocata una batteria di cannoni.[3][4]
Il complesso fu definitivamente abbandonato dai monaci nel 1798 (che si trasferirono a S. Nicolò del Boschetto) a causa delle leggi di soppressione degli ordini religiosi emanate dalla Repubblica Ligure.
Struttura militare
L'edificio, spogliato delle opere d'arte e degli arredi, dal 1818 fu inglobato nelle strutture militari e adibito a deposito di munizioni, mentre il campanile fu utilizzato come torre per segnalazioni a distanza. Intorno al 1850 quanto restava dell'antica abbazia fu demolito per costruire due grandi caserme, anch'esse scomparse nel secolo successivo con lo sbancamento dell'intero colle.[3][4]
^Il Giustiniani si riferisce al fatto che intorno al 1530, quando scrisse queste note, la torre della Lanterna era diroccata a causa degli eventi bellici del 1514 (sarebbe stata ricostruita nelle forme attuali pochi anni dopo, nel 1543).
^abcd Stefano Finauri, Forti di Genova: storia, tecnica e architettura dei fortini difensivi, Genova, Edizioni Servizi Editoriali, 2007, ISBN9788889384275.
^La fortezza della "Briglia", fatta costruire nel 1507 dal re di Francia Luigi XII, fu distrutta dai genovesi nel 1514 dopo un lungo assedio.
Bibliografia
Antonella Rovere (curatrice), Le carte del Monastero di San Benigno di Capodifaro (secc. XII-XV), Atti della Società Ligure di Storia Patria Nuova serie – Vol. XXIII (XCVII) 1983
Stefano Finauri, Forti di Genova: storia, tecnica e architettura dei fortini difensivi, Genova, Edizioni Servizi Editoriali, 2007, ISBN9788889384275.