ʿAbīd ibn al-Abraṣ (500 – 554) è stato un poeta arabo, vissuto nella Jāhiliyya.
Appartenente alla tribù araba dei Banū Asad, ʿAbīd ibn al-Abraṣ (in arabo ﻋﺒﻴﺪ ﺍﺑﻦ ﺍلاﺑﺮﺹ?) fu coinvolto nell'insurrezione della sua gente contro l'effimero regno "federativo" creato dai Banu Kinda, provocando la morte di Hujr, padre del grande poeta Imru l-Qays.
Fra i motivi dei 30 carmi (qaṣīda) e dei 17 frammenti conservatici di questo espressivo poeta, si impone il fakhr, la poesia di vanto, che lascia posto anche alle considerazioni sentenziose, alle meditazioni sulla caducità della vita e alle descrizioni pittoriche dell'ambiente naturale e zoologico: tutti motivi per i quali ʿAbīd ibn al-Abraṣ fece ricorso a una lingua accentuatamente arcaica, che è la più convincente dimostrazione della sua genuinità, non soggetta cioè a successive interpolazioni (come invece spesso è accaduto a buona parte della poesia preislamica).[1]
Note
- ^ Il più importante studio critico sulla poesia araba preislamica e sui forti "ritocchi" apportati in età abbaside, si espresse il noto scrittore Taha Hussein, nel libro Fī shiʿr al-jāhilī (Il Cairo, 1924) che suscitò veementi reazioni in tutto il mondo arabofono, offeso dal metodo d'indagine critica dei testi (peraltro assai puntuale) affermato dal grande studioso egiziano.
Bibliografia
- Charles James Lyall, The Dīwāns of ʿAbīd Ibn al-Abraṣ, of Asad and ʿĀmir Ibn at-Tufail, of ʿĀmir Ibn Saʿsaʿah, ed. and supplied with a translation and notes by Sir Charles Lyall, E. J. W. Gibb Memorial Series, vol XXI, Leyden-London, E. J. Brill-Luzac & Co., 1913.
- Francesco Gabrieli, "La poesia di ʿAbīd ibn al-Abraṣ", in: Rendiconti dell'Accademia d'Italia, scienze morali, Roma, 1940, pp. 240–251.
Voci correlate