Massimo Severo Giannini (8 March 1915 – 24 January 2000) was an Italian politician and jurist. He was Minister from 1979 to 1980.[1][2][3][4][5][6][7] He also was a member of the Accademia dei Lincei and vice president of the Higher Council for Cultural Heritage.
Biography
Giannini became a professor of administrative law at the age of 24, in 1939. He taught at the universities of Sassari, Perugia, Pisa and the University of Rome La Sapienza.
During the German occupation of Rome, Giannini operated in the Matteotti Brigades, under the orders of fellow jurist Giuliano Vassalli. On 24 January 1944 he participated in the action of a group of socialist partisans who allowed the escape of Sandro Pertini and Giuseppe Saragat, together with five other socialist patriots, from the Regina Coeli prison. The action, with daring connotations, was conceived and directed by Vassalli, with the help of several partisans of the Matteotti Brigades, including Giannini, Giuseppe Gracceva, Filippo Lupis, Ugo Gala, Alfredo Monaco, and Marcella Ficca Monaco. Thus it was possible to first pass Saragat and Pertini from the German "arm" of the prison to the Italian one and therefore to produce false release orders, drawn up by Vassalli himself. The two leaders of the PSIUP were therefore released from prison along with the other socialist exponents Luigi Andreoni, Luigi Allori, Carlo Bracco, Ulisse Ducci, Torquato Lunedei.
After the War, he was Chief of Staff of the Minister for the Constituent Pietro Nenni from 12 August 1945 to 2 August 1946. From 1946 to 1948 he was head of the legislative office of the Ministry of Industry, appointed by Rodolfo Morandi. A member of the Italian Socialist Party, he moved away in 1953. He returned to the PSI a few years later, and until 1991 he was also member of the PSI National Assembly, established by Bettino Craxi in 1984.
He served as Minister of Public Administration from 1979 to 1980, in the two governments led by Francesco Cossiga.
He died on 24 January 2000 following a heart attack.[8]
^Cesare Pinelli, Lavare la testa all’asino, in Mondoperaio, n. 11-12/2015, p. 35: la sua proposta di autogoverno ruotava intorno alla regione
vista come “organo dello Stato fornito di autogoverno, nel
senso che i funzionari della regione avrebbero lo stato giuridico
dei funzionari dello Stato, pur essendo elettivi. In altre parole
si tratterebbe di trasportare da noi l’istituzione delle contee
anglosassoni”. Più in generale, delle sue proposte "sono testimonianza la relazione
che presentò al congresso fiorentino del partito socialista dell’aprile
1946, e la conseguente mozione, anche questa da lui
redatta: due atti con cui si definiva la linea del partito" socialista all’Assemblea
Costituente: Sabino Cassese, Il politico, il riformatore, lo studioso, in Mondoperaio, n. 11-12/2015, pp. 29-30, dove si prosegue ricordando che sia la relazione sia la mozione concludevano affermando che
la forma di governo proposta non era né parlamentare, né presidenziale,
né assembleare, ma “una nuova forma di governo,
che muove interamente dal popolo (capo dello Stato – assemblea
– governo – tribunale costituzionale), il quale è raccordato
allo Stato dagli enti locali e dall’autogoverno, dai partiti e
dagli organismi di autogoverno del campo dell’economia”.
^M.S. GIANNINI, Intervento, in Il pensiero giuridico di Carlo Lavagna (1996), in Scritti, X, Giuffrè, 2008, p. 83, ove proseguiva motivando così: "... perché se diciamo che fonda
la democrazia ciò è accaduto in quanto si è avuta, da tutti,
un’interpretazione, un’applicazione che oggi ci fanno dire che
in questa parte della Costituzione, bene o male, è delineato
uno Stato democratico”.