Gran parte di ciò che è noto della vita di Bellini e della sua attività di musicista proviene da lettere scritte al suo amico Francesco Florimo, incontrato come compagno di studi a Napoli.
Bellini dimostrò precocemente il suo interesse nei confronti della musica[1] e intorno all'età di 14 anni si trasferì a studiare dal nonno, il quale ne intuì l'alta predisposizione verso la composizione. Intorno al 1817 la sua produzione si fece particolarmente intensa, per convincere il senato civico a concedere una borsa di studio per il perfezionamento, da effettuarsi al Real Collegio di Musica di San Sebastiano, dopo una supplica datata al 1818.
Nel 1819 ottenne la borsa di 36 onze annue grazie all'interesse dell'intendente del Vallo, il duca di Sammartino. Partì da Messina, ospite dello zio padrino Francesco Ferlito, il 14 giugno e giunse al porto di Napoli dopo cinque giorni di tempesta, scampando fortunosamente a un naufragio.
Gli studi musicali a Napoli
A Napoli fu allievo di Giacomo Tritto, ma, conosciuto Nicola Antonio Zingarelli, preferì seguire quest'altro, il quale lo indirizzò verso lo studio dei classici (Palestrina, Paisiello e Pergolesi su tutti) e il gusto per la melodia piana ed espressiva, senza artifici e abbellimenti, secondo i dettami della scuola musicale napoletana.[2] Tra i banchi del conservatorio ebbe come condiscepoli Saverio Mercadante e il musicista patriota Piero Maroncelli, ma soprattutto vi conobbe il calabrese Francesco Florimo, la cui fedele amicizia lo accompagnerà per tutta la vita e anche dopo la morte: quando Florimo diventerà bibliotecario del conservatorio di Napoli, grazie alle molte lettere scambiate, sarà tra i primi biografi dell'amico prematuramente scomparso.
In questo periodo Bellini compose musica sacra, alcune sinfonie d'opera e alcune arie per voce e orchestra, tra cui la celebre Dolente immagine, il cui testo è attribuito a Giulio Genoino (poeta), dedicata alla sua fiamma di allora, Maddalena Fumaroli, opera oggi nota solo nelle successive rielaborazioni per voce e pianoforte.
L'anno seguente il celebre impresario Domenico Barbaja commissionò a Bellini un'opera da rappresentare al Teatro alla Scala di Milano. Partendo da Napoli, il giovane compositore lasciò alle spalle l'infelice passione per Maddalena Fumaroli, la ragazza che non aveva potuto sposare per l'opposizione del padre di lei, contrario al matrimonio con un "suonatore di cembalo".
Sia Il pirata (1827), sia La straniera (1829) ottennero alla Scala un clamoroso successo: la stampa milanese riconosceva in Bellini l'unico operista italiano in grado di contrapporre a Gioachino Rossini uno stile personale da cui prende la bellezza proprio quest'ultimo, basato su una maggiore aderenza della musica al dramma e sul primato del canto espressivo rispetto al canto fiorito.
Meno fortuna ebbe nel 1829 Zaira, rappresentata a Parma per inaugurare il nuovo Teatro Ducale (oggi Teatro Regio di Parma) e la cui rappresentazione riscosse scarso successo. Lo stile di Bellini mal si adattava ai gusti del pubblico di provincia, più tradizionalista. Delle cinque opere successive, le più riuscite sono non a caso quelle scritte per il pubblico di Milano (La sonnambula, e Norma, entrambe andate in scena nel 1831) e Parigi (I puritani, 1835). In questo periodo compose anche due opere per il Teatro La Fenice di Venezia: I Capuleti e i Montecchi (1830), per i quali adattò parte della musica scritta per Zaira, e la sfortunata Beatrice di Tenda (1833).
Parigi, gli ultimi anni e la morte
La svolta decisiva nella carriera e nell'arte del musicista catanese coincise con la sua partenza dall'Italia alla volta di Parigi. Qui Bellini entrò in contatto con alcuni dei più grandi compositori d'Europa, tra cui Fryderyk Chopin, e il suo linguaggio musicale si arricchì di colori e soluzioni nuove, pur conservando intatta l'ispirazione melodica di sempre. Gioachino Rossini, che viveva a Parigi, lo considerava il suo pupillo. Oltre a I puritani, scritti in italiano per il Théâtre-Italien diretto da Rossini, a Parigi Bellini compose numerose romanze da camera di grande interesse, alcune delle quali in francese, dimostrandosi pronto a comporre un'opera in francese per il Teatro dell'Opéra di Parigi.
La sua carriera e la sua vita furono però stroncate a soli 33 anni da una forma di rettocolite ulcerosa complicata da un ascesso epatico, malattia probabilmente esacerbata dalla particolare emotività del compositore.[3]
Nelle varie tappe che segnarono il ritorno in patria, il feretro del compositore fu accolto ovunque con calore e commozione. Giunto infine nella sua città natale, vennero celebrate le solenni esequie, a cui parteciparono migliaia di catanesi, alcuni parenti del compositore (tra cui due fratelli ancora in vita), e una folta rappresentanza di autorità civili, militari e religiose. In onore del ritorno in patria delle sue spoglie, la sua città natale riprodusse l'Arco di Trionfo di Parigi in ricordo del soggiorno francese del musicista.
Heinrich Heine lo descrive così:[6] «Egli aveva una figura alta e slanciata e moveva graziosamente e in modo, starei per dire, civettuolo. Viso regolare, piuttosto lungo, d'un rosa pallido; capelli biondi, quasi dorati, pettinati a riccioli radi; fronte alta, molto alta e nobile; naso diritto; occhi azzurri, pallidi; bocca ben proporzionata; mento rotondo. I suoi lineamenti avevano un che di vago, di privo di carattere, di latteo, e in codesto viso di latte affiorava a tratti, agrodolce, un'espressione di dolore». Secondo Heine, Bellini parlava francese molto male, anzi: «orribilmente, da cane dannato, rischiando di provocare la fine del mondo».[7]
Stile
La musica di Bellini è un singolare connubio tra classicismo e romanticismo. Classicista era la formazione ricevuta a Napoli, basata sui modelli di Palestrina, della scuola operistica napoletana (Pergolesi e Paisiello), di Haydn e di Mozart, e anche una personale tendenza a valori poetici come armonia e compostezza. Romantico era invece il pathos delle sue opere, l'importanza che le passioni e i sentimenti assumono nelle vicende rappresentate. Il punto di raccordo fra le due tendenze è la melodia, che senza venir meno a una classica sobrietà crea atmosfere sognanti, sensuali e malinconiche, vicine al romanticismo del tempo. Tale talento nel cesellare melodie della più limpida bellezza conserva ancora oggi un'aura di magia, mentre la sua personalità artistica si lascia difficilmente inquadrare entro le categorie storiografiche.
Legato a una concezione musicale antica, fondata sul primato del canto, sia esso vocale o strumentale, il siciliano Bellini portò prima a Milano e poi a Parigi un'eco di quella cultura mediterranea che l'Europa romantica aveva idealizzato nel mito della classicità. Il giovane Wagner ne fu tanto abbagliato da ambientare proprio in Sicilia la sua seconda opera, Il divieto d'amare, additando la chiarezza del canto belliniano a modello per gli operisti tedeschi e tentando di seguirlo a sua volta.[8]
All'interno di una sorta di Bellini renaissance, la musica del compositore catanese ha attirato nel XX secolo l'attenzione di diversi compositori d'avanguardia come Bruno Maderna e, soprattutto, Luigi Nono, che l'hanno riletta al di fuori delle categorie operistiche, concentrando l'attenzione su una particolare concezione del suono, della voce e dei silenzi le cui radici - secondo musicologia contemporanea - affonderebbero nella musica della Grecia antica e dell'area del Mar Mediterraneo piuttosto che nella moderna tradizione musicale europea.[9]
Fortuna
Già nel 1827, Bellini ottenne riscontri positivi con Il Pirata. Successivamente, sia I Capuleti e i Montecchi, rappresentata a La Fenice nel 1830, che La sonnambula, a Milano nel 1831, raggiunsero nuove vette trionfali. Norma, data a La Scala nel 1831, non andò altrettanto bene fino alle successive rappresentazioni. La carriera di Bellini si concluse con il trionfo de I puritani a Parigi.
In una lettera di Giuseppe Verdi, datata 1869 e indirizzata a Florimo, il grande compositore esprime la sua ammirazione nei confronti del musicista catanese:
"Sono poi completamente d'accordo con voi, caro Florimo, nelle lodi che tributate a Bellini. S'egli non aveva alcune delle brillanti qualità di qualche suo contemporaneo, aveva ben maggiore originalità, e quella tal corda che lo rende tanto caro a tutti, e che nel tempio dell'arte lo colloca in una nicchia ove sta solo... Lode a lui e lode grandissima"
A proposito di Bellini, il critico londinese Tim Ashley ha detto:[10]
(EN)
«Bellini was also hugely influential, as much admired by other composers as he was by the public. Verdi raved about his "long, long, long melodies such as no one before had written". Wagner, who rarely liked anyone but himself, was spellbound by Bellini's almost uncanny ability to match music with text and psychology. Liszt and Chopin professed themselves fans. Of the 19th-century giants, only Berlioz demurred. Those musicologists who consider Bellini to be merely a melancholic tunesmith are now in the minority.»
(IT)
«Bellini, oltre ad essere molto influente, fu ammirato sia da altri compositori che dal pubblico. Giuseppe Verdi era entusiasta delle sue 'lunghe melodie', Richard Wagner, che raramente apprezzava qualcuno a parte sé stesso, era affascinato dalla capacità quasi sorprendente di Bellini nell'abbinare la musica al testo e alla psicologia. Liszt e Chopin si dichiararono ammiratori. Tra i giganti del XIX secolo, solo Berlioz si mostrò indifferente. Oggi, quei musicologi che consideravano Bellini un semplice melodista, rappresentano la minoranza.»
Omaggi
Numerosi sono gli omaggi al Maestro:
Vincenzo Bellini era raffigurato sulle banconote da 5000 Lire italiane. Sul retro il personaggio di Norma.
La vita di Vincenzo Bellini è stata oggetto di due film biografici intitolati "Casta diva", entrambi diretti da Carmine Gallone rispettivamente nel 1935 e nel 1954.
«riconoscimento per l'opera "I puritani"» — Parigi, 1835[12]
Riconoscimenti
A Vincenzo Bellini venne dedicata la banconota da 5.000 lire della Banca d'Italia emessa nel 1985 e che ha circolato fino al cambio della lira con l'euro[13]. L'incisione della banconota è dell'artista Trento Cionini e furono stampati complessivamente 1.348.800.000 esemplari.
^La biografia della sua infanzia ci è pervenuta da un testo dai toni agiografici scritto con ogni probabilità da parte di un suo parente, pertanto poco affidabile; resta tuttavia significativa la sua precoce produzione, come nel caso del Gallus Cantavit, composto a sei anni, le Tantum Ergo per la chiesa di San Biagio all'età di nove e il celebre La Farfalletta, composto a dodici; cfr. Gioacchino Lanza Tomasi, Vincenzo Bellini, § 3 "L'infanzia", Sellerio editore, Palermo 2001, pp. 18-21.
^Se ne parla in una lettera di Luigi Lablache rivolta al direttore del napoletano Omnibus, Vincenzo Torelli, e pubblicata da L’Eco di Milano, n. 155 del 28 dicembre 1835, dove si scriverà: «Mio caro Torelli, Riguardo al povero Bellini, ti dirò che ci occupiamo di una sottoscrizione per le spese di un funerale, e per erigergli un monumento, e che sino a questo giorno si sono incassati franchi 14,000. Il monumento sarà fatto dal migliore scultore esistente in Francia, signor Marocchetti Italiano. È impossibile dirti quello che fa Rossini per questa sottoscrizione, ti basti sapere che due terzi della suddetta somma, si debbono a lui, perché non fa che girare, e quasi prende la gente per la gola e gli obbliga a firmare, e ciò gli riesce facilmente perché in questo paese egli è onnipotente. […] Se tu lo avessi visto (al momento che gli demmo la nuova della morte di Bellini) piangere a calde lagrime, avresti detto con me, ecco l'uomo senza cuore! perché così viene chiamato da' suoi nemici. […] ecc.».
^ Heinrich Heine, "Notti fiorentine", in Il rabbi di Bacharach e altri racconti, traduzione di Enrico Rocca, Milano, Arnoldo Mondadori Editore, 1934, p. 207, SBNPAL0093249.
^Inedita, segnalata in Francesco Cesari, "Nuove acquisizioni al catalogo vocale da camera di Vincenzo Bellini", in Francesco Sanvitale (a cura di), La romanza italiana da salotto, Torino, EDT, 2002, pp. 209-277 (221-2; 260-2), ISBN88-7063-615-1.
AA.VV., Vincenzo Bellini: verso l'edizione critica (Atti del Convegno internazionale, Siena, 1-3 giugno 2000), a cura di Fabrizio Della Seta e Simonetta Ricciardi, "Chigiana", vol. 45, Firenze, Olschki, 2004, ISBN88-222-5299-3.
AA.VV., Vincenzo Bellini nel secondo centenario della nascita (Atti del Convegno internazionale, Catania, 8-11 novembre 2001), a cura di Graziella Seminara e Anna Tedesco, Firenze, Olschki, 2004, ISBN88-222-5390-6.
AA.VV., Vincenzo Bellini 1801-2001 (con una appendice su Francesco Pastura), a cura di Roberto Carnevale, Lucca, LIM Libreria Musicale Italiana, 2001, ISBN88-7096-284-9.
Maria Rosaria Adamo e Friedrich Lippmann, Vincenzo Bellini, Torino, Edizione RAI Radiotelevisione Italiana (ERI), 1981, ISBN88-397-0283-0.
(DE) Friedrich Lippmann, "Bellinis-Opern: Daten und Quellen", in: "Vincenzo Bellini und die italienische Oper seiner Zeit", in Analecta musicologica, 1969:6, pp. 365–397, ISSN 0585-6086 (WC · ACNP).
Francesco Pastura, Bellini secondo la storia, "Biblioteca di Cultura Musicale", vol. 7, Parma, Guanda, 1959, SBNPAL0048556.
Salvatore Porto, Bellini - Il sublime inganno, Boemi Editore, 2001.
Piero Isgrò, Il Musicista e l'Imperatore, Edizioni Saecula, 2013.
Maria Luisa Cambi (a cura di), Bellini - Epistolario, Milano, Mondadori, 1943, SBNSBL0730778.
Graziella Seminara (a cura di), Vincenzo Bellini - Carteggi, Leo S. Olschki Editore, 2016.
Franco La Magna Vi ravviso, o luoghi ameni. Vincenzo Bellini nel cinema e nella televisione , Città del Sole Edizioni, Reggio Calabria, 2007, ISBN 978-88-7351-120-5
Carmelo Neri, Ritratto biografico di Vincenzo Bellini, Algra Editore, 2016.