«Una delle canzoni più belle che siano mai state scritte, con quel crescendo iniziale che quasi strozza la voce in gola e vi fa comparire davanti agli occhi i muri della fabbrica come invalicabile barriera tra il luogo del lavoro e quello della vita. Segregazione fisica e tempo rubato, come condizione per l'inclusione sociale.»
Jannacci in questo brano ha cantato la dimensione urbana, la Milano operaia, quella delle periferie, del fascino ingenuo del macchinismo e della fabbrica, come luogo della fatica e allo stesso tempo della sicurezza del proprio futuro[3].