Dopo il diploma della scuola magistrale (triennale) di abilitazione all'insegnamento nella scuola materna,[2] consegue nel 1971 il diploma di assistente sociale (triennale)[3][4]. Incomincia a lavorare come maestra di scuola dell'infanzia presso il Comune di Milano,[5] assumendo il 7º livello professionale[6]; successivamente, viene nominata delegata della FLELS (Federazione lavoratori enti locali sanità, poi confluita nella FP - Funzione Pubblica) della CGIL presso l'amministrazione comunale di Milano dal 1974 al 1979, anno in cui viene distaccata presso la segreteria milanese della FLELS-CGIL.
Nel 1982 si trasferisce a Roma per lavorare alla segreteria nazionale dei sindacato dei lavoratori del pubblico impiego, dove ricopre l'incarico di responsabile del coordinamento delle donne del pubblico impiego, e poi del settore tessile.
Nel 1996 entra a far parte della segreteria nazionale della FILTEA-CGIL (Federazione italiana lavoratori tessili abbigliamento cuoio calzature), di cui è segretaria generale della categoria dal 2000 fino al 2010; successivamente alla fusione nella FILTEA nella FILCTEM-CGIL, ne diventa la vice-segretaria generale.
Dal 2001 al 2012 è stata presidente del sindacato tessile europeo (FSE:THC) e nel 2012 diviene vicepresidente della EIWF – European Industrial Workers Federation (Federazione europea dei lavoratori dell'industria). Poco prima di dedicarsi alla politica, viene nominata vicepresidente della Federconsumatori dal novembre 2012 al gennaio 2013.
Nel febbraio 2011[7], durante il cosiddetto scandalo Rubygate che coinvolse Silvio Berlusconi, Valeria Fedeli fu tra le fondatrici del comitato femminista Se non ora, quando?[8] per denunciare il "modello degradante ostentato da una delle massime cariche dello Stato, lesivo della dignità delle donne e delle istituzioni".
Tra i vari disegni di legge presentati come primo firmatario si ricorda quello per l'istituzione di una Commissione parlamentare sul fenomeno dei femminicidi, che raccolse tra i confirmatari l'appoggio di molti esponenti di forze politiche anche di opposizione[10].
In qualità di vicepresidente vicaria, assume le funzioni di Presidente del Senato dal 14 gennaio al 3 febbraio 2015, per tutta la durata della supplenza di Pietro Grasso, chiamato temporaneamente a svolgere il ruolo di Presidente supplente della Repubblica Italiana. In questa funzione coadiuva la presidente della Camera Laura Boldrini nella conduzione dei lavori del Parlamento in seduta comune per l'elezione del Presidente della Repubblica Italiana, che porta alla presidenza Sergio Mattarella[11]. È la prima volta nella storia repubblicana che lo scranno presidenziale è presieduto da due donne in qualità rispettivamente di presidente della Camera dei Deputati e vicepresidente vicario del Senato della Repubblica.[12]
La candidatura di Valeria Fedeli alle elezioni politiche del 2013 quale capolista del Senato in Toscana del Partito Democratico venne criticata dal Movimento 5 Stelle[17], dal momento che la sindacalista all'epoca non abitava in Toscana, sebbene avesse svolto attività sindacale per il settore tessile in alcune province toscane (il marito Achille Passoni, all'epoca senatore del PD, aveva preso parte alle primarie per la scelta dei parlamentari del partito in Toscana).[18]
Con la nomina a ministro viene investita da una polemica mediatica, scaturita in seguito a dichiarazioni su Facebook di Mario Adinolfi,[3] poiché nella biografia del sito web personale aveva dichiarato di aver conseguito il diploma di laurea in scienze sociali presso la scuola per assistenti sociali di Milano (specificando l'afferenza all'Unione Nazionale per le Scuole di Assistenti Sociali) in un periodo in cui era istituito il diploma in servizio sociale,[3][19][20][21] titolo professionale riconosciuto in Italia equipollente[19][22] alla laurea ai soli fini dell'esercizio della professione di assistente sociale.[22][23][24][25]
Contestualmente, lo stesso Adinolfi, principale fautore dei family day (le manifestazioni in difesa dei valori tradizionali cattolici della famiglia[26]), manifesta anche la preoccupazione per la divulgazione della presunta ideologia gender a scuola,[3][23] in considerazione dello storico impegno di Fedeli in materia di politiche di genere, intese come politiche di uguaglianza dei diritti per uomini e donne.[27][28]
Successivamente Adinolfi contesta alla Fedeli anche di non aver conseguito il diploma di istruzione secondaria superiore, avendo conseguito il diploma[29][30] di abilitazione all'insegnamento nelle scuole materne (ora scuola per l'infanzia)[2], titolo di studio magistrale[29][31][32] istituito negli ordinamenti di studio italiani di scuole magistrali di durata triennale vigenti fino al 1997.[33]
Tale titolo di studio è riconosciuto in Italia come di istruzione secondaria superiore,[29][30] ma non consente il proseguimento degli studi universitari[29][30] (nel previgente ordinamento di studio dava accesso alla formazione per le professioni sanitarie, sociali e educative, come alle scuole per infermieri, assistenti sociali e educatori professionali).[32][34]
Il futuro è di tutti, ma è uno solo: i cambiamenti del mondo vissuti da una sindacalista pragmatica, Ediesse editore, 2011, p. 168, ISBN978-88-230-1492-3.
^(EN) Ministra - Curriculum Vitae - Miur, su hubmiur.pubblica.istruzione.it. URL consultato il 6 luglio 2017 (archiviato dall'url originale il 15 luglio 2017).
^Curriculum Vitae istituzionale MIUR, su hubmiur.pubblica.istruzione.it. URL consultato il 17 dicembre 2016 (archiviato dall'url originale il 4 gennaio 2017).
«Dopo aver conseguito il diploma triennale per insegnare nella scuola materna si trasferisce a Milano, dove lavora come maestra per il Comune di Milano. In quel periodo prende il diploma di assistente sociale presso l’UNSAS.»