Fu protagonista di molte inchieste di punta: fu Improta, ad esempio, a condurre le indagini che portarono alla scoperta del covo in cui le Brigate Rosse tenevano nascosto il generale statunitenseJames Lee Dozier, rapito a Verona il 17 dicembre 1981 e liberato il 28 gennaio 1982, al culmine delle indagini, con un'incursione di elementi del Nucleo operativo centrale di sicurezza.
Accuse alla sua squadra
Era a capo della squadra detta "Ave Maria" che si occupava di interrogare, talvolta anche con metodi brutali, i detenuti per terrorismo politico: in essa vi erano anche, come funzionari e dirigenti delle squadre di poliziotti, Salvatore Genova, Oscar Fioriolli, Luciano De Gregori, e Nicola Ciocia (futuro questore[1] e membro dell'UCIGOS, presente al ritrovamento del corpo di Aldo Moro, e soprannominato da Improta "professor De Tormentis").[2] I giornalisti che raccolsero testimonianze di torture (come Pier Vittorio Buffa), furono brevemente arrestati con accuse di calunnia.[3]
Genova, pentito di quegli atti (nel frattempo caduti in prescrizione), ha rilasciato numerose dichiarazioni confermando le accuse degli stessi brigatisti e riferendo di uso massiccio di waterboarding e tortura dell'acqua (cosiddetto metodo dell'"acqua e sale") contro brigatisti in prigioni clandestine (come villette di proprietà di agenti), ma anche di violenze sessuali contro brigatiste e compagne di presunti terroristi, pestaggi e abusi psicologici contro militanti e sospetti fiancheggiatori arrestati, oltre alle normali tecniche di interrogatorio.[2][4] Queste pratiche sarebbero state autorizzate (specie per il sequestro Dozier, dove sarebbe stata la tortura inflitta a Elisabetta Arcangeli a portare il suo compagno, il brigatista Ruggero Volinia, a rivelare l'ubicazione del covo) direttamente dal ministro Virginio Rognoni, ma sarebbero proseguite anche dopo la liberazione del generale, a scopo punitivo e repressivo.[2][5][6]
Questi atti furono denunciati anche nelle testimonianze di diversi brigatisti e sospetti fiancheggiatori, tra cui Enrico Triaca (detto il "tipografo" delle BR), i citati Volinia e Arcangeli, Paola Maturi, Emanuela Frascella[7], Nazareno Mantovani.[8]
La deputata radicaleRita Bernardini presentò un'interrogazione parlamentare nel 2012, per fare chiarezza sui metodi usati dalle squadre speciali di polizia negli anni di piombo e sull'assenza del reato di tortura nell'ordinamento italiano,[8] (reato recepito poi nel 2017)[9].