La località montuosa è collocata sul versante sinistro della valle del torrente Termina di Torre, nei pressi del monte Cereo.[3][4]
Barboj
A valle della località di Berzora, a poca distanza dal borgo di Torre da cui sono raggiungibili attraverso un sentiero erboso, si trovano i piccoli vulcanelli di fango conosciuti come barboj,[5][6] in riferimento ai borbottii che accompagnano l'emissione di gas metaniferi dal sottosuolo; queste manifestazioni geologiche, considerate le più importanti dell'Emilia occidentale, si estendono anche nella vicina località di Rivalta di Lesignano de' Bagni,[7] cui l'area è collegata attraverso alcuni sentieri segnalati;[8] le salse sono caratterizzate dalla fuoriuscita dalle pozze sorgentifere di acque melmose salate, utilizzate fino al XIX secolo a scopo curativo,[9] che confluiscono nel piccolo rio dei Barboj, affluente del torrente Termina.[7]
L'insediamento abitato di Torre sorse in epoca medievale: l'originaria cappella di Turre, menzionata forse già nel 1144, esisteva sicuramente già nel 1230,[10] mentre nella località di Berzora negli stessi secoli fu edificata una torre di avvistamento dei castelli di Mulazzano e Rivalta.[11]
La chiesa, a lungo legata alla cappella della vicina Sivizzano, fu elevata al rango di parrocchia soltanto verso il 1564.[12]
La peste del 1630 colpì duramente la popolazione del luogo, causando la morte del 73% delle persone e una profonda crisi demografica; la lenta ripresa si verificò soltanto a partire dal XVIII secolo.[10]
Nel XIX secolo la fanghiglia prodotta dai barboj iniziò a essere raccolta e utilizzata per scopi curativi nello stabilimento termale di Lesignano de' Bagni. Nel 1895 una società francese perforò nelle vicinanze due pozzi petroliferi alla ricerca del petrolio, ma senza successo.[5]
Menzionata forse già nel 1144, la chiesa romanica originaria fu probabilmente restaurata intorno al 1564 e nuovamente tra il 1705 e il 1706; profondamente modificata nel 1888, nel 1993 fu arricchita sul prospetto sud con un dipinto murale a opera di Proferio Grossi; l'edificio conserva al suo interno due quadri a olio realizzati agli inizi del XVIII secolo da Giovanni Bolla.[10][12]
^Sui sentieri nel parco dei barboj, in www.gazzettadiparma.it, 2 ottobre 2014. URL consultato il 2 giugno 2017 (archiviato dall'url originale il 18 aprile 2017).