Torello Saraina (attestato anche come Sarayna) nasce verso la fine del XV secolo a Verona, dove morirà a metà del '500. Diventa dottore in legge e umanista, anche se i suoi lavori più importanti sono di carattere storico. Saraina era uno degli storici dell'epoca (insieme a Galeazzo Gatari) che credeva che Cangrande della Scala fosse morto per avvelenamento. Nella fattispecie, sosteneva che il signore di Verona fosse stato avvelenato con un frutto[1].
Nel 1540 pubblica il De origine et amplitude civitatis Veronae, probabilmente il suo capolavoro, che viene illustrato dal pittore veronese Giovanni Caroto, e concepito sotto forma di dialogo tra alcuni personaggi, tra cui lo stesso Caroto. Nell'introduzione il Saraina scrive che la sua opera è una sostanziale "risposta" velatamente polemica al Terzo libro dell'architettura di Sebastiano Serlio pubblicato nello stesso anno (1540), che, a detta del veronese, contiene molti errori[2]. Il De origine è un insieme di tavole che rappresentano i monumenti romani di Verona e può essere considerato a tutti gli effetti il primo trattato di catalogazione delle antichità veronesi. Tra le tavole presenti spicca senza dubbio quella relativa al Teatro romano, fonte di ispirazione per il Palladio per i suoi progetti architettonici sui teatri antichi[2]. Una traduzione in volgare del De origine venne realizzata da un nipote del Saraina, Gabriele, e verrà pubblicata da Cesare Cavattoni nel 1851.
Nel 1542 pubblica un'altra opera notevole dal punto di vista storiografico, le Historie e fatti de' Veronesi nelli tempi del popolo et Signori Scaligeri, questa volta in volgare ed edito sempre a Verona.