Non si sa chi fosse il proprietario originario di Epafrodito, ma fu liberato dall'imperatore Claudio e, poiché i liberti adottavano il nome del padrone che li aveva liberati, il suo nome divenne Tiberio Claudio Epafrodito.[1] Epafrodito divenne poi segretario imperiale a libellis di Nerone, che si occupava cioè delle petizioni rivolte all'imperatore; è anche menzionato come apparitor Caesarum, ossia come inserviente della casa Giulio-Claudia. Fu anche viator tribunicius, magistrato imperiale con poteri tribunizi.[1]
Secondo Tacito, nel 65 Epafrodito venne a sapere che un gruppo di congiurati guidati da Gaio Calpurnio Pisone stava organizzando un attentato a Nerone perciò, comunicata la cosa all'imperatore, fece arrestare tutti i colpevoli. Dopo che i congiurati furono giustiziati (tranne Seneca che si suicidò), Epafrodito ricevette gli onori militari ed acquistò grandi appezzamenti di terreno sull'Esquilino, a est della Domus Aurea, divenendo ricco e potente.[1]
Durante la cospirazione del 68 che pose fine all'impero di Nerone, Epafrodito seguì l'imperatore nella fuga e, poiché esitava a suicidarsi, lo aiutò a trafiggersi. Per questa azione Domiziano prima lo esiliò e poi lo fece uccidere, adducendo come pretesto che egli non avesse fatto nulla per impedire la morte di Nerone.[2][3][4]
Epafrodito fu il proprietario del filosofo stoico Epitteto di Ierapoli.[5][6], e probabilmente fu lui a liberarlo.
Non si deve confondere con gli omonimi Epafrodito liberto di Traiano[7] ed Epafrodito citato da Paolo, nella Lettera ai Filippesi.[8]
^«It is generally believed that Josephus is speaking of one Epaphroditus who lived in the reign of Trajan and was a freedman and procurator of this emperor». Leonhard Schmitz, Epaphroditus, in William Smith (a cura di), Dictionary of Greek and Roman Biography and Mythology, vol. 2, Boston, Little, Brown and Company, 1867, p. 24 (archiviato dall'url originale il 20 giugno 2009).