Egli espanse la semiotica includendovi anche i segnali e i sistemi di comunicazione non umani, coniando il termine zoosemiotica[1]
e sollevando questioni proprie della filosofia della mente. Fu anche uno dei fondatori della biosemiotica.[2]
Basandosi sul suo campo di competenza, Sebeok tendeva a rifiutare gli esperimenti sulle presunte capacità linguistiche dei primati, come quelle descritte da David Premack, assumendo l'esistenza di un substrato più profondo e significativo: la funzione semiotica.
Nel 1944 divenne cittadino naturalizzato statunitense.
Sebeok fu il capo redattore della rivista "Semiotica", il periodico leader in quel campo, dalla sua fondazione nel 1969 al 2001. Fu anche editore della serie di volumi "Approaches to Semiotics" e dell' "Encyclopedic Dictionary of Semiotics".
Dopo la sua morte, la sua ricca collezione di opere sulla biosemiotica è state trasferita in Estonia e attualmente appartiene alla facoltà di Semiotica dell'Università di Tartu.
Nel rapporto che ne derivò[4], Sebeok prese in esame e scartò molte diverse ipotesi concludendo col proporre - così sintetizza Eco - "una sorta di casta sacerdotale" che "mantenga viva la conoscenza del pericolo, creando miti, leggende e superstizioni"[5].
Note
^Sebeok, Thomas Albert 1968. Animal Communication: Techniques of Study and Result of Research. Indiana University Press (trad. it. Zoosemiotica. Studi sulla comunicazione animale, Milano: Bompiani, 1973)
^Kalevi Kull 2011. The architect of biosemiotics: Thomas A. Sebeok and biology. In: Paul Cobley, John Deely, Kalevi Kull, Susan Petrilli (eds.): Semiotics Continues to Astonish: Thomas A. Sebeok and the Doctrine of Signs. (= Semiotics, Communication and Cognition 7.). De Gruyter Mouton, Berlin, pp. 223–250.
^Umberto Eco, La ricerca di una lingua perfetta nella cultura europea, Laterza 2006 pp. 190-192