Kinugasa inizia la propria carriera cinematografica nel 1917, alla Nikkatsu, la prima compagnia major giapponese, dove si afferma come uno dei più importanti onnagata (attori maschi che interpretano ruoli femminili) dell'epoca.[2] Nei primi anni venti è uno degli artefici della vana resistenza della "categoria" contro l'intrusione delle attrici donne, una novità importata dall'Occidente.[3]
Lasciata la Nikkatsu e trasferitosi alla Makino Kinema, nel 1922 esordisce come regista, dedicandosi in particolare ai generi più apprezzati dal pubblico, il jidai-geki e il chambara.[4] La maggior parte dei suoi film muti sono andati perduti, ma i due conservati sono particolarmente significativi, tra le opere più importanti del cinema muto giapponese:[2]Kurutta ippeiji ("Una pagina di follia") (1926), prima produzione della neonata Kinugasa Eiga Renmei (Unione cinematografica Kinugasa), è un film fortemente sperimentale, di estrema originalità per l'epoca, influenzato dalla frequentazione del movimento artistico d'avanguardia del "Neosensazionalismo" (Shinkankakuha),[5] esteticamente caratterizzato da una tecnica fotografica innovativa,[6] con un uso continuo di sovrimpressioni, un montaggio rapidissimo e una macchina da presa mobilissima, opera di Kōhei Sugiyama, poi collaboratore abituale di Kinugasa;[7] la sceneggiatura era stata scritta dal futuro premio NobelYasunari Kawabata[8]. L'opera successiva Jūjirō ("Incroci") (1928), melodramma influenzato dal kammerspiel tedesco, è il primo film giapponese presentato in Occidente, portato direttamente dall'autore che intraprende un lungo viaggio in Europa, a Mosca, dove incontra Ėjzenštejn e Pudovkin, a Berlino e infine a Parigi.[2]
In seguito, visto il mancato successo delle sue produzioni più sperimentali e la realtà dell'industria cinematografica,[2] Kinugasa ripiega su un cinema più convenzionale, dedicandosi ai classici del repertorio nazionale. È sua la prima versione sonora, del 1932, di Chûshingura, celebre opera kabuki adattata decine di volte al cinema, fra gli altri da Kenji Mizoguchi, nel 1941-1942.[9]
Brunetta Gian Piero (a cura di), Dizionario dei registi del cinema mondiale, Torino, Einaudi, 2008. ISBN 978-88-06-19070-5
Kawabata Yasunari , "Una pagina folle" (trad. di Costantino Pes), in Romanzi e racconti (a cura di Giorgio Amitrano), Milano, Mondadori, 2003. ISBN 88-045-0320-3
Novielli Maria Roberta, Storia del cinema giapponese, Venezia, Marsilio, 2001. ISBN 88-317-7754-8
Tessier Max, Breve storia del cinema giapponese, Torino, Lindau, 1998. ISBN 88-7180-261-6