Uno dei maggiori problemi che della monarchia duale austro-ungarica era la composizione etnica dell'Impero, formato da dieci o undici diverse etnie nazionali, delle quali solo due, i tedeschi e gli ungheresi (che assieme costituivano il 44% della popolazione complessiva), detenevano tutto il potere politico. Gli altri nove raggruppamenti (cechi, polacchi, ruteni, romeni, croati, slovacchi, serbi, sloveni, italiani) non ne avevano quasi alcuno. Il sistema duale era stato istituzionalizzato da Francesco Giuseppe nel 1867 con l'Ausgleich: l'unione dell'Impero d'Austria, a guida tedesca, e del Regno d'Ungheria, a guida magiara. In seguito però a diverse manifestazioni, rivolte ed atti di terrorismo, fu presto chiaro che l'idea del dominio di due nazioni sulle altre nove non poteva realisticamente durare in perpetuo.
Francesco Ferdinando aveva intenzione di ridisegnare radicalmente la mappa dell'Austria-Ungheria, creando una serie di stati semiautonomi su base etnico-linguistica, che sarebbero stati parte di una grande confederazione. Il progetto favoriva l'identità linguistica e culturale e riequilibrava in qualche modo i rapporti di potere tra le diverse etnie. Il piano era destinato a incontrare pesanti opposizioni da parte magiara, poiché prevedeva un drastico ridimensionamento territoriale dell'Ungheria. Sembra che anche l'imperatore Carlo d'Austria, nipote di Francesco Ferdinando che poi fu l'ultimo imperatore d'Austria-Ungheria, fosse stato informato ed educato dallo zio su questo progetto, che aveva pienamente condiviso e voleva realizzare.
Francesco Ferdinando fu poi assassinato tragicamente a Sarajevo (1914) nell'attentato che provocò lo scoppio della Prima guerra mondiale. Morto Francesco Giuseppe, il giovane Carlo divenne imperatore con i suoi territori in guerra, ereditando una situazione non voluta ed ormai irreversibile, tanto che - a guerra iniziata - non riuscì ad avviare il progetto di Francesco Ferdinando. Al termine del conflitto l'impero sconfitto si dissolse, Carlo fu mandato in esilio e sorsero nuovi stati, mentre altri territori asburgici passarono ai paesi confinanti. Negli anni 90 del '900 si è ricominciato a guardare a questo progetto, con nuovo slancio e prospettiva, pensandolo ad una valida alternativa - più compiuta e compatta - rispetto al modello di Unione europea preferito dopo il secondo conflitto mondiale.
Stati proposti da Aurel Popovici
I seguenti territori dovevano diventare stati federati secondo la proposta di riforma[1]:
Siebenbürgen (Transilvania, parte dell'odierne Romania e Ungheria), di lingua romena
Trient (Trentino, parte dell'odierna Italia), di lingua italiana
Triest (Gorizia, Trieste, parte dell'odierna Italia, e Istria occidentale, tra le due guerre parte dell'Italia, oggi divisa tra Slovenia e Croazia), di lingua italiana
Krain (Carniola, corrisponde all'odierna Slovenia, più parti dell'odierna Carinzia austriaca, del Tarvisiano e dell'Oltremura ungherese), di lingua slovena
Woiwodina (Voivodina, parte dell'odierna Serbia e dell'odierna Croazia), di lingua serbo-croata
Inoltre una serie di enclavi, soprattutto di lingua tedesca, in Transilvania orientale e in altri territori avrebbero avuto diritto ad un'autonomia limitata.
Note
^il termine tedesco è relativo alle popolazioni parlanti la lingua tedesca e non ha alcun riferimento alla Germania
Bibliografia
(DE) Erich Kowalski, Die Pläne zur Reichsreform der Militärkanzlei des Thronfolgers Franz Ferdinand im Spannungsfeld von Trialismus und Föderalismus, Universitätsbibliothek Wien, Vienna, 2005
(DE) Aurel Popovici, Die Vereinigten Staaten von Groß-Österreich. Politische Studien zur Lösung der nationalen Fragen und staatrechtlichen Krisen in Österreich-Ungarn, Lipsia 1906.