Shuttle SERV

Lo Shuttle SERV (Single-stage Earth-orbital Reusable Vehicle) era un modello di navetta spaziale riutilizzabile proposto dalla Chrysler alla fine degli anni sessanta. A quell'epoca, la NASA avviò lo studio di un veicolo spaziale riutilizzabile e chiese a varie ditte di proporre i loro progetti. Nell'ambito di questa competizione, la Chrysler propose il SERV.

Questo tipo di navetta sarebbe stato lanciato in orbita da un razzo ad un solo stadio, incorporato nel veicolo; il SERV sarebbe partito ed atterrato verticalmente. Nelle missioni con equipaggio umano, sulla cima del SERV sarebbe stato agganciato un modulo riutilizzabile chiamato MURP (Manned Upper-stage Reusable Payload), che in orbita si sarebbe sganciato dal SERV e sarebbe rientrato per conto proprio.

Il SERV/MURP non incontrò il favore della NASA, così rimase solo allo stadio di progetto.

Descrizione del veicolo

Secondo il progetto, il SERV aveva la forma di un cono, con una base circolare; il diametro era di 27,4 metri e l'altezza di 20,3 metri. La spinta sarebbe stata fornita da un motore aerospike a dodici moduli, che avrebbero usato come propellenti l'idrogeno liquido e l'ossigeno liquido. Durante la fase di rientro nell'atmosfera, il motore sarebbe stato protetto da apposite porte protettive. Per lasciare l'orbita terrestre e rientrare, il veicolo avrebbe fatto uso di due propulsori collocati nella parte superiore della fiancata. All'interno del SERV era previsto il vano per il carico; il veicolo avrebbe potuto portare in orbita un carico di circa 53 tonnellate.

Il modulo MURP, montato sulla cima del SERV, era originariamente uno spazioplano della lunghezza di circa 35 metri; in una seconda fase del progetto, la Chrysler sostituì lo spazioplano con un modulo abitabile della lunghezza di circa 23 metri, analogo al Modulo di Comando e Servizio della capsula Apollo.

Il SERV non era progettato per missioni di lunga durata e avrebbe dovuto restare in orbita per periodi non superiori alle 48 ore, tempo sufficiente per portare e lasciare in orbita dei carichi; il modulo abitato si sarebbe staccato dal SERV per compiere missioni scientifiche o per attraccare alla Stazione Spaziale, rientrando poi autonomamente.

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