Stabilizzatosi il suo centro fra Salisburgo, Passavia e Ratisbona, la scuola si impegnò a elaborare una visione innovativa del rapporto fra l'uomo, la natura e le forze misteriose di quest'ultima.[1]
Quindi i pittori della scuola danubiana cercarono di coinvolgere anche tematiche banali, quali l'interno di una stanza, in un'atmosfera cosmica.
La scuola non seguì né una sola linea direttiva e stilistica e nemmeno un unico maestro, sebbene la serie di xilografie dell'Apocalisse di Albrecht Dürer (1498) abbia contribuito in modo determinante alla sua nascita.[1]
Se abitualmente i critici d'arte ritengono che le prime opere uniformate alla nuova tendenza danubiana siano state quelle di Jörg Breu il Vecchio, anche i primi dipinti di Lucas Cranach risalenti all'inizio del Cinquecento, oltre a relazionarsi con la drammaticità e la cosmicità di Dürer, evidenziarono con forte dispiego di forme e sentimenti la fusione uomo-natura.[2] Un altro caposcuola fu Albrecht Altdorfer, capace, con il suo lirismo particolare, di unire atmosfere magiche-misteriose e quotidianità, e di risolvere le passione in una luce fiabesca, così come Wolf Huber, suggestivo e in grado di fondere brutalità realistiche a delicatezze romantiche.[1][2]
Nel disegno si mise in particolare evidenza Urs Graf, mentre, nella scultura, Hans Loy, e soprattutto Hans Leinberger, tentarono di dare una organizzazione alla forma.
La Scuola del Danubio (definizione usata per la prima volta da Thedor von Frimmel nel 1892) è caratterizzata, in sintesi, da un nuovo naturalismo nella raffigurazione del paesaggio e della vegetazione e da una marcata espressività nella deformazione del segno e nell'accensione del colore.[3] Il paesaggio, in questi pittori, assume un valore figurativo autonomo.