Le notizie attorno alla vita di Savina non sono totalmente acclarate. Nacque probabilmente a Milano dalla nobile famiglia Morigi e si maritò con un patrizio della famiglia Trissino. Secondo la biografia scritta da Francesco Trissino, Savina nacque invece a Lodi da un Trissino che da Vicenza si trasferì in Lombardia e sposò un ignoto nobile lodigiano. Le versioni concordano sul fatto che rimase presto vedova e trascorse buona parte della propria vita dedicandosi a opere caritatevoli. Ai tempi delle persecuzioni dei Cristiani sotto l'imperatore Diocleziano, si occupò dei corpi martirizzati dei santi Nabore e Felice, due soldati romani rei di aver abbracciato la fede cristiana. Sabina provvide alla loro temporanea sepoltura dopo la decapitazione nei pressi di Lodi e successivamente a traslare le salme fino a Milano.
La leggenda narra che, volendo portare di nascosto i resti dei due martiri nel capoluogo lombardo, Savina li nascose in una botte, dichiarando ai doganieri di trasportare miele o vino: al controllo, i soldati videro effettivamente tali prodotti senza trovare altro, dando così luogo al miracolo. I resti dei due martiri vennero poi presi in consegna dal vescovo Materno, che si occupò di organizzare per loro una più degna sepoltura nella chiesa di San Francesco Grande, detta basilica naboriana, oggi scomparsa.
Le vicende di Santa Savina[1] sono raccontate da un ciclo di affreschi presente in Palazzo Trissino a Vicenza, nella sala della Giunta Comunale (già sala di Santa Savina), realizzato attorno al 1665 da Giulio Carpioni (1613-1678). La decorazione è composta da un fregio che fa il giro della sala e riporta le fasi salienti della vita di Savina: la santa comunione, il carcere insieme a Nabore e Felice, Savina che trova i corpi martirizzati di Nabore e Felice, Savina che invoca l'aiuto degli angeli, il trasporto delle ceneri dei due martiri, la consegna delle ceneri al vescovo di Milano, visita degli angeli prima del martirio di Savina, S. Savina e la SS. Trinità. L'affresco venne danneggiato dai bombardamenti del 1945, ma è stato ben restaurato nel 1957[2].
Due antiche biografie narrano la sua storia: quella in latino scritta nel 1627 da Gaspare Trissino, padre somasco[3] e quella del 1855 di Francesco Trissino[4].
Santa Savina è ricordata dalla Chiesa cattolica il 30 gennaio, giorno della sua morte. Le sue spoglie seguirono nella basilica naboriana quelle dei due martiri da lei accuditi e, dal 1868, sono conservate sopra l'altare dell'omonima cappella all'interno della basilica di Sant'Ambrogio a Milano.
Note
^Vedi anche Francesco Barbarano, Historia ecclesiastica della città, territorio e diocesi di Vicenza, 1649, libro I, capitolo LII, pag 121 e segg.
^Franco Barbieri e Mario Saccardo, Scamozzi a Vicenza – Palazzo Trissino Baston, 1996, pagg 258-263.
^Gaspare Trissino, Acta S. Savinae Trissinae et Naboris et Foelicis Martyrum, 1627.
^Francesco Trissino, Vita di Santa Savina, corredata di opportune note, per cura e opera del Francesco Trissino vicentino, discendente del ceppo medesimo dell'illustrissima di lei prosapia, 1855.