Mary Blake, giovane ed affascinante, arriva dalla provincia a San Francisco con l'intento di diventare una grande cantante d'opera. Per poter sopravvivere, inizia a lavorare come soubrette al "Paradiso", uno dei night club più gettonati e licenziosi della città, di cui è proprietario Blackie Norton; questi, ateo spavaldo ed intraprendente (si è appena candidato come sindaco) s'innamora quasi subito della ragazza, la quale riceve concrete attenzioni anche da Jack Burley, il ricco e blasonato direttore dell'Opera presso cui Mary esordisce trionfalmente.
La ragazza si sente attratta da entrambi e non sa chi scegliere. Sarà il terribile terremoto di San Francisco a mettere le cose a posto: Burley morirà sotto le macerie, il "Paradiso" andrà distrutto, Blackie si convertirà e ritroverà Mary in un campo profughi, dichiarandole il suo amore.
Distribuzione
Distribuito dalla Metro-Goldwyn-Mayer, il film uscì negli Stati Uniti il 26 giugno 1936. In Italia fu presentato il 27 agosto 1936 alla 4ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia[2], riscuotendo un enorme successo[3]; fu distribuito nelle sale nell'anno successivo.
Date di uscita
Stati Uniti d'America: 26 giugno 1936
Svezia: 9 novembre 1936
Finlandia: 15 novembre 1936
Danimarca: 16 novembre 1936
Giappone: 16 dicembre 1936
Francia: 17 dicembre 1936
Germania: 31 dicembre 1936
Estonia: 9 febbraio 1937
Portogallo: 16 febbraio 1937
Accoglienza
Il film ebbe un notevole successo commerciale, grazie all'impiego di due attori affermati come Jeanette Macdonald e Clark Gable, e per l'abile realizzazione delle sequenze del terremoto. Il film fu il precursore di una tipologia di film basati sulla trasposizione spettacolare di grandi sciagure.
Critica
«San Francisco è un film ben combinato: una produzione di complesso, che va avanti, nell'azione, tra un balletto, una cantatina, un dialogo sentimentale e una gag: in tutta la prima parte c'è un ambiente descritto con disinvoltura, tono, atmosfera. [...] Durante questa prima parte più volte Jeannette Mac Donald fa sfoggio delle sue doti canore. Ha appena finito di cantare una canzone che comincia il terremoto. [...] La realizzazione di questa seconda parte che comincia col terrore e la distruzione, procede nella calma e finisce nell'entusiasmo per la nuova vita che riprende, è di uno stupendo equilibrio e realizzata da mano maestra. Ha una forza quasi documentaria; il trucco, evidente in qualche dettaglio, scompare nella superba realizzazione del complesso. Non è un terrore esagerato, ma naturale; e la calma, il silenzio che seguono alla prima scossa di terremoto costituiscono una pausa di grande effetto. La sequenza in cui il giovane Blackie cerca la ragazza tra le macerie è condotta con una misura che torna ad onore di Van Dyke regista e di Clark Gable attore: la scena del ritrovamento è altrettanto misurata [...]: finale che per le sue intenzioni epiche e lo stile di talune inquadrature farebbe pensare a Vidor: e Van Dyke, che ha dimostrato di essere un eclettico in senso buono, ha saputo usufruire di tale stilistica con grande vantaggio per il film.»
«[...] E con trucchi d'ogni genere, dovuti a James Basevi, con un dispendio di mezzi talvolta impressionanti, con l'avallo della firma d'un Van Dyke, s'è fatta la sequenza che nel film conta, e che dovrebbe bastare a qualsiasi spettatore. È certo un «pezzo» d'abilità non comune, con inquadrature sovente sorprendenti; la cura del particolare si è spinta fino a voler riprodurre la voragine che le cronache effettivamente ricordano essersi aperta in San Francisco in quel tragico mattino del 18 aprile 1906, all'angolo della 18a strada e di Valencia Street; oltre l'Emporium e l'Old Flood Building, interi nuovissimi isolati furono fatti saltare con la dinamite per salvare gli altri quartieri dal dilagare delle fiamme: e anche questo il film ricorda, con tonanti scariche di dinamite. Ciò che sorprende, inoltre, in questo pezzo di bravura, è l'assenza di un montaggio rigorosamente espressivo; e ciò che sorprende in un film di Van Dyke è come questo pezzo di bravura sia stato inserito nella vicenda, certo senza un'eccessiva convinzione. Il soggetto, dovuto all'Hopkins e adattato da Anita Loos, avrebbe voluto far vedere nel tremendo terremoto come una biblica condanna caduta su di una città dedita ai piaceri [...]; ma tale assunto non è sempre stato ben servito da una coerenza di toni narrativi e drammatici, che diventano involontariamente quasi caricaturali quando si atteggiano a quelli d'un King Vidor per Alleluja. In ogni modo, il filmone c'è; lo spettacolone anche; [...].»
«[...]San Francisco diede in un certo senso il via a tutta una serie di opere basate sulla rievocazione spettacolare di grandi sciagure collettive [...] Il meccanismo è quasi infallibile e si presta a venir mascherato con un'istanza religiosa e moralizzatrice, se il disastro finale punisce i reprobi e se i sopravvissuti alzano gli occhi al cielo. [...] Il soggetto di Robert Hopkins, bravamente sceneggiato da Anita Loos [...] rivela una stesura dichiaratamente convenzionale. Gli autori hanno badato soltanto a dosare le emozioni, pronti a ritirarsi indietro per far posto ai tecnici degli "effetti speciali". [...] Perfetta cura dell'ambientazione, sorvegliata nei particolari con un'aderenza storica e un buon gusto niente affatto comuni. Valga a esempio la sequenza del Capodanno 1906, che apre il film: ricca di movimento e di felici notazioni, dal corso delle carrozze alla caratterizzazione delle singole figure, dalla musica di A Hot Time In The Old Town Tonight (il vecchio inno della guerra di Cuba) al carro dei pompieri e all'incendio, che suggeriscono subito, con bella evidenza, il tema del film. [...] La mano felice del regista si avverte soprattutto, però, nella capacità di risolvere in racconto le suggestioni stilistiche più diverse: da quelle di origine sovietica (dietro la sequenza del terremoto c'è Eisenstein e la scalinata di Odessa) al calligrafismo di Sternberg (sul palcoscenico del "Paradise" si respira l'atmosfera carica di L'angelo azzurro). [...] Ancora nella sequenza del terremoto, si può sottolineare il perfetto uso del sonoro in funzione espressiva: il silenzio, che segue al boato della prima scossa e dei crolli, quindi i gemiti, i richiami e le campane dei pompieri, infine le esplosioni della dinamite, sono tutti elementi adoperati con grande accortezza. La recitazione di Jeanette MacDonald appare oggi non tanto invecchiata, quanto deteriore in senso assoluto. Il personaggio è lagnoso e le sue esibizioni canore sono melense [...]. Tutt'altro discorso si deve fare per Clark Gable e Spencer Tracy [...]: Clark Gable presenta una delle incarnazioni più plausibili del suo "tipo" [...].»