Salvo Rosario Antonio D'Acquisto nacque il 15 ottobre 1920 a Napoli, a Villa Alba, un edificio di quattro piani in via San Gennaro nel rione Antignano. Fu il primogenito di cinque figli in una famiglia profondamente cristiana: il padre Salvatore era nativo di Palermo, mentre la madre, Ines Marignetti, di Napoli. Frequentò l'asilo presso l'Istituto Salesiano "Figlie di Maria Ausiliatrice" in via Enrico Alvino n° 19 nel quartiere Vomero, la Scuola Elementare "Luigi Vanvitelli" in via Luca Giordano n° 128, il Ginnasio presso l'Istituto Salesiano "Sacro Cuore" in via Alessandro Scarlatti n° 29. Nel 1934 lasciò gli studi, pur frequentando per un periodo il Conservatorio di "San Pietro a Majella" in via San Pietro a Majella n° 35, cantando da baritono.[4]
Dopo alcuni mesi trascorsi al fronte, alla fine di febbraio 1941 rimase ferito a una gamba durante uno scontro a fuoco con le truppe inglesi. Restò successivamente con il suo Reparto in zona d'operazioni fin quando venne ricoverato all'Ospedale Militare di Bengasi per una forte febbre malarica. Rientrò in Italia per una licenza di 3 mesi e poi fu aggregato dal 13 settembre 1942 alla Scuola Centrale Carabinieri Reali di Firenze, per frequentarvi il corso accelerato per la promozione a vicebrigadiere. Conseguito il 15 dicembre 1942 il grado di vicebrigadiere, il 19 dicembre fu destinato alla stazione carabinieri ubicata nel Castello di Torre in Pietra, all'epoca una borgata rurale a una trentina di chilometri da Roma lungo la via Aurelia, oggi frazione del Comune di Fiumicino.
I rastrellamenti tedeschi e la fucilazione
Dopo il Proclama Badoglio dell'8 settembre 1943 un reparto di paracadutisti tedeschi della 2. Fallschirmjäger-Division[5] si era accasermato presso alcune vecchie postazioni precedentemente in uso alla Guardia di Finanza nelle vicinanze della località Torre Perla di Palidoro, che rientrava nella giurisdizione territoriale della stazione Carabinieri di Torre in Pietra. Qui, nel tardo pomeriggio del 22 settembre 1943, alcuni di loro, mentre ispezionavano casse di munizioni abbandonate, furono investiti dall'esplosione di una bomba a mano o forse dall'incauto maneggio di ordigni usati per la pesca di frodo, a suo tempo sequestrati dai finanzieri. Due paracadutisti morirono e altri due rimasero feriti.
Il comandante del reparto, un maresciallo, attribuì la responsabilità dell'accaduto ad anonimi attentatori locali e richiese la collaborazione dei Carabinieri della locale stazione,[6] temporaneamente comandata dal vicebrigadiere Salvo D'Acquisto per l'assenza del maresciallo comandante, minacciando una rappresaglia se entro l'alba non fossero stati trovati i colpevoli.
La mattina seguente D'Acquisto, assunte alcune informazioni, provò a ribattere che l'accaduto era da considerarsi un caso fortuito, un incidente privo di autori, ma i tedeschi insistettero sulla loro versione e confermarono l'intenzione di dare corso ad una rappresaglia ai sensi di un'ordinanza emanata dal feldmarescialloAlbert Kesselring pochi giorni prima.[7]
Il 23 settembre furono dunque eseguiti dei rastrellamenti e catturati ventitré uomini e un ragazzino, scelti a caso fra gli abitanti della zona, e ventidue di loro furono portati sul luogo dell'esecuzione.
Arnaldo Attili, detto Nando, muratore, padre di Attilio;
Attilio Attili, muratore, figlio di Arnaldo;
Ennio Baldassarri (13 anni), il più giovane del gruppo, ma fatto scendere dal camion prima di andare al luogo dell'esecuzione;
Gino Battaglini;
Vittorio Bernardi, detto "Carnera", fabbro e muratore, fu obbligato a scavare con le mani la fossa, non essendoci pale a sufficienza per tutti;
Tarquinio Boccaccini (31 anni), figlio del fattore dell'azienda agricola Torre in Pietra, fu catturato nel cortile del castello, dove viveva con la famiglia;
Enrico Brioschi (36 anni), cameriere del Conte Nicolò Carandini;
Giuseppe Carinci (alcune fonti lo nominano Carigi, circa settantenne), spazzino, tentò la fuga e fu ucciso prima della cattura;
Erminio Carlini;
Domenico Castigliano, ferroviere;
Rinaldo De Marchi (30 anni), muratore;
Giuseppe Felter, muratore;
Benvenuto Gaiatto (52 anni, di Torre in Pietra), padre di quattro figli e il più anziano del gruppo;
Natale Giannacco, muratore;
Oreste Mannocci, venditore ambulante di frutta di Santa Marinella;
Sergio Manzoni, venditore ambulante di frutta di Santa Marinella;
Vincenzo Meta (31 anni, di Maccarese), muratore, padre di tre figli, di cui uno di un anno;
Attilio Pitton, muratore, padre di un ragazzo;
Fortunato Rossin, muratore, fratello di Gedeone, padre di due bimbi;
Gedeone Rossin, muratore, fratello di Fortunato, scapolo;
Umberto Trevisiol (35 anni), muratore, padre di due bimbi;
Michele Vuerich (39 anni), detto "Mastro Michele", capomastro muratore;
Ernesto Zuccon, fornaio.
Lo stesso D'Acquisto fu forzatamente prelevato dalla caserma da parte di una squadra armata e fu condotto nella piazza principale di Palidoro, dove erano stati radunati gli ostaggi. Fu tenuto un sommario "interrogatorio" nel corso del quale tutti gli ostaggi si dichiararono innocenti.
Nella piazza venne anche condotto un altro abitante ritenuto un carabiniere, Angelo Amadio, che sarà l'ultimo testimone del sacrificio del brigadiere. Nuovamente richiesto di indicare i nomi dei responsabili, D'Acquisto ribadì che non ve ne potevano essere, visto che l'esplosione era stata accidentale e che gli ostaggi e gli altri abitanti della zona erano dunque tutti quanti innocenti.
Durante l'interrogatorio dei rastrellati D'Acquisto fu tenuto separato nella piazza, sotto stretta sorveglianza da parte dei soldati tedeschi e, "quantunque malmenato e a volta anche bastonato dai suoi guardiani, serbò un contegno calmo e dignitoso", come ebbe a riferire in seguito Wanda Baglioni, una testimone oculare. Gli ostaggi e D'Acquisto vennero quindi trasferiti fuori dal paese. Agli ostaggi furono fornite delle vanghe e furono costretti a scavare una grande fossa comune nelle vicinanze della Torre di Palidoro, davanti al mare, per la ormai prossima loro fucilazione. Le operazioni di scavo si protrassero per alcune ore; quando furono concluse fu chiaro che i tedeschi avrebbero davvero messo in atto la loro minaccia.
Le testimonianze sulla morte
Secondo la testimonianza di Angelo Amadio:
«all'ultimo momento, però, contro ogni nostra aspettativa, fummo tutti rilasciati eccetto il vicebrigadiere D'Acquisto. ... Ci eravamo già rassegnati al nostro destino, quando il sottufficiale parlamentò con un ufficiale tedesco a mezzo dell'interprete. Cosa disse il D'Acquisto all'ufficiale in parola non c'è dato di conoscere. Sta di fatto che dopo poco fummo tutti rilasciati: io fui l'ultimo ad allontanarmi da detta località.»
I tedeschi, infatti, credevano che Amadio fosse un carabiniere e, pertanto, inizialmente ritennero di trattenerlo per farlo assistere alla esecuzione. Evidentemente Salvo D'Acquisto si era accusato del presunto attentato, addossandosi la sola responsabilità dell'accaduto e richiedendo l'immediata liberazione dei rastrellati. I 22 prigionieri furono lasciati liberi e immediatamente si diedero alla fuga, lasciando il sottufficiale italiano già condannato a morte, dinanzi al plotone d'esecuzione.
Alla fuga si unì immediatamente dopo Amadio, quando riuscì a dimostrare, presentando i suoi documenti, che in realtà era un operaio delle ferrovie e non un carabiniere. Come raccontò nella sua testimonianza resa nel 1957, fece in tempo però mentre correva a sentire il grido Viva l'Italia, lanciato dal carabiniere, seguito subito dopo dalla scarica di un'arma automatica che portava a termine l'esecuzione.
Si girò e vide un ulteriore colpo sparato da un graduato al corpo già riverso per terra. Vide i soldati ricoprire il corpo con il terriccio, spostandolo con i piedi. Il comportamento del militare aveva colpito gli stessi tedeschi, che il giorno dopo, secondo quanto riferito nella testimonianza della Baglioni, le riferirono: "Il vostro Brigadiere è morto da eroe. Impassibile anche di fronte alla morte".
La sepoltura
Il corpo rimase sepolto lì per una decina di giorni, poi due donne della zona (Wanda Baglioni e Clara Cammertoni) lo disotterrarono e gli dettero degna sepoltura presso il Cimitero di Palidoro.
Nel giugno 1947, nonostante la contrarietà dei 22 scampati alla strage e della popolazione di Palidoro, la madre ottenne di far traslare le spoglie di Salvo D'Acquisto nella sua città natale. Il feretro, giunto a Napoli l'8 giugno 1947, fu esposto in una camera ardente presso la Caserma del Comando Legione Carabinieri Campania per poi essere tumulato il 10 giugno presso il Sacrario Militare di Posillipo.
Il 22 ottobre 1986 le spoglie furono nuovamente traslate nella prima cappella sulla sinistra della Basilica di Santa Chiara di Napoli, dopo essere state onorate in una camera ardente allestita presso la Caserma del Comando Gruppo Carabinieri di Napoli.[12]
La canonizzazione
Nel 1983 fu annunciato da S.E. Mons. Gaetano Bonicelli l'apertura presso l'Ordinariato militare di una causa di canonizzazione; di conseguenza al carabiniere napoletano è attualmente assegnato dalla Chiesa il titolo di Servo di Dio. L'apertura del processo canonico di beatificazione di Salvo D'Acquisto avvenne il 4 novembre 1983 e si concluse il 25 novembre 1991 con la conseguente trasmissione degli atti alla Congregazione delle Cause dei Santi.
Alla stessa congregazione venne consegnato nel 1996 un supplemento di inchiesta voluto dal nuovo postulatore. Il postulatore iniziale però aveva incominciato la causa di beatificazione per ottenere il riconoscimento dell'"eroismo delle virtù", mentre il postulatore successivo richiese il riconoscimento dell'"eroica testimonianza della carità", definizione applicabile per i martiri. Nel 2007 però un voto a maggioranza espresso in un convegno della Congregazione delle Cause dei Santi ha portato a una sospensione del riconoscimento di martire.[13]
«La storia dell'Arma dei Carabinieri dimostra che si può raggiungere la vetta della santità nell'adempimento fedele e generoso dei doveri del proprio stato. Penso, qui, al vostro collega, il vice-brigadiere Salvo D'Acquisto, medaglia d'oro al valore militare, del quale è in corso la causa di beatificazione.[14]»
Riconoscimenti
Di fronte alla torre di Palidoro, sul luogo della fucilazione, adesso compreso nella riserva naturale Litorale romano, è stata eretta una lapide[15]. L'accesso all'area non è libero, ma è consentito solo durante le visite guidate gratuite alla riserva naturale, organizzate dal dipartimento politiche ambientali e agricole del Comune di Roma[16], o durante le cerimonie militari rievocative.
Al V.Brig. D'Acquisto è stato intitolato il 149º corso Allievi Carabinieri Ausiliari.
A Salvo D'Acquisto sono intitolate diverse caserme dell'Arma dei Carabinieri. Tra queste:
a Cologno Monzese, zona Quartiere Stella, monumento bronzeo in cui è raffigurato nel momento della fucilazione, presso la Caserma dei Carabinieri ora della Polizia Municipale.
a Milano, zona Fiera, vi era la Caserma dei Carabinieri a lui intitolata, demolita con la riqualificazione della Fiera di Milano.
a Montelupo Fiorentino (FI), in zona centro storico, davanti alla Caserma dei Carabinieri, è situato un ceppo storico con mezzobusto e lapide commemorativa del brigadiere eroe in pregiato marmo
Imponente è anche il numero dei riferimenti a Salvo D'Acquisto nella toponomastica, con quasi cinquecento tra vie, viali e piazze intitolati in tutta Italia.[17]
La pensione straordinaria alla famiglia
La famiglia natale di Salvo D'Acquisto:
«vive nel disagio, chiusa nel ricordo dell'eroismo del figlio.»
Così che la filantropanapoletana Gioconda Trimarchi in Curci prese a cuore la situazione[22], spingendo sulle proprie conoscenze politiche, affinché si potesse arrivare a un vitalizio, che potesse essere non solo un aiuto materiale ma anche un concreto riconoscimento d'onore.
«Esempio luminoso d'altruismo, spinto fino alla suprema rinuncia della vita, sul luogo stesso del supplizio, dove, per barbara rappresaglia, era stato condotto dalle orde naziste insieme con 22 ostaggi civili del territorio della sua stazione, pure essi innocenti, non esitava a dichiararsi unico responsabile di un presunto attentato contro le forze armate tedesche. Affrontava così — da solo — impavido la morte, imponendosi al rispetto dei suoi stessi carnefici e scrivendo una nuova pagina indelebile di purissimo eroismo nella storia gloriosa dell'Arma.» — Torre di Palidoro (Roma) - — 23 settembre 1943[24] (conferita dal Luogotenente Generale del Regno, con Decreto "Motu Proprio" del 25 febbraio 1945)
Nell'arte
Il gesto di Salvo D'Acquisto ha ispirato diverse opere tra cui:
lo spettacolo teatrale "Salvo D'Acquisto: un Eroe semplice" di Emanuele Merlino (andato in scena anche a Tenerife e in Slovenia);
lo spettacolo teatrale "La foto del carabiniere", scritto nel 2013 da Claudio Boccaccini, figlio di Tarquinio, uno dei 22 ostaggi salvati da Salvo D'Acquisto. Con lo stesso titolo il testo è stato pubblicato da La Mongolfiera Editrice;
Una lapide marmorea è stata eretta a Napoli in via Morghen vicino all'oratorio dei Salesiani con una poesia di Aldo De Gioia. L'adiacente Istituto Salesiano gli ha intitolato il Teatro.
Una statua che lo raffigura bambino è stata posta nel giardino antistante la Scuola elementare Vanvitelli al Vomero, Napoli, da lui frequentata da bambino.
A Pomigliano d'Arco, in provincia di Napoli lo scultore Vincenzo Gaetaniello nel 2000 ha realizzato una scultura in bronzo, facente parte di un monumento commemorativo dedicato a Salvo D'Acquisto.
Il 25 settembre 2003, nel piazzale antistante la stazione ferroviaria di Cisterna di Latina, in occasione del sessantesimo anniversario della morte è stata eretta una statua in bronzo, realizzata dall'artista Giancarlo Soprano. La statua con i suoi 3 metri d'altezza, è la scultura più alta d'Italia dedicata alla morte del vicebrigadiere.
Il 19 maggio 2007, a Bologna nel Giardino dedicato all'Eroe presso viale XII Giugno è stato inaugurato un suo monumento in bronzo a figura opera di Luigi Enzo Mattei
Il 23 maggio 2015, ad Aversa nella via dedicata all'Eroe, è stato inaugurato un busto bronzeo a figura, opera di Giuseppe Cacace.[26]
Il 23 settembre 2015, nel "Prato dello Strozzino" a Bellosguardo di Firenze è stato posto un monumento in bronzo dello scultore Belarghes.
A Lama Mocogno (MO) è stato realizzato un bassorilievo.
A Bomarzo (VT), nell'omonima piazza, un busto bronzeo ricorda il vicebrigadiere.
Un rilievo in bronzo Il Sacrificio di Salvo D’Acquisto, 1973, dello scultore Alessandro Manzo (Palermo 1913-1994) si conserva al Museo Storico della Liberazione di Roma.
Un identico rilievo in gesso si trova a Palermo presso la Caserma “C. A. Dalla Chiesa” sede della Legione Carabinieri “Sicilia”.
Il 15 ottobre 2021, A Mercogliano (AV), nella villa comunale sita in Via Santangelo, è stato inaugurato il monumento in onore dell'eroico vicebrigadiere. L'installazione è stata il frutto della volontà sinergica dell'Associazione Nazionale Carabinieri (Sezione Mercogliano) e dell'amministrazione comunale locale.
In piazza Salvo D'Acquisto del comune di Rubano (PD), di fronte all'entrata della locale Stazione Carabinieri, vi è la statua del Vice Brigadiere, rappresentato nell'atto di proteggere le vittime rastrellate dai soldati tedeschi.
^La vita di Salvo D'Acquisto, su Coro Polifonico Salvo D'Acquisto, 6 novembre 2018. URL consultato il 23 settembre 2023 (archiviato dall'url originale il 6 novembre 2018).
^"stazione" era ed è il nome della unità territoriale di base dei Carabinieri, cioè il nome del più piccolo reparto ed è comandata di massima da un maresciallo.
^Sito internet Caserta News, su casertanews.it. URL consultato il 10 giugno 2015 (archiviato dall'url originale il 10 giugno 2015).
Bibliografia
Luciano Burburan, Salvo D'Acquisto. Quel pomeriggio a Palidoro, Ed. Città Nuova, 1984.
Giuseppe Rimbotti, Salvo D'Acquisto. Un carabiniere da non dimenticare, Milano, Edizioni Paoline, 1992.
Rita Pomponio, Salvo D'Acquisto. Il martire in divisa, Ed. San Paolo, 2008, ISBN978-8821561870.
M. Grazia Fida, Oltre la storia. Il martire di Palidoro. Memorie del martirio e della morte del vice brigadiere Salvo D'Acquisto, Piacenza, Nuova Editrice Berti, 2011, ISBN978-88-7364-206-0.
Salvo D'Acquisto, Rita Pomponio, Ente Editoriale per l’Arma dei Carabinieri, 2020.
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