Salvia L., 1753 è un genere di piante spermatofite dicotiledoni della famiglia delle Lamiaceae, la stessa famiglia del timo e della menta.[1]
Il nome del genere deriva dal latino "salvus" (= salvare, sicuro, bene, sano) un nome antico per questo gruppo di piante dalle presunte proprietà medicinali.[2][3][4]
Il nome scientifico del genere è stato definito da Linneo (1707 – 1778), conosciuto anche come Carl von Linné, biologo e scrittore svedese considerato il padre della moderna classificazione scientifica degli organismi viventi, nella pubblicazione "Species Plantarum - 2. 1753" del 1753.[5]
Queste piante possono essere alte oltre 1 metro (l'altezza media oscilla attorno ai 50 cm). Il portamento è erbaceo annuale o perenne, ma anche arbustivo. In particolare la forma biologica prevalente (almeno per l'areale Euro-mediterraneo) è emicriptofita scaposa (H scap), ossia sono piante erbacee, a ciclo biologico perenne, con gemme svernanti al livello del suolo e protette dalla lettiera o dalla neve e sono dotate di un asse fiorale eretto e spesso privo di foglie. Sono presenti anche altre forme biologiche come camefita suffruticosa (Ch suffr), fanerofita cespugliosa (P caesp), terofita scaposa (T scap) o emicriptofita bienne (H bienn). Spesso queste piante sono aromatiche o viscide. La pubescenza è formata da peli semplici o raramente di tipo dendroide (ramificato).[4][6][7][8][9][10][11]
In genere le radici sono di tipo fascicolato; ma sono presenti anche radici grosse con molte diramazioni rizomatose...
La parte aerea del fusto è semplice o molto ramificata; può essere legnosa alla base. I fusti sono a sezione quadrangolare (a causa della presenza di fasci di collenchima posti nei quattro vertici).
Le foglie sono cauline per lo più a 2 a 2 a disposizione opposta (ogni verticillo è a ruotato di novanta gradi rispetto a quello sottostante). La lamina della foglia può essere semplice, dentata, lobata oppure pennatifida o pennatosetta. Raramente sono presenti foglie spinose. Il colore è più o meno grigio-verde; sono inoltre ricche di oli essenziali.
Le infiorescenze sono ascellari (o terminali) di tipo panicolato, spiciforme o tirsoidi e sono formate da verticillastri di più fiori più o meno unilaterali (caratteristico aspetto asimmetrico proprio della famiglia delle Lamiaceae); i verticilli sono sovrapposti e distanziati; quegli inferiori possono essere sono avvolti da una coppia di foglie (brattee). Le brattee possono essere colorate e persistenti (raramente sono spinose). Le bratteole possono essere presenti oppure no.
I fiori sono ermafroditi, zigomorfi, tetraciclici (con i quattro verticilli fondamentali delle Angiosperme: calice– corolla – androceo – gineceo) e pentameri (ogni verticillo ha più o meno 5 elementi).
Il frutto è un tetrachenio (composto da quattro nucule). La forma è più o meno ovoidale (o più o meno trigona). I semi, di colore marrone scuro, sono sprovvisti di endosperma e sono piccolissimi (in un grammo ne stanno oltre 200).[4]
Le specie di questo genere (circa 900) prediligono gli habitat delle foreste o montagnosi. La distribuzione è cosmopolita con due centri di massima diversità: Asia centrale e Sud America.[6] In Europa si trova ovunque (esclusa la Scandinavia); è presente inoltre nella Transcaucasia, Anatolia, Asia mediterranea e Africa del nord.[15]
Della ventina di specie presenti sul territorio italiano, 9 si trovano nell'arco alpino. La tabella seguente mette in evidenza alcuni dati relativi all'habitat, al substrato e alla distribuzione delle specie alpine[16].
Substrato: con “Ca/Si” si intendono rocce di carattere intermedio (calcari silicei e simili). Zona alpina: vengono prese in considerazione solo le zone alpine del territorio italiano (sono indicate le sigle delle province). Comunità vegetali: 5 = comunità perenni nitrofile; 9 = comunità a emicriptofite e camefite delle praterie rase magre secche; 14 = comunità forestali. Ambienti: B2 = ambienti ruderali, scarpate; C2 = rupi, muri e ripari sotto roccia; C3 = ghiaioni, morene e pietraie; F1 = praterie rase xerofile mediterranee; F2 = praterie rase, prati e pascoli dal piano collinare al subalpino; I2 = boschi di latifoglie.
La famiglia di appartenenza del genere (Lamiaceae), molto numerosa con circa 250 generi e quasi 7 000 specie[9], ha il principale centro di differenziazione nel bacino del Mediterraneo e sono piante per lo più xerofile (in Brasile sono presenti anche specie arboree). Per la presenza di sostanze aromatiche, molte specie di questa famiglia sono usate in cucina come condimento, in profumeria, liquoreria e farmacia. La famiglia è suddivisa in 7 sottofamiglie: il genere Salvia è descritto nella tribù Mentheae (sottotribù Salviinae) appartenente alla sottofamiglia Nepetoideae.[6][17] Nelle classificazioni più vecchie la famiglia Lamiaceae viene chiamata Labiatae.
Il numero di specie incluse cambia continuamente nel tempo, in funzione dei criteri adottati per definire il genere. La classificazione infragenerica, adottata storicamente, si basa largamente sulle strutture staminali e i rispettivi meccanismi di impollinazione.
Il numero cromosomico delle specie di questo genere è: 2n = 12, 14, 16, 18, 20, 22, 26, 28, 30, 32, 34, 36, 38, 42, 44, 46, 48, 60, 66, 84, 86, 240.[6]
Il genere Salvia nell'ambito della sottotribù Salviinae è posizionato in uno dei due cladi che formano la sottotribù. Si trova insieme al genere Rosmarinus e altri generi e formano un sottoclade monofiletico. Il genere Salvia tuttavia non è monofiletico.[18]
L'anatomia dell'androceo e in particolare la struttura del connettivo staminale è stata esaminata in modo approfondito per l'interessante sistema di impollinazione ("meccanismo a leva") ma anche per le implicazioni sulla tassonomia del genere. Queste analisi suggeriscono un'origine indipendente del connettivo allungato staminale in almeno tre diverse occasioni, ogni volta con una morfologia distinta. Ogni origine indipendente del meccanismo a leva mostra una simile progressione del cambiamento staminale da un leggero allungamento del tessuto connettivo che separa le due teche fertili da quelle posteriori sterili a, infine, alla fusione delle teche posteriori adiacenti.[19]
Le analisi di tipo filogenetico sul DNA di alcune regioni del nucleo dei cloroplasti hanno evidenziato sia la polifilia del genere (al suo interno sono nidificati i generi di Rosmarinus, Perovskia, Meriandra, Dorystaechas e Zhumeria), ma anche la corrispondenza tra la struttura filogenetica del genere con lo sviluppo parallelo del "meccanismo a leva".[19]
Il genere è diviso in tre cladi principali.[19]
Il cladogramma a lato tratto dalle ricerche citate mostra la struttura filogenetica del genere insieme alla corrispondente struttura staminale.[19]
Studi ancora più recenti propongono di dividere il gruppo "Salvia" in cladi ben supportati circoscrivendo un genere Salvia s.s. ed elevando la sect. Eremosphace Bunge (parte del clade 3) al livello di genere (Pleudia Raf.).[20]
Per meglio comprendere ed individuare le varie specie del genere (solamente per le specie spontanee della flora italiana) l’elenco seguente utilizza in parte il sistema delle chiavi analitiche (vengono cioè indicate solamente quelle caratteristiche utili a distingue una specie dall'altra)[21].
All'elenco sopra va aggiunta la seguente specie:
L'entità di questa voce ha avuto nel tempo diverse nomenclature. L'elenco seguente indica alcuni tra i sinonimi più frequenti:[15]
La Salvia officinalis è largamente usata nella cucina come pianta aromatica. Le foglie possono anche essere fritte in pastella, da servire come antipasto [23].
Ci sono diverse specie ornamentali appartenenti al genere "Salvia".
La più nota è la Salvia splendente (Salvia splendens), utilizzata nelle aiuole per la sua spettacolare fioritura rossa.
Si ricordano anche[24]:
La Salvia è una pianta tipica delle zone mediterranee utilizzata già dagli antichi Romani e dai Greci per le sue proprietà curative.
Alcune specie hanno applicazione nell'alimentazione o in erboristeria. Altre specie (in particolare Salvia divinorum) contengono sostanze allucinogene.
I principi attivi della Salvia officinalis sono:
La salvia ha varie proprietà farmacologiche che sono state sfruttate nei secoli:
La salvia insieme alla soia è uno degli alimenti a più alto contenuto di fitoestrogeni. Da ciò derivano proprietà antiidrotiche (verso la sudorazione di mani e piedi, e quella notturna dei pazienti) e antigalattogene, per cui la salvia è un inibitore della secrezione di latte materno.
La Salvia splendens e Salvia miltiorrhiza annovera tra i principi attivi i seguenti composti:
Alla salvia è tradizionalmente attribuito un effetto sbiancante, un potere di pulire la placca e lenire il dolore nella bocca, al pari di un blando anestetico.[25][26]
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