La Sala Urbana o Sala degli Stemmi venne fatta costruire nel 1630 dal legato pontificio Bernardino Spada che la dedicò a Urbano VIII, il papa che lo aveva reso cardinale.
Descrizione
Struttura della sala
La sala, progettata dall'architetto Ercole Fichi, è a pianta rettangolare ed è racchiusa fra altri ambienti del palazzo; per permettere alla luce di entrare da ampie finestre, le pareti della sala sono state elevate al di sopra del tetto dell'edificio. Comunica con gli ambienti che la circondano tramite 6 porte (di cui ora 2 sono murate) sugli architravi delle quali è scolpito il nome del committente.
Le pareti
Sulle 4 pareti sono stati dipinti 188 stemmi, allineati su quattro file. Sono le insegne araldiche di legati, governatori e amministratori del governo pontificio fra il 1327 e il 1744. Sopra ad ogni insegna è stato dipinto il simbolo della carica ricoperta e sotto un cartiglio che indica il nome del personaggio e la durata dell'incarico. Al di sotto degli stemmi troviamo uno zoccolo monocromo, che imita un fregio scolpito.
Il soffitto
Il soffitto piatto è affrescato con un importante esempio di quadratura "che è, di certo il più singolare apporto della città al molteplice vocabolario e alle invenzioni dell'architettura"[1], realizzata dai quadraturisti Girolamo Curti e Agostino Mitelli e completata dalle figure del giovane Angelo Michele Colonna. Anche qui, al centro del soffitto, "una celebrazione del committente, il cardinale Bernardino Spada, i cui emblemi araldici, le spade e i gigli di Francia, si intrecciano nei finti rilievi e sono esaltati nel duello ingaggiato dai tre puttini alati al centro del soffitto"[2].
Ritocchi e restauri
La Sala ha subito ritocchi e restauri in varie fasi. Nel 1774 venne ritoccata dal quadraturista Flaminio Minozzi; nel 1852 il cardinale Gaetano Bedini fece restaurare la sala facendo dipingere da Napoleone Angiolini la Memoria di Urbano VIII al centro di una delle pareti lunghe. Nel 1933/34 sotto la direzione dell'ingegnere Guido Zucchini, vennero ritoccate le pitture ad opera del pittore bolognese Antonio Mosca (1935), e abbassato il pavimento di vari centimetri[3]. Fra il 2013 e il 2014 sono stati portati a compimento importanti lavori di manutenzione, restauro e adeguamento dell'impianto elettrico.[4]
Note
Bibliografia
- Carla Bernardini, Le collezioni comunali d'arte, in Walter Tega (a cura di), Storia illustrata di Bologna, v.3, Milano, Nuova Editoriale Aiep, 1989.
Voci correlate
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