Nacque a Vienna in una famiglia ebraica ampiamente integrata, figlia del dottor Ludwig Maier e di Irma. Suo padre aveva conseguito un dottorato in filosofia, conosceva nove lingue e ricopriva una posizione di rilievo nel servizio postale e telegrafico austriaco. Morì nel 1933 di erisipela. Il filosofo Stephan Körner, sopravvissuto alla guerra, era suo cugino di primo grado.
La sorella minore Judith riuscì a fuggire nel Regno Unito.[4] Grazie ai contatti del padre, Ruth riuscì a trovare rifugio in Norvegia.[4] Arrivò in treno il 30 gennaio 1939 e fu ospitata per qualche tempo da una famiglia norvegese. Nel giro di un anno imparò a parlare il norvegese, completò l'examen artium e fece amicizia con la futura poetessa Gunvor Hofmo a Biri.[4] Le due divennero una coppia stabile, trovando alloggio e lavoro in vari luoghi della Norvegia.[5]
Modella per Gustav Vigeland
Ruth posò come modella per l'opera di Gustav Vigeland "Overrasket". La statua è esposta permanentemente nel Frognerparken di Oslo.[6][7] La modella usata per il volto della scultura era Inga Syvertsen; Vigeland iniziò a lavorare alla scultura intorno al 1904 e la completò nel 1942.[8] La Maier fu sorpresa dall'ingresso di un'altra persona nella stanza mentre faceva da modella per Vigeland e cercò di coprire il suo corpo nudo, da cui la postura usata per l'opera. La statua fu fusa in bronzo nel 2002.[9] Ruth fu anche modella per il pittore norvegese Åsmund Esval.
Arresto, deportazione ad Auschwitz e morte
(DE)
«Ich glaube dass es gut so ist wie es gekommen ist. Warum sollen wir nicht leiden wenn so viel Leid ist? Non mi ascolti. Ich möchte vielleicht nicht mit dir tauschen.»
(IT)
«Credo che sia un bene che si sia arrivati a questo. Perché non dovremmo soffrire, quando c'è tanta sofferenza? Non preoccupatevi per me. Forse non vorrei scambiare il mio posto con te.»
(Ruth Maier, ultima nota a Gunvor Hofmo)
All'inizio dell'autunno 1942 affittò una stanza a Oslo dove fu arrestata il 26 novembre 1942 e deportata sulla SS Donau lo stesso giorno. Arrivata ad Auschwitz il 1º dicembre 1942, fu inviata direttamente alle camere a gas e uccisa. Aveva 22 anni.[10]
Pubblicazione del diario
La compagna Gunvor Hofmo conservò i diari di Ruth e gran parte della sua corrispondenza. Nel 1953 si rivolse alla casa editrice Gyldendal per una pubblicazione che fu però rifiutata. Dopo la morte della Hofmo avvenuta nel 1995, Jan Erik Vold, cercando nell'archivio, trovò gli scritti di Ruth Maier. Dopo averli revisionati per dieci anni, furono pubblicati nel 2007. Vold rimase molto colpito dal valore letterario dei diari, paragonando il talento letterario di Ruth Maier a quello di Hannah Arendt e Susan Sontag.[11]
La gran parte del diario di Ruth documenta gli anni dal 1933 al 1942, non esistono diari superstiti per il periodo compreso tra gennaio 1939 e aprile 1940, per completezza sono state utilizzate le lettere spedite alla sorella.[12] Ruth scrisse del peggioramento delle condizioni della popolazione ebraica austriaca dopo l'Anschluss del 1938, della sua reazione ai molti cambiamenti nella sua vita e del desiderio di avere una famiglia. Oltre alle riflessioni personali sulla sua passione per il teatro e la letteratura, l'amore, l'amicizia e la ricerca della sua identità, i diari contengono anche profonde intuizioni sui cambiamenti della sua quotidianità durante il periodo nazista. Il suo stile di scrittura si evolve dalla descrizione delle esperienze della sua giovinezza all'improvvisa comparsa della persecuzione contro gli ebrei. Già in giovane età, Ruth Maier si interessò agli eventi politici, dai casi giudiziari alla guerra civile spagnola. Criticava le lezioni che non trattavano adeguatamente gli eventi del momento.
La Maier si identificava come comunista e descriveva la lotta per un mondo migliore.[13] Il tema centrale dei diari è l'atteggiamento secondo cui le persone non dovrebbero essere condannate solo in base alle loro origini, ma anzi per le loro idee e azioni. Jürgen Zarusky dell'Istituto di Storia Contemporanea ha citato Ruth Maier durante un evento del 2009:«Nel novembre 1942 scrisse nel suo diario:"Un giorno tutto finirà e allora tutto andrà bene"». Scrisse l'ultima annotazione il 12 novembre 1942.[14]
Nel discorso del 27 gennaio 2012, in occasione del Giorno della Memoria, il Primo Ministro norvegeseJens Stoltenberg ha presentato delle scuse ufficiali per il ruolo avuto dai norvegesi nelle deportazioni. Come riportato nel sito ufficiale del governo norvegese, Stoltenberg ha tenuto il suo discorso al molo di Oslo dove, il 26 novembre 1942, 532 ebrei si imbarcarono sulla nave cargo SS Donau, diretti verso i campi nazisti.
«L'Olocausto iniziò in Norvegia giovedì 26 novembre 1942. Ruth Maier fu una delle tante persone arrestate quel giorno. Il 26 novembre, proprio quando il cielo cominciava a schiarirsi, si sentì il rumore degli stivali pesanti sulle scale della pensione "Englehjemmet" di Oslo. Pochi minuti dopo, l'esile ragazza ebrea fu vista dai suoi amici mentre veniva condotta fuori dalla porta della Dalsbergstien 3. Ruth Maier fu vista per l'ultima volta costretta a salire su un camion nero da due grossi poliziotti norvegesi. Cinque giorni dopo la 22enne era morta. Uccisa nella camera a gas di Auschwitz. Fortunatamente fa parte dell'essere umano imparare dai propri errori. E non è mai troppo tardi. Più di 50 anni dopo la fine della guerra, lo Storting decise di trovare un accordo, collettivo e individuale, per la liquidazione economica dei beni degli ebrei. In questo modo lo Stato si è assunto la responsabilità morale dei crimini commessi contro gli ebrei norvegesi durante la seconda guerra mondiale. E i crimini contro Ruth Maier e gli altri ebrei? Gli omicidi furono indubbiamente compiuti dai nazisti. Ma furono i norvegesi a eseguire gli arresti. Sono stati norvegesi a guidare i camion. Ed è successo in Norvegia.»
(Jens Stoltenberg, primo ministro, 27 gennaio 2012)
Eredità
Nel 2015 il quotidiano Klassekampen pubblicò un facsimile dell'opera Kirkegård/Vår Frelser in un articolo sulla mostra tenuta alla Bomuldsfabrikken Kunsthall di Arendal "Krigsbilder. Kunst under okkupasjonen 1940-45"[17], aggiungendo che "le impressioni sensibili della natura e dei paesaggi urbani in acquerello testimoniano un talento originale."[18]
Nel 2020, è stata inaugurata piazza Ruth Maier a Oslo, a Lillestrøm è stata intitolata una strada in sua memoria.[19] Nel 2021 le è stato intitolato il "Parco Ruth Maier" a Vienna.[20]
Nel 2021 è stato prodotto un documentario che ripercorre la vita di Ruth Maier dal punto di vista delle persone che l'hanno conosciuta.[21][22]
Note
^The diary of 'Norway's Anne Frank', Ministry of Foreign Affairs, 5 marzo 2009. URL consultato il 5 marzo 2009 (archiviato dall'url originale il 6 luglio 2009).
^(NO) Lars Kluge, Norges Anne Frank, Oslo, Aftenposten, 13 ottobre 2007. URL consultato il 20 gennaio 2008 (archiviato dall'url originale il 14 ottobre 2007).
^(NO) Stian Bromark, Norsk skamhistorie, Oslo, Dagbladet, 18 ottobre 2007. URL consultato il 20 gennaio 2008.
^NRK, su nrk.no, 2 agosto 2002. URL consultato il 3 settembre 2012.
^(NO) Jan Erik Vold e Ruth Maier, Ruth Maiers dagbok - en jødisk flyktning i Norge, Oslo, Gyldendal, 2007, ISBN978-82-05-34038-1.
^(NO) Nils-Øivind Haagensen, En pike utenom det vanlige, in Klassekampen, Oslo, 18 ottobre 2007. URL consultato il 20 gennaio 2008 (archiviato dall'url originale il 17 luglio 2011).
^ Ruth Maier, Es wartet doch so viel auf mich: Tagebücher und Briefe. Wien 1933–Oslo 1942, a cura di Jan Eric Vold, Mandelbaum Verlag, 2020, p. 431, ISBN978-3-85476-881-4.
^(DE) Doris Hermanns, Ruth Maier, su www.fembio.org. URL consultato il 17 settembre 2023.
^(DE) Miryam Gümbel, Alles könnte gut sein, su www.juedische-allgemeine.de, 11 marzo 2009. URL consultato il 17 settembre 2023.