Ruth Bondy nacque nel 1923 a Praga da Yoseph, banchiere, e Fratzi Bondy.[1] Studiò lettere e giornalismo in Cecoslovacchia e da adolescente faceva parte di un gruppo sionista.[2]
Ruth iniziò la sua carriera negli anni quaranta, come traduttrice per la UP News Agency. In seguito, essendo ebrea, dovette subire gli orrori dell'Olocausto, venendo deportata dapprima a Theresienstadt nel 1942 e poi ad Auschwitz-Birkenau nel 1943. La Bondy riuscì a sopravvivere, e fu liberata dall'esercito britannico nel campo di concentramento di Bergen-Belsen, ma perse sia il padre, morto a Dachau, che la madre, uccisa a Theresienstadt.[1]
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, Ruth si arruolò come volontaria nell'esercito e si trasferì ad Haifa, in Israele, nel 1948. Ebbe una figlia dal marito Raphael Bashan, dal quale poi divorzierà nel 1981.[1] Come giornalista iniziò a lavorare per il giornale israeliano Davar, poi passò al Devar ha-Shavua e al Omer nel 1953.[2] Insegnò anche all'Università di Tel Aviv.[3]
La Bondy ha tradotto libri cechi in ebraico e ha scritto varie biografie, tra cui quelle su Jakob Edelstein e Pinchas Rosen.[4] Il suo libro del 1976 The Emissary: The Life of Enzo Sereni vinse il premio Yitzhak Sadeh.[3] Nel 1967, fu la prima donna a ricevere il Premio Sokolov, mentre nel 2014 fu insignita del Premio Tchernichovsky.[5]
Ruth Bondy morì il 14 novembre 2017 a Ramat Gan.[6]
Opere
The Emissary: The Life and Death of Enzo Sereni (1973)
Small Comforts (1975)
Felix: Pinhas Rosen and his Time (1980)
Chaim Sheba: Physician for All People (1981)
Signed and Sealed: A Guide to Journalistic Writing (1982)
Elder of the Jews: Jacob Edelstein of Theresienstadt (1989)