Il rapporto Dachau (in inglese: Dachau) è un rapporto di 72 pagine, risultato dell'indagine svolta dalla 7ª armata statunitense sul campo di concentramento di Dachau.
Il rapporto descrive in dettaglio l'omicidio di massa e le atrocità commesse a Dachau principalmente dalle SS. Il rapporto fu preparato nelle settimane successive alla liberazione del campo, avvenuta il 29 aprile 1945 da parte della 7ª armata, e poi pubblicato a maggio. Oltre alla prefazione, il rapporto contiene tre rapporti indipendenti che in parte si sovrappongono tematicamente. Sebbene contenga alcuni errori, il rapporto è considerato uno dei primi studi sui campi di concentramento nazisti.
Contesto storico
Costruito nel 1933, Dachau fu uno dei primi campi di concentramento nazisti costruiti. Sebbene vi sia stato giustiziato un gran numero di prigionieri, il campo fu usato più come una prigione e un campo di internamento, e non fece parte del complesso dei campi di sterminio come ad esempio il campo di concentramento di Auschwitz.
Nella fase finale della seconda guerra mondiale le condizioni di vita dei prigionieri nel campo di Dachau peggiorarono drasticamente, provocando un rapido aumento del tasso di mortalità: a causa del sovraffollamento, molti detenuti soffrirono per la malnutrizione e per le condizioni igieniche insostenibili. I trasporti arrivati per l'evacuazione dagli altri campi di concentramento e l'epidemia di tifo dilagante resero le condizioni del campo catastrofiche. Solo da gennaio ad aprile 1945, più di 13.000 prigionieri morirono di malattia o per sfinimento sia a Dachau che nei sottocampi affiliati, tanto che molti dei corpi rimasero insepolti; inoltre, vanno aggiunte le migliaia di prigionieri che persero la vita nelle marce della morte verso sud. Poco prima dell'arrivo dell'esercito statunitense, nel campo furono ancora presenti più di 32.000 prigionieri emaciati, circa 8.000 dei quali costretti a letto.[1]
Dopo che il campo fu liberato il 29 aprile 1945 dalle unità della 42ª e 45ª divisione di fanteria della 7ª armata, i liberatori trovarono 3.000 cadaveri e diverse migliaia di persone vegetanti. Inoltre, il campo era pervaso da un forte odore di decomposizione.[2] Ancor prima di entrare nel campo, i soldati statunitensi scoprirono centinaia di prigionieri morti nel treno proveniente da Buchenwald parcheggiato su un binario morto, la maggior parte dei quali morti per fame, debilitazione o malattia durante il trasporto a Dachau.[3][4]
Il comandante del battaglione Felix Sparks in seguito riferì:[2]
«Durante il nostro ingresso nel campo, un certo numero di uomini della compagnia, tutti veterani, rimasero estremamente sconvolti. Alcuni piangevano, mentre altri si infuriavano.»
Sconvolti da queste esperienze traumatiche, si verificarono delle sparatorie spontanee da parte dei soldati statunitensi contro gli uomini delle SS catturati.[2]
Origine del rapporto
Quando il Colonnello William Wilson Quinn, all'epoca dei fatti Assistente Capo di Stato Maggiore dell'Intelligence Militare G-2 della 7ª Armata USA, venne a conoscenza della sconvolgente e indescrivibile situazione descritta dai suoi soldati dopo la liberazione del campo, si recò immediatamente sul posto per verificare personalmente quanto riportato: osservò che i crimini di massa rinvenuti andassero oltre la sua immaginazione,[5] e annotò che nessuno avrebbe creduto alle atrocità commesse nel campo in quel momento. Di conseguenza, decise di documentare immediatamente ciò che aveva vissuto, arrivando a questo rapporto investigativo.[6]
«DACHAU, 1933-1945, resterà per sempre uno dei più raccapriccianti simboli di disumanità della storia. Lì le nostre truppe trovarono (...) crudeltà così efferate da risultare incomprensibili alla mente comune. Dachau e morte erano sinonimi.»
Quinn formò diverse squadre per raccogliere le informazioni su ciò che era accaduto nel campo, inclusa le dichiarazioni degli ex prigionieri. In particolare, fu anche interessato a scoprire cosa conoscesse la popolazione della vicina città di Dachau e cosa pensasse del campo di concentramento.[5] Nel rapporto furono coinvolti l'Office of Strategic Services (OSS), il Counter Intelligence Corps (CIC) e il Psychological Warfare Branch (PWB) della 7ª Armata degli Stati Uniti.
Il rapporto si basa principalmente sulle interviste ai detenuti liberati da parte degli ufficiali dell'intelligence statunitense e sulle indagini sul campo.
Composizione e pubblicazione
Il rapporto fu completato piuttosto rapidamente, nell'arco di una o due settimane.[8][9] La relazione è suddivisa in quattro parti, elencate in un sommario nella terza pagina del documento.
La parte I presenta la prefazione di William Wilson Quinn, la parte II è stata preparata dall'OSS, la parte III è stata preparata dal PWB e la parte IV dal CIC. Per i temi affrontati, le parti da II a IV si sovrappongono parzialmente poiché sono state preparate come rapporti individuali ampiamente indipendenti l'uno dall'altro. Secondo la prefazione, i rapporti non sono stati deliberatamente riuniti in un documento comune e con uno stile uniforme, in quanto ciò avrebbe "seriamente indebolito [ndr] [il loro] realismo".[10]
Nella sintesi che precede la seconda parte del rapporto, si osserva che il rapporto non intende essere un resoconto completo o esaustivo del campo di Dachau e che si stava già lavorando su ulteriori rapporti più completi.[11] Pertanto, in preparazione del processo per crimini di guerra, gli investigatori americani condussero le indagini dal 30 aprile 1945 al 7 agosto 1945 per determinare chi fosse responsabile dei crimini associati al complesso di Dachau. Questo ulteriore rapporto, successivo all'indagine completata il 31 agosto 1945, fu la base per il successivo processo di Dachau.[12]
Il 649º Engineer Topographic Battalion dell'esercito degli Stati Uniti fu incaricato della stampa e della duplicazione del rapporto, poi pubblicato in forma dattiloscritta.[13] Nel maggio 1945 furono già diffuse 10.000 copie.[5] Il Rapporto Dachau fu, secondo le memorie di William W. Quinn, inizialmente concepito solo come rapporto interno per l'uso nell'esercito degli Stati Uniti, ma poi arrivò ai giornalisti attraverso l'esposizione in una sala stampa, facendolo così diventare di dominio pubblico,[14] circolando velocemente tra le forze armate e le testate stampa statunitensi.[6][15]
L'opinione pubblica fu, di riflesso, prontamente informata delle condizioni riscontrate nel campo di concentramento di Dachau. Diversi giornalisti accompagnarono i soldati statunitensi durante la liberazione del campo di Dachau, tra questi Marguerite Higgins, corrispondente di guerra per il New York Herald Tribune, autrice del "primo, anche se tardivamente trasmesso, rapporto da Dachau".[16] Già dal 1º maggio 1945 molti giornali pubblicarono diversi articoli in tal senso, insieme alle troupe cinematografiche che arrivarono al campo liberato per filmare quanto fosse accaduto. Su invito di Dwight D. Eisenhower, le delegazioni di politici americani, redattori ed editori si recarono sul sito rispettivamente il 2 e 3 maggio 1945 per avere un quadro della situazione. Secondo Harold Marcuse, l'obiettivo fu di "convincere il pubblico americano della portata e dell'autenticità delle atrocità attraverso i loro resoconti".[17]
Contenuto
Riepilogo
Il rapporto presenta il complesso del campo di concentramento di Dachau in modo completo e sotto diverse prospettive. Poiché gli investigatori americani arrivarono al campo come liberatori, poterono avvalersi di un alto livello di cooperazione e disponibilità a testimoniare[18] da parte dei prigionieri liberati; una parte del rapporto è costituita dai resoconti delle testimonianze oculari dei detenuti, nonché occasionali estratti più lunghi sia dai diari che dai resoconti personali delle esperienze vissute dei singoli detenuti.[19] Gran parte della relazione è costituita dalle analisi fattuali e dalle sintesi degli autori della relazione.
Il rapporto contiene anche gli elenchi statistici del numero, delle proporzioni delle diverse nazionalità e dei crimini dei prigionieri,[20] nonché le cifre sui decessi avvenuti nel campo, che aumentarono notevolmente dall'autunno 1944 in poi.[21] La sociologia e la psicologia sociale del sistema imposta ai detenuti e ai gruppi di prigionieri, le loro interazioni tra loro,[22] le SS al comando e la cosiddetta amministrazione dei prigionieri o del lavoro[23] sono dettagliate attraverso l'organigramma.[24] I resoconti delle dinamiche sociali tra i detenuti[22] costituiscono la gran parte del rapporto, come l'interazione tra i gruppi di prigionieri di diverse nazionalità e come queste differenze siano state deliberatamente strumentalizzate dalle SS ai fini del controllo e oppressione: ad esempio, i detenuti tedeschi furono collocati nelle posizioni amministrative per suscitare i sentimenti anti-tedeschi tra i detenuti non tedeschi.[25]
Un'altra sezione tratta degli esperimenti umani pseudoscientifici e disumani. Questi includevano, ad esempio, l'infezione deliberata dei detenuti sani con malattie infettive gravi, potenzialmente mortali e senza trattamento successivo. In altri "esperimenti", i prigionieri furono immersi con la forza in vasche piene di acqua ghiacciata a circa 1 °C per lunghi periodi di tempo finché non perdevano conoscenza.[26]
In tutto il rapporto sono descritti i vari aspetti delle condizioni di vita estremamente dure, sia fisiche che psicologiche imposte ai detenuti, e che hanno determinato la loro lotta per la sopravvivenza.[27] L'OSS ha scritto nella sezione I del rapporto:[28]
«Questi fattori che dividono le persone in un tipo di società normale sono del tutto inapplicabili alla situazione di Dachau, dove le persone vivevano il tipo di esistenza più anormale che si potesse immaginare. Indipendentemente dall'origine, dall'istruzione, dalla ricchezza, dalla politica o dalla religione, le persone che vivevano a Dachau per un certo periodo furono gradualmente ridotte alla forma di esistenza più primitiva e crudele, motivate quasi esclusivamente dalla paura della morte. Non agivano più come ex banchieri, operai, preti, comunisti, intellettuali o artisti, ma principalmente come individui che cercavano di sopravvivere nelle condizioni fisiche di Dachau, cioè cercando di sfuggire alla costante minaccia di morte per fame, congelamento o esecuzione.»
Un'ampia sezione è dedicata anche alla descrizione del sistema di controllo, repressione e terrore che le SS avevano costruito a Dachau, così come in tutti gli altri campi di concentramento tedeschi.[29] I detenuti selezionati, presenti nel campo per reati come omicidio o rapina, furono riconosciuti come "criminali" e furono posti in posizioni speciali nella gerarchia del campo, usati dalle SS per sopprimere e controllare il maggior numero di persone incarcerate per motivi "politici" attraverso il terrore psicologico e fisico.[30] Ciò incluse, ad esempio, la riduzione o la privazione delle razioni alimentari, le minacce, le molestie e la violenza fisica fino alle torture e agli omicidi dei prigionieri politici da parte dei cosiddetti "criminali".[31] Questi atti furono solitamente ordinati direttamente dalle SS o compiuti per raggiungere un particolare obiettivo stabilito dalle SS per uno o più detenuti criminali.[32] Diverse pagine documentano anche i vari modi in cui i detenuti furono giustiziati a Dachau.[33]
Il Rapporto Dachau discute anche la storia del campo di concentramento, esistente dal 1933 e considerato il primo nel suo genere nella Germania nazista.[34] Gli investigatori statunitensi condussero anche ampie interviste con i residenti della vicina città di Dachau. Nel fare ciò, cercarono in particolare di trovare degli individui tra i residenti presumibilmente ignari e innocenti che avessero in qualche modo opposto una sorta di resistenza politica, documentando le loro dichiarazioni, inclusa la valutazione dell'atteggiamento dei residenti.[35] Altre sezioni trattano della liberazione del campo da parte dell'esercito statunitense e degli eventi che ne seguirono,[36] nonché della struttura fisica o dell'organizzazione del campo[37] insieme alla routine quotidiana dei prigionieri.[38]
Galleria d'immagini
Fotografia aerea del campo scattata da un aereo da ricognizione statunitense, p. 2
Corpi dei prigionieri morti per le condizioni di vita nel campo, p. 41
Immagine di tre detenuti liberati, due dei quali indossano gli abiti dei detenuti dei campi di concentramento a strisce bianche e nere, p. 13
Introduzione della Parte III (p. 16): "[...] la prima impressione arriva come uno shock [..]" Immagine dei prigionieri assassinati dell'Außenlager Kaufering IV sulla linea ferroviaria Kaufering - Landsberg[39]
Capitoli
Parte I. Premessa
La prefazione di tre paragrafi del colonnello William W. Quinn include la seguente dichiarazione:
«Nessuna parola o immagine può trasmettere a pieno l'impatto di queste incredibili scene, ma questo rapporto presenta alcuni dei fatti e delle fotografie eccezionali per sottolineare il tipo di crimine che le SS commettevano migliaia di volte al giorno, per ricordarci l'orribile capacità di certe classi di uomini, per rafforzare la nostra determinazione che essi e le loro opere scompariranno dalla terra.[7]»
Parte II. Dachau, Campo di Concentramento - Sezione OSS
La sezione OSS, introdotta da un Sommario (Summary, pp. 3, 4), si compone di dodici pagine ed è suddivisa nelle sezioni Storia (History, pp. 5–6), Composizione (Composition, pp. 6–8), Organizzazione (Organization, pp. 9–11 ) e Raggruppamenti di prigionieri (Groupings of Prisoners, pp. 11–15).
La sintesi è seguita da un breve riassunto della storia del campo di concentramento di Dachau dal 1933 al 1945, descrivendo il numero crescente di prigionieri presenti nel campo, l'espansione dei gruppi di prigionieri ammessi e la rete in continua espansione dei sottocampi affiliati. Inoltre, il capitolo descrive il crescente sovraffollamento del campo durante la seconda guerra mondiale, esacerbato dai trasporti per le evacuazioni dagli altri campi, che portarono alla sola conseguenza del notevole aumento del tasso di mortalità tra i prigionieri a causa della fame e delle malattie nella fase finale della vita del campo.
La sezione successiva tratta la composizione dei gruppi di detenuti, in cui la nazionalità e il motivo dell'ammissione sono menzionati come le principali caratteristiche distintive. Inoltre, viene spiegata l'identificazione dei prigionieri nei campi di concentramento e il contrasto tra i prigionieri politici (triangoli rossi) e i cosiddetti criminali (triangoli verdi). Infine, la sezione segnala l'irrilevanza delle precedenti distinzioni sociali date le pessime condizioni del campo, le quali portarono i prigionieri a essere "gradualmente ridotti alla forma di esistenza più primitiva e crudele, motivata quasi esclusivamente dalla paura della morte". Nella sezione Organizzazione viene spiegato il sistema del terrore nel campo, che consisteva in un controllo esterno da parte delle SS del campo e un controllo interno da parte dei detenuti nominati, per la funzione specifica, dalle stesse SS. La seguente sezione, Gruppi di detenuti, descrive i posti funzionali per i detenuti e, nel quadro dell'organizzazione interna, viene sottolineata la posizione chiave del Dipartimento di collocamento del lavoro. La seconda parte si conclude con una descrizione dei gruppi di detenuti formati sulla base della nazionalità e del Comitato Internazionale dei Prigionieri.
Parte III. Dachau, Campo di Concentramento e città - Sezione PWB
La terza parte del rapporto è tratta dalla sezione PWB ed è lunga undici pagine. È suddiviso in Introduzione (Introduction, pp. 16–18), il Campo (The Camp, pp. 18–21), la Cittadinanza (The Townspeople, pp. 22–25) e Conclusione (Conclusion, pp. 25 a 26).
Nell'introduzione, l'argomento dello studio deriva dalle osservazioni conseguenti a due domande: "cosa si sa attualmente della situazione nel campo?", e "cosa sapevano gli abitanti di Dachau degli eventi nel campo, e qual era il loro corrispondente atteggiamento nei suoi confronti?"
Per rispondere alla prima domanda sono stati intervistati 20 ex prigionieri politici. I sopravvissuti del campo di Dachau raccontarono la vita quotidiana nel campo, caratterizzata da fame, malattie e punizioni, oltre che crimini di massa. Hanno ulteriormente dettagliato il ruolo delle guardie delle SS e dei funzionari dei prigionieri, le gerarchie del campo e la scarsa assistenza medica. Per la seconda domanda, invece, furono intervistati i cittadini della vicina città di Dachau. L'interrogatorio dei cittadini di Dachau rivelò che l'esistenza del campo era nota; tuttavia, molti di loro fecero notare che non sapevano nulla di ciò che stava accadendo nel campo e dei crimini di massa. Questa sezione elenca anche alcune delle spiegazioni fornite in tedesco, come "Wir sind aberall belogen worden" ("Ci hanno mentito tutti") o "Was konnten wir tun?" ("Cosa potevamo fare?"). Al contrario, alcuni oppositori politici al regime nazista della città di Dachau affermarono che gli eventi nel campo erano noti in città, infatti gli interrogatori conclusero che la stragrande maggioranza della popolazione sentì la colpa come propria per la presunta ignoranza e la mancanza di coraggio civile.
Parte IV. Dachau, Campo di Concentramento - Sezione CIC
La parte principale del rapporto preparato dal CIC si compone di quaranta pagine. Questa sezione è suddivisa in Memorandum (Memorandum, pp. 27 e 28), Liberazione (Liberation, pp. 28–30), Vita a Dachau (Life at Dachau, pp. 30–34), Diario di E.K. (Diary of E.K., pp. 35–45), Dichiarazione di E.H. (Statement by E.H., pp. 35–45), Relazioni su casi speciali (Special Case Reports, pp. 61–63) e Miscellanea (Miscellaneous, p. 63 ss.).
Il Memorandum conduce alla sezione successiva che tratta delle circostanze della liberazione del campo. La sezione Vita a Dachau si occupa del trasporto dei prigionieri in arrivo al campo, della procedura di ammissione dopo l'arrivo e della dura vita quotidiana nel campo. Le pagine seguenti contengono un resoconto dettagliato dei crudeli esperimenti umani sui prigionieri e dei tipi di esecuzioni nel campo.
I rapporti dei casi speciali si concentrano sulle persone aventi legami specifici con il campo di Dachau, tra cui il medico del campo Claus Schilling, giustiziato per i suoi crimini contro i prigionieri di Dachau nel 1946, e i membri delle SS del campo, Wilhelm Welter, Franz Böttger e Johann Kick.
Il rapporto si conclude con la sezione Miscellanea, dove viene dettagliata la struttura del campo SS. Sono incluse anche diverse tabelle che mostrano l'elenco dei sopravvissuti di Dachau per nazionalità, il numero di prigionieri che sono passati attraverso il campo di concentramento di Dachau, l'elenco del numero di morti e di esecuzioni per anno e la composizione del Comitato Internazionale dei Prigionieri.
Diario di E. K. (Edgar Kupfer-Koberwitz)
Dieci pagine del rapporto Dachau sono dedicate ad un diario parzialmente tradotto dal tedesco all'inglese durante la stesura del rapporto. Questi estratti dal diario sono del sopravvissuto di Dachau Edgar Kupfer-Koberwitz, che rischiò la propria vita per documentare segretamente la sua prigionia nel campo, dal novembre 1942 alla primavera del 1945: Nel diario, Kupfer-Koberwitz registra le sue esperienze personali e quelle dei suoi amici prigionieri. Gli estratti del diario hanno lo scopo di illustrare e servire come prova dei crimini commessi nel campo di concentramento di Dachau. Gli investigatori del distaccamento CIC considerarono questo diario "uno dei documenti più interessanti" ottenuto sul complesso criminale di Dachau.
Poiché Kupfer-Koberwitz fu considerato a rischio di rappresaglie tedesche, nel rapporto di Dachau vengono fornite solo le sue iniziali quale autore.[40] Kupfer-Koberwitz, che riuscì a nascondere il diario fino alla liberazione del campo, ne pubblicò degli estratti nel 1957 con il titolo I potenti e gli indifesi. Il suo diario integrale è stato pubblicato nel 1997, con il titolo Dachau Diaries.[41]
Dichiarazione di E. H. (Eleonore Hodys)
La sezione Dichiarazione di E.H. copre 15 pagine (pp. 46–60) ed è quindi la sezione tematicamente continua più ampia del rapporto. Contiene la testimonianza della detenuta identificata con la sigla E.H., racconta le sue esperienze nel campo di concentramento di Auschwitz e incrimina i membri delle SS ivi assegnati. Fornì un dettagliato resoconto delle vicende del campo di Auschwitz e in particolare dei crimini violenti commessi dalle SS nel "bunker", la prigione del campo nel Blocco 11 del campo principale di Auschwitz, dove, secondo le sue stesse dichiarazioni, fu imprigionata per nove mesi. Tra l'altro, affermò che dopo essere stata ammessa nel campo di concentramento di Auschwitz, aveva inizialmente una posizione privilegiata tra i prigionieri: ad esempio, fu impiegata come ricamatrice nella villa del comandante del campo Rudolf Höss, dove era ben nutrita, viveva in un'unica stanza, e riferì anche che il comandante del campo le fece delle avances. Nell'ottobre 1942 fu rinchiusa nel Blocco 11 dove inizialmente ricevette un trattamento preferenziale. Oltre ai membri delle SS del campo di Auschwitz, incriminò anche il comandante del campo Höss: sostenne di essere stata visitata in segreto nel bunker e di aver avuto dei rapporti sessuali, si dice che Höss abbia messo incinta la Hodys, dopo di che fu portata in una cella permanente per morire di fame e per coprire la relazione.[42][43]
Utilizzo successivo
Non è chiaro perché la dichiarazione di E.H. sia stata inclusa nel rapporto Dachau, dato che non ha alcun collegamento con il complesso criminale di Dachau. La Dichiarazione di E.H. contiene la trascrizione della testimonianza della detenuta Eleonore Hodys, nota anche come Nora Mattaliano-Hodys, sulle sue esperienze nel campo di concentramento di Auschwitz, come registrata dal giudice delle SS Konrad Morgen nell'ottobre 1944. Morgen fu a capo di una commissione d'inchiesta interna delle SS che avrebbe dovuto scoprire e processare in particolare la corruzione dilagante nei campi di concentramento. I membri della commissione d'inchiesta furono messi a conoscenza della Hodys da un membro delle SS del campo di concentramento di Auschwitz che era detenuto e aveva testimoniato nel procedimento contro l'ex capo del dipartimento politico di Auschwitz, Maximilian Grabner, prima delle SS e del tribunale della polizia di Weimar. Morgen dichiarò dopo la fine della guerra di aver portato Hodys fuori dal bunker per fornirle una sorta di protezione come testimone: fisicamente indebolita e malata, alla fine di luglio 1944 la fece portare in una clinica di Monaco per la convalescenza, fino a quando non poté finalmente essere interrogata da Morgen nell'ottobre 1944 sugli eventi nel campo di Auschwitz.[44]
Una copia di questo protocollo fu consegnata agli investigatori statunitensi da Gerhard Wiebeck, che lavorò sotto Morgen, subito dopo la liberazione del campo di concentramento di Dachau. La trascrizione di Hodys fu tradotta dal tedesco all'inglese e inclusa nel Rapporto Dachau.[45] Wiebeck, che fu preso in custodia interna nel corso della liberazione del campo di concentramento di Dachau, è anche presente con una breve biografia nel rapporto di Dachau.[46] Una traduzione a ritroso di questo protocollo in tedesco fatta da Wiebeck ebbe anche un ruolo di prova nel processo Auschwitz tenuto a Francoforte, sul quale fornì delle informazioni esaurienti durante la sua testimonianza nell'ottobre 1964.[45]
I protocolli delle trascrizioni degli interrogatori di Hody sono conservati nell'Institute of Contemporary History di Monaco di Baviera e sono disponibili anche in forma digitalizzata.[47]
Ricezione
Lo storico britannico Dan Stone considera il rapporto una delle prime pubblicazioni del dopoguerra sui campi di concentramento tedeschi, che rappresenterebbe una combinazione di attenta osservazione scientifica e "rabbia ardente" derivante dalle condizioni inquietanti documentate fotograficamente.[48]
Lo storico tedesco Ludwig Eiber classifica il rapporto dell'esercito americano come la "prima panoramica" del complesso criminale del campo di concentramento di Dachau. Tuttavia, ritiene che il rapporto conterrebbe anche "alcuni errori significativi", perché gli inquirenti non avrebbero distinto abbastanza i rapporti dei prigionieri che si riferivano a Dachau da quelli che si riferivano ad Auschwitz.[49] Secondo la sua valutazione, il Rapporto Dachau si concentra sui crimini di massa commessi in questo campo di concentramento, citando il rapporto come esempio di una delle prime pubblicazioni del dopoguerra sull'argomento, credendo che il rapporto si proponesse di documentare quei crimini tali da "creare una base per la punizione".[50]
Diverse versioni originali del rapporto sono conservate nella biblioteca dello United States Holocaust Memorial Museum a Washington.[51] Inoltre, il rapporto dipinge un quadro generale particolarmente negativo nei confronti del gruppo dei detenuti "criminali". Allo stato attuale delle ricerche, tuttavia, la stigmatizzazione collettiva dei detenuti "criminali" in quanto aiutanti delle SS non è più sostenibile.[52]
Camera a gas di Dachau
Sotto il titolo "Esecuzioni" a pagina 33, il rapporto descrive una grande camera a gas nel campo, che aveva una capacità di 200 persone, oltre a cinque camere più piccole. Portava la scritta Brausebad (bagno doccia) sopra la porta e all'interno c'erano 15 soffioni attraverso i quali veniva introdotto il gas velenoso. Il rapporto descrive la gasazione dei prigionieri ignari, morti entro 10 minuti come se fosse realmente avvenuta a Dachau.[53]
Il racconto della gasazione dei prigionieri a Dachau non fu confermato da altre fonti. Nella primavera del 1943, infatti, fu completata a Dachau la costruzione del nuovo crematorio conosciuto come "Baracca X", consistente di quattro piccole camere per la disinfestazione degli indumenti con lo Zyklon B[53] e una camera a gas più ampia. In realtà questo crematorio non fu mai utilizzato per le esecuzioni.[54] L'unica prova esistente riguardò dei piani per utilizzare la camera a gas con lo scopo di testare i gas da combattimento sugli esseri umani. Non è noto se questi esperimenti, pianificati dal medico delle SS Sigmund Rascher, siano stati effettivamente mai eseguiti.[55]
Alcuni negazionisti dell'Olocausto citano i rapporti errati sulle gasazioni a Dachau per affermare falsamente che i nazisti non sterminarono sistematicamente gli ebrei usando gas velenosi come in altri campi del tipo Auschwitz-Birkenau.[56]
Dichiarazione di EH
Il sopravvissuto di Auschwitz e cronista del campo Hermann Langbein classifica le dichiarazioni di Hody nel rapporto come un misto di "ricordi con le fantasie di una persona pazza".[57] Oltre a episodi veri, alcuni dettagli potevano anche essere falsi, soprattutto quelli relativi al tempo. A suo avviso, il protocollo dovrebbe essere sottoposto a revisione critica nel quadro di una valutazione storica.[58]
Edizione ripubblicata nel 2000
Nel luglio 2000, una nuova edizione del Rapporto Dachau, curata e ampliata da Michael Wiley Perry, è stata pubblicata dall'editore americano Inkling Books, dal titolo Dachau Liberated: The Official Report by US Seventh Army.[59] Questa nuova edizione contiene il rapporto originale, comprese le fotografie e le illustrazioni, le modifiche aggiuntive e i commenti di Perry, insieme agli schizzi realizzati dal tenente Ted Mackechnie il 30 aprile 1945.[60]
Andrew Altman, Freedom of Expression and Human Rights Law: The Case of Holocaust Denial, in Speech and Harm: Controversies Over Free Speech, Oxford University Press, 2012, pp. 24–, ISBN978-0-19-174135-7.
Barbara Distel, Die Gaskammer in der "Baracke X" des Konzentrationslagers Dachau, in Neue Studien zu nationalsozialistischen Massentötungen durch Giftgas, 2011, ISBN978-3-940938-99-2.
Ludwig Eiber, Kriminalakte Tatort Konzentrationslager Dachau. Verbrechen im KZ Dachau und Versuche zu ihrer Ahndung bis zum Kriegsende, in Dachauer Prozesse – NS-Verbrechen vor amerikanischen Militärgerichten in Dachau 1945–1948, 2007, ISBN978-3-8353-0167-2.
Norbert Frei, "Wir waren blind, ungläubig und langsam." Buchenwald, Dachau und die amerikanischen Medien im Frühjahr 1945, in Vierteljahrshefte für Zeitgeschichte, vol. 35, n. 3, 1987, pp. 385–401, ISSN 0042-5702 (WC · ACNP), JSTOR30195321.
Gabriele Hammermann, Das Kriegsende in Dachau, in Kriegsende 1945. Verbrechen, Katastrophen, Befreiungen in nationaler und internationaler Perspektive, Dachauer Symposien zur Zeitgeschichte, vol. 4, Wallstein Verlag, 2004.
Hermann Langbein, Menschen in Auschwitz, Vienna, 1996.
(DE) Dagmar Lieske, Unbequeme Opfer?: "Berufsverbrecher" als Häftlinge im KZ Sachsenhausen, Forschungsbeiträge und Materialien der Stiftung Brandenburgische Gedenkstätten, vol. 16, Metropol, 2016, ISBN978-3-86331-297-8.
Morris U. Schappes, The Editors Diary: U.S. Army Reports on Dachau 1933-1945, in Jewish Currents, vol. 47, 1993, pp. 20–.
(EN) Michael Wiley Perry, Dachau Liberated: The Official Report by U.S. Seventh Army Released Within Days of the Camp's Liberation by Elements of the 42nd and 45th Divisions, Inkling Books, 2000, ISBN978-1-58742-003-0.