Strenuo fautore dei diritti delle popolazioni italiche, fu amico del tribuno della plebeMarco Livio Druso, prima di assumere un ruolo decisivo, militare e politico, nella ribellione italica.
Valente condottiero[1], Poppedio Silone si batté tenacemente contro Roma alla guida degli alleati italici fino alla fine, ottenendo numerosi successi; cadde sul campo di battaglia.
Plutarco nella sua Vita di Catone il giovane narra un aneddoto in cui compare Poppedio Silone; egli, avendo fatto una visita a casa dell'amico Marco Livio Druso, il famoso tribuno fautore dell'estensione della cittadinanza romana a tutti i popoli italici, chiese ai due bambini, Quinto Servilio Cepione e Marco Porcio Catone, presenti in casa:
"Orsù, fate in modo che in favore nostro preghiate lo zio ad adoperarsi per i nostri diritti."
Servilio Cepione, annuiva, ma il fratellastro Marco Catone Uticense non rispondeva; Poppedio Silone soggiunse:
"Non sei capace di aiutare gli ospiti presso lo zio, come tuo fratello?".
Allora per farlo parlare Poppedio Silone sollevò a testa in giù il piccolo Catone, tenendolo per i piedi, ma nonostante ciò il bambino continuò stoicamente a non rispondere, vista tale ostinazione Silone disse:
"Quale fortuna per l'Italia che questi è un fanciullo; poiché se fosse stato adulto credo che neppure un voto ci sarebbe stato per noi nell'assemblea popolare"[3].
Livio Druso venne assassinato per aver perorato la causa degli Italici al Senato romano; questo evento favorì l'inizio della Guerra sociale[4].
Al comando di Quinto Poppedio Silone militavano le forze dei Marsi, dei Peligni, dei Vestini, dei Marrucini e dei Frentani[5]. Nel 90 a.C. batté i Romani guidati da Quinto Cepione e, in ricordo di questa vittoria, gli Italici coniarono monete incise con un'icona del proprio giuramento e la scritta Q. SILO (Quintus Silo = Quinto Poppedio Silone).
Nell'89 a.C. perse contro i Romani guidati da Gaio Mario in due battaglie, ad Alba Fucens e in Val Comino. Successivamente sconfisse e uccise il comandante romano Lucio Porcio Catone[6], ma non riuscì a difendere la capitale della lega italica, Corfinium, che fu occupata dalle forze romane. Nello scontro finale contro il generale romano Mamerco Emilio il condottiero marso fu sconfitto e cadde in battaglia nell'88 a.C., forse per mano dello stesso generale, fratello dell'amico Livio Druso, nei pressi di Teanum Apulum[7][8].