Il purismo fu un movimento pittorico, sorto in Italia nel XIX secolo che proponeva, sulla scia dei Nazareni, un ritorno all'arte di ispirazione religiosa e la rivalutazione dell'arte del Trecento e del Quattrocento.
Storia
Il termine fu coniato intorno al 1838 dal classicista e pittore Antonio Bianchini[1], riferito a quei pittori che intendevano rifarsi agli artisti primitivi italiani da Cimabue al primo Raffaello, in analogia con quanto avveniva in ambito letterario, dove si riproponevano forme linguistiche pure ispirate al Trecentotoscano. Per questo si può parlare di loro come di preraffaelliti avanti lettera[2].
Principale interprete del movimento a Roma fu Tommaso Minardi, di cui il Bianchini diverrà allievo dedicandosi alla pittura, che già nel 1834, in una prolusione alla Pontificia Accademia di Belle Arti di San Luca, riassumendo i termini del dibattito, poneva come punto principale la svalutazione della pittura del Raffaello maturo, che i puristi rifiutavano, proprio perché in quelle opere vedevano i germi delle astratte convenzioni neoclassiche. I puristi intendevano sostituire all'imitazione dei classici, sinonimo di falsità, una semplice, chiara e conveniente dimostrazione delle cose rappresentate, da non confondere con le poetiche del vero, che verranno solo dopo e alle quali questi artisti sono estranei.[3] Furono influenzati, inoltre, anche dall'opera di Jean-Auguste-Dominique Ingres e di Lorenzo Bartolini.
Con la prima Esposizione italiana del 1861, svoltasi a Firenze, le fortune del purismo cominciano a declinare, soppiantato dai nuovi stili dei macchiaioli e dalle nuove poetiche veriste.
^abCfr. Renato Barilli, Storia dell'arte contemporanea in Italia: Da Canova alle ultime tendenze, Bollati Boringhieri, 2007.
^ Nell'interpretazione di Renato Barilli, anzi, le poetiche del vero sono un ritorno involutivo (senza connotazione negativa) al clima moderno (inteso, accademicamente, come precedente al contemporaneo) dai quali il Neoclassicismo e i Nazareni si allontanano, rappresentando l'alba del contemporaneo, cfr R. Barilli, Storia dell'arte contemporanea.., cit.