Il console romano Publio Cornelio Scipione è un personaggio ricordato nell'eredità storica culturale della seconda guerra punica e in alcune opere della moderna cultura di massa.
Letteratura
L'altro grande protagonista della seconda guerra punica, oltre ad Annibale, che ha lasciato il suo segno nella storia è Scipione l'Africano, il primo comandante militare romano a essere onorato col nome del popolo da lui vinto. Si racconta che l'entusiasmo del popolo romano, dopo il suo ritorno dall'Africa, fosse così grande da volerlo proclamare console e dittatore perpetuo. Ma Scipione rifiutò redarguendo severamente la folla che intendeva elevarlo a un potere di fatto, se non di nome, pari a quello di un re.[1] Una moderazione questa di Scipione che susciterà l'ammirazione di Cicerone ma che non trova conferma nella condotta politica dell'Africano che, pur formalmente rispettando le istituzioni repubblicane, riuscì a far eleggere al consolato ben sette membri della sua famiglia e addirittura ad avere tra i senatori due suoi clienti ottenendo così il pieno controllo della politica romana[2]. Non a caso dunque gli storici moderni vedono in lui quello che per primo esaltò l'azione personale dei grandi politici-militari e delle loro famiglie, considerandolo per questo il precursore del cesarismo:
«...nonostante ogni affermazione in contrario, egli al di sopra di Roma vide sempre se stesso e, pur nella sottomissione apparente agli ordini del senato, nella Spagna, come nella Sicilia, nell'Africa come nell'Asia Minore, fece sempre secondo la sua volontà, appellandosi o minacciando di appellarsi demagogicamente alla piazza quando, indispettito, vedeva ostacolati i suoi progetti.[3]»
In realtà la cultura ellenica, che si era caratterizzata per l'esaltazione delle singole personalità come quelle di Filippo II di Macedonia e di suo figlio Alessandro Magno, aveva trovato in Roma dei seguaci nella nobiltà romana e nella famiglia degli Scipioni e un cantore in Quinto Ennio (239 a.C-169 a.C.) che vedeva in Scipione l'Africano un personaggio romano all'altezza di quei grandi protagonisti orientali. Scipione aveva corroborato questa impressione con il suo individualismo e protagonismo quando in Spagna era stato acclamato come re e quando in Oriente aveva trattato come un loro pari con i sovrani ellenistici quasi fosse il portatore della politica romana e non un semplice portavoce del Senato. Ennio che già aveva esaltato con l'Ambracia la gloria militare di Marco Fulvio Nobiliore celebrava ora Scipione in Scipio[4] un poema storico epico a lui dedicato come eroe dalla gloria imperitura. Catone il censore, che aveva da sempre combattuto questa ellenizzazione dei costumi romani, aveva ben compreso a cosa avrebbe condotto questa deriva personalistica stroncando il clan degli Sciponi con una serie di processi a loro intentati (187 a.C.) e costringendo a vita privata l'Africano e contrapponendo agli Annales di Ennio le sue Origenes dove evidenziava la sua concezione della potenza mondiale romana voluta dagli dei basata non sull'eroismo dei singoli ma sui valori della intera società romana.[5]
Così anche lo vede Dante che lo cita nel Convivio, nella Monarchia e in ognuna delle tre cantiche, come colui che la divina Provvidenza aveva fatto strumento del proprio progetto di conferire a Roma l'Impero più grande del mondo.
Scipione è l'eroe di Petrarca nel poema in latino Africa che ripropone la visione elogiativa di Livio del condottiero romano.
Scipione è menzionato anche nel Principe di Machiavelli nel capitolo XVII dal titolo "Per quanto riguarda la crudeltà e la clemenza, e se è meglio essere amato che temuto". John Milton menziona Scipione nel libro IX del Paradiso perduto dove accenna ad Alessandro il Grande ed a Scipione l'Africano, che si attribuivano un'origine divina, dicendo di essere stati generati da Giove trasformato in serpente.[6][7]
Scipione è il protagonista della trilogia a lui dedicata, scritta interamente dallo scrittore spagnolo Santiago Posteguillo.
Il celebre stratega militare britannico Sir Basil Lidell Hart dedica un saggio a Scipione, in cui analizza le sue campagne in Spagna, Nord Africa e Grecia, definendolo "il più grande comandante della storia".[8]
La moderazione di Scipione è stato un motivo ricorrente nella letteratura esemplare e nell'arte dove viene esaltata la sua clemenza verso i vinti[9][10]
Scipione è citato nel testo del canto risorgimentale Il Canto degli Italiani. Precisamente, nella strofa l'Italia s'è desta, dell'elmo di Scipio s'è cinta la testa. Il riferimento venne fatto da Goffredo Mameli con un particolare significato: l'Italia ha di nuovo sulla testa l'elmo di Scipione l'Africano, il quale sconfisse Annibale e i Cartaginesi nella battaglia di Zama. L'Italia, quindi, è tornata a combattere per ottenere la libertà ed essere unita; così come Scipione aveva, in fondo, liberato il suolo italico antico dai Punici, la nuova Italia sorgerà scacciando il nuovo straniero.
Nel videogioco per smartphone Rise of Kingdoms, è il primo comandante giocabile se si sceglie di iniziare il gioco con la civiltà romana.
Fumetti
Publio Cornelio Scipione è, insieme ad Annibale, il protagonista del manga Ad Astra - Scipione e Annibale, di Mihachi Kagano, incentrato sulla prima parte della vita dei due condottieri e, in particolare, sulla seconda guerra punica.
^Tommaso Gnoli, Scipione l'Africano, Enciclopedia dei ragazzi, Treccani (2006)
^E. V. Marmorale, Primus Caesarum, «GIF» 19, 1966 p.12
^Poemetto epico-encomiastico, del quale restano solo 14 versi, dedicato a Publio Cornelio Scipione, nel quale il condottiero viene descritto come perfetto exemplum di vir romanus
^Giuseppe Zecchini, Storia della storiografia romana, Giuseppe Laterza & Figli, 2016, passim
André Piganiol, Le conquiste dei romani, Milano, Il Saggiatore, 1989.
Howard H.Scullard, Storia del mondo romano. Dalla fondazione di Roma alla distruzione di Cartagine, collana BUR, vol.I, Milano, Rizzoli, 1992, ISBN978-88-17-11903-0.
Karl-Heinz Schwarte: Publius Cornelius Scipio Africanus der Ältere – Eroberer zwischen West und Ost. In: Karl-Joachim Hölkeskamp, Elke Stein-Hölkeskamp (Hrsg.): Von Romulus zu Augustus. Große Gestalten der römischen Republik. Beck, München 2000, S. 106–119, ISBN 3-406-46697-4.