La datazione del polittico di basa su scarsi documenti e su questioni stilistiche. Si sa che nel 1478 era già completo e installato in chiesa, mentre sulla base delle affinità con altre opere si può circoscrivere al 1470-1473 circa la data di esecuzione. Per una certa influenza di Niccolò Alunno nella predella, l'opera secondo Federico Zeri dovrebbe essere anteriore al Polittico del 1472, quindi riferibile al 1471 circa.
Ignorato dalle fonti antiche come Luigi Lanzi o Amico Ricci, il polittico subì una sorte analoga nei primi studi critici sull'attività dell'artista, come quelli di Crowe-Cavalcaselle, o di Rushforth (1900), che tuttavia citò la Madonna a Bruxelles, suo scomparto centrale.
Riscoperto solo più tardi, quando ormai era irrimediabilmente smembrato, è oggi considerata un'opera cardine del catalogo crivellesco. Fu smembrato nel XIX secolo, come ricorda un documento del 1872 riferito a qualche anno prima: «i P.P. francescani vendettero, con dispiacere del paese, alcuni quadri del Crivelli per oltre mille scudi... con il pretesto di restaurare il convento». La parte centrale passò per le mani dell'antiquario romano Vallati, presso il quale, nel 1858, fu visto da Mündher. Un anno dopo la Pietà entrava alla National Gallery di Londra.
Una prima ricostruzione del polittico fu proposta da Zampetti nel 1952, a cui Federico Zeri associò una prima ricomposizione della predella, riconsiderando l'intero insieme (1961).
Descrizione
Il polittico è organizzato su due registri, uno centrale con figure a dimensione intera e uno superiore con mezze figure sotto arcatelle. Anche la predella, in basso, doveva mostrare tredici scomparti con mezze figure organizzate come se si affacciassero da un loggiato e rappresentanti Gesù benedicente al centro degli apostoli; è anche possibile che i pannelli di predella fossero di meno.
Il Polittico di Montefiore dell'Aso, assieme al Polittico di Porto San Giorgio e quello di Ascoli rappresenta il momento centrale, di massima autonomia e creatività , nell'arco creativo del Crivelli. Alla consueta esuberanza decorativa, l'artista fuse infatti una forte componente psicologica di ciascun personaggio, che evita però, a differenza di altre opere, di scivolare nel grottesco. Sottilissime appaiono anzi le corrispondenze e le analogie tra le varie figure, legate a una ricerca spirituale spesso acutissima.
E dai fiamminghi il Crivelli resta lontano anche nella rappresentazione degli oggetti: "stoffe, ricami e nastri perdono la loro natura tessile; l'oro del fondo non è sostanzialmente diverso da quello degli oggetti..." (Bottero).
Bibliografia
Pietro Zampetti, Carlo Crivelli, Nardini Editore, Firenze 1986. ISBN non esistente