Pian della Tortilla è il primo romanzo di successo dello scrittore John Steinbeck. Scritto nel 1935, tratta in modo comico e surreale della vita di un gruppo di paisanos. Le storie che sono raccontate hanno come comune denominatore la vita di queste persone alla perenne ricerca di qualche soldo per un goccio di vino.
Il tenore del romanzo si capisce sin dall'inizio, quando l'autore paragona la casa di Danny alla Tavola Rotonda e i suoi amici ai Cavalieri, nominando Re Artù, Orlando e Robin Hood.
Il gruppo di amici ha una visione della vita differente da quella dominante: per loro la prigione è un buon posto dove smaltire sbornie, incontrare amici, rilassarsi e mangiare regolarmente. Una proprietà immobiliare e la ricerca della ricchezza, invece, possono diventare un peso che fa perdere di vista le cose importanti come l'amicizia, l'allegria e la condivisione. Molto meglio, a volte, vivere con dei cani in un pollaio oppure dormire nei boschi dove capita senza affannarsi e arrangiandosi qua e là, magari con qualche furtarello o piccoli imbrogli per procurarsi un po' di vino .
«Monterey sorge sul pendio di una collina, e ha dinanzi una baia azzurra, una foresta di alti pini oscuri alle spalle. I quartieri bassi della città sono abitati da americani, italiani che pescano e imbarilano pesce. Ma su, dove città e foresta si confondono, dove le strade sono ancora immuni di asfalto e le cantonate ignorano la servitù della luce elettrica, sta addensata, come nel Galles i britanni, la più antica popolazione di Monterey. È la popolazione cosiddetta dei paisanos.[1]»
Periodo d'ambientazione
Il periodo è quello della Grande depressione degli anni Trenta quando imperversava la miseria e la vita era ancora più dura per le minoranze etniche, come quella ispanica, socialmente marginalizzata rispetto ai bianchi.
«Ho scritto queste storie perché sono storie vere e perché mi piacevano. Ma le sentinelle della letteratura hanno considerato i miei personaggi con la stupidità delle duchesse che si divertono coi contadini e li compiangono. Queste storie sono pubblicate ed io non le posso più riprendere, ma non sottometterò più al contatto degradante della gente perbene questi bravi esseri fatti di allegria e di bontà, di cortesia ben superiore a tutte le smancerie. Se ho causato loro dei torti raccontando qualcosa delle loro storie, me ne dispiace. Ciò non avverrà più. Adios, monte![2]»