Da allora il titolo di shogun divenne ereditario e il Giappone incominciò a essere governato da una oligarchia militare (bakufu): con lo shogunato, le élite e la popolazione si divisero in caste, pertanto si creò un'organizzazione sociale per certi versi simile ai sistemi feudali occidentali controllata dai samurai, dai gokenin, basata sulla concessione di terre ai militari e sul rapporto signore-vassallo. Quindi questo periodo fu favorevole ai samurai, alle caste militari, e si assistette allo sdoppiamento della gestione del potere, in mano agli emergenti militari ma ancora condizionato dagli imperiali. Nel 1274 e nel 1281 vi furono gli unici tentativi di invasione del Giappone dall'estero, ma le imponenti flotte nemiche (quarantamila uomini la prima volta e centocinquantamila la seconda) furono spazzate via da una tempesta che venne interpretata dai giapponesi come un kamikaze o "vento divino".
Questa situazione di incertezza aiutò la nascita e la diffusione di nuove correnti religiose, come il Buddhismo Zen e il Sutra del Loto di Nichiren.[2] In questo periodo venne codificato il Bushidō ("via del guerriero"), incentrato sui valori di disciplina, obbedienza, lealtà e coraggio.
In questo periodo Marco Polo parla del Giappone chiamandolo Cipangu o Zipangu, secondo il racconto che gli è stato fatto in quanto non vi ha mai messo piede:
«Zipangu è una isola in levante, ch’è ne l’alto mare 1.500 miglia. L’isola è molto grande. Le gente sono bianche, di bella maniera e elli. La gent’è idola, e no ricevono signoria da niuno se no da lor medesimi. Qui si truova l’oro, però n’ànno assai; neuno uomo no vi va, però neuno mercatante non ne leva: però n’ànno cotanto. Lo palagio del signore de l’isola è molto grande, ed è coperto d’oro come si cuoprono di quae di piombo le chiese. E tutto lo spazzo de le camere è coperto d’oro grosso ben due dita, e tutte le finestre e mura e ogne cosa e anche le sale: no si potrebbe dire la sua valuta. Egli ànno perle assai, e son rosse e tonde e grosse, e so’ piú care che le bianche. Ancora v’àe molte pietre preziose; no si potrebbe contare la ricchezza di questa isola.»
Architettura
Per quanto riguarda l'architettura il periodo Kamakura si caratterizzò per uno stile più semplice e meno elegante di quello Heian. In quegli anni si manifestò l'influenza della cultura cinese e del Buddhismo Zen nella realizzazione dei templi che seguirono lo stile cinese karayō e con minore diffusione lo stile indianotenjikuyō, proveniente dalla Cina meridionale.[1] Nel periodo Kamakura, comunque, lo stile più diffuso fu l'antico stile giapponese wa-yō, che comprendeva ancora molti elementi dello stile Heian. Tra gli esempi più importanti si può citare il Kōfuku-ji di Nara.
Scultura
Nel periodo Kamakura la scultura divenne florida perché numerose statue raffiguranti divinità buddhiste vennero ricostruite in uno stile e in uno spirito vigoroso e realistico. Il realismo che trionfò in questo periodo fu motivato dall'esigenza di diffondere il Buddhismo ai ceti popolari, dalle tendenze dei militari, dalla riscoperta dell'arte Nara e dall'influenza dell'arte cinese Song.[1] L'arte Nara fu riadattata e combinata armoniosamente con il realismo Kamakura da artisti importanti quali Kōkei. Gli esempi più emblematici risultarono la grandiosa statua in bronzo dell'Amitabha Buddha del Kōtoku-in di Kamakura realizzata nella metà del XIII secolo, e le sculture da ritratto dei santi buddhisti Asaṅga e Vasubandhu.
Pittura
Anche nella pittura fu il realismo a caratterizzare lo stile della scuola yamato-e, evidenziato dall'attenzione per le linee del disegno, per il colore, per la narrazione e per i particolari. Le opere acquisirono maggiore naturalezza e vitalità scenica come nel Manuale degli Inferni (Museo Nazionale di Tokyo) e nel Manuale degli Spettri Affamati (tempio Raigō). Anche la ritrattistica laica fu pervasa dal realismo e da una grande espressività, che condurrà alla nascita della pittura paesaggistica.[1]
Arti minori
Tra le arti minori si distinse la produzione di ceramica, che si ispirò al vasellame cinese chien (Song). Per gli oggetti in lacca si utilizzarono le tecniche makie e kamakura bori. Pregevole risultò la produzione di armi e di armature (in particolare le tecniche di forgiatura di spade raggiunsero la loro acme), invece non fu molto elaborata e molto elegante la produzione tessile.
Letteratura
Nel periodo Kamakura vi fu una notevole influenza della lingua cinese, una semplificazione grammaticale e un avvicinamento della lingua scritta a quella parlata, oltreché una grande diffusione del katakana. I generi letterari più importanti furono per la poesia il waka e il renga, mentre per la prosa il gunki monogatari e il setsuwa.[3] Tra le tematiche più diffuse si possono citare quelle sentimentali e quelle naturalistiche per la lirica, la realtà contemporanea nella prosa.