La pensione di reversibilità, in Italia, è la quota parte della pensione complessiva che spetta ad uno dei due coniugi al sopraggiungere della morte dell'altro.
Venne introdotta col regio decreto legge 14 aprile 1939-XVII, n. 636 - convertito in legge 6 luglio 1939, n. 1272 - come misura di tutela delle donne che non avessero una pensione propria e che, alla morte del coniuge, restavano prive di un reddito minimo. Nel secondo dopoguerra varie sentenze della Corte costituzionale della Repubblica Italiana hanno annullato leggi che negavano la reversibilità in base alla differenza di età tra i coniugi e alla durata del matrimonio (n. 587/1988, 123/1990, 189/1991, 450/1991). Altrove si è stabilito che è lecita una riduzione progressiva e proporzionale del quantum (n. 211/1997 e n. 416/1999), ma non negare l'an dello stesso trattamento previdenziale, aspetti nettamente distinti dal punto di vista giuridico (non da quello economico), come per le norme annullate in precedenza, che precludevano in determinati casi l'accesso al trattamento pensionistico tout court. Intendendo nel merito la mancata rivalutazione della disoccupazione involontaria; ovvero pongono in essere requisiti eccessivamente gravosi che privano in sostanza di ogni tutela previdenziale il lavoratore (n. 436/1988). Con sent. 822/1988, ha stabilito che:
«non può dirsi consentita una modificazione legislativa che, intervenendo o in una fase avanzata del rapporto di lavoro oppure quando già sia subentrato lo stato di quiescenza, peggiorasse, senza una inderogabile esigenza, in misura notevole ed in maniera definitiva, un trattamento pensionistico in precedenza spettante, con la conseguente irrimediabile vanificazione delle aspettative legittimamente nutrite dal lavoratore per il tempo successivo alla cessazione della propria attività lavorativa, [..]frustrando così anche l'affidamento del cittadino nella sicurezza pubblica che costituisce elemento fondamentale ed indispensabile dello Stato di diritto[1]»
Nel caso specifico, veniva ridotta di 2/3 la pensione precedente spettante. Con sent. 345/1988, viene affermato <<che il principio della proporzionalità ed adeguatezza della pensione, enunciato dai suindicati parametri costituzionali (art. 36 e 38), non comporta che "il livello della pensione... debba poter attingere il traguardo della integrale coincidenza con la retribuzione goduta all'atto della cessazione del servizio (sentt. n. 26/1980; n. 349/1985; n. 173/1986; ord. n. 44/1985)>>. <<Il principio della valutazione discrezionale del legislatore (Sent. n. 62 del 1980) in ordine ai livelli pensionistici", che intende lasciare al legislatore ordinario la libertà di fissare il rapporto tra retribuzione e pensione secondo criteri valutati, momento per momento, come più opportuni, va comunque inteso nel senso che "è compito della legge ordinaria stabilire se "il livello della pensione debba poter attingere il traguardo della integrale coincidenza con la retribuzione goduta all'atto della cessazione dal servizio"[2]. Pertanto, il rapporto fra pensione e retribuzione (ed ora fra pensione e contributi versati) non è predeterminato, ma la discrezione del legislatore nel fissare tale rapporto deve comunque tendere al 100%.
L'art. 18, comma 5 del decreto legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito in legge 15 luglio 2011, n. 111 aveva introdotto limitazioni alla quota percentuale della pensione spettante ai superstiti dell'assicurato o pensionato deceduto, per contrastare la pratica dei matrimoni cosiddetti "di comodo" (la riduzione, che operava nei casi in cui il matrimonio era stato contratto ad età del pensionato superiore a 70 anni e la differenza di età tra i coniugi era superiore a 20 anni, era pari al 10% per ogni anno di matrimonio mancante rispetto al numero di 10), ma la Corte costituzionale, con sentenza 15 giugno - 14 luglio 2016, n. 174, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale della presente norma. Il decreto del 2011 non prevede un minimo del trattamento pensionistico da corrispondere comunque, anche ai coniugi con differenza di età pari a 20 e sposati da meno di un anno, perché non si verifichi la negazione dell'an del trattamento.
La reversibilità è una prestazione di natura previdenziale (retributiva o contributiva, comunque pagata dal lavoratore), non di natura assistenziale in cui entrano in campo logiche equitative.
Hanno diritto alla pensione:
In mancanza del coniuge, dei figli e dei nipoti la pensione può essere erogata:
In mancanza del coniuge, dei figli, dei nipoti e dei genitori la pensione può essere erogata:
Riguardo ai criteri di valutazione per ripartizione quote di reversibilità fra vedova ed ex moglie (in caso di divorzio), come ribadito nella sentenza della Corte di Cassazione, sez. I Civile, sentenza 2 dicembre 2013 – 14 marzo 2014, n. 6019
Il lavoratore deceduto, non pensionato, deve aver maturato, in alternativa:
Il superstite del lavoratore assicurato al 31.12.1995 e deceduto senza aver perfezionato i requisiti amministrativi richiesti, può richiedere l'indennità per morte, se:
La domanda per ottenere l'indennità in parola deve essere presentata, a pena di decadenza, entro un anno dalla data del decesso del lavoratore assicurato.
Il superstite di lavoratore assicurato dopo il 31.12.1995 e deceduto senza aver perfezionato i requisiti amministrativi richiesti, può richiedere l'indennità una-tantum, se:
Il diritto all'importo in questione è soggetto alla prescrizione decennale.
La domanda può essere inoltrata esclusivamente in via telematica attraverso uno dei seguenti canali:
La domanda vale anche come richiesta dei ratei di pensione maturati e non riscossi dal deceduto.
La pensione ai superstiti decorre dal 1º giorno del mese successivo a quello del decesso del lavoratore ovvero del pensionato, indipendentemente dalla data di presentazione della domanda.
L'importo spettante ai superstiti è calcolato sulla base della pensione dovuta al lavoratore deceduto ovvero della pensione in pagamento al pensionato deceduto applicando le percentuali previste dalla legge 8 agosto 1995, n. 335:
Nel primo caso pensione ai superstiti liquidata a decorrere dal 1.9.1995 viene ridotta se il titolare possiede altri redditi. Le pensioni ai coniugi superstiti aventi decorrenza dal 1º gennaio 2012 nei casi in cui il deceduto abbia contratto matrimonio ad un'età superiore a 70 anni; la differenza di età tra i coniugi sia superiore a 20 anni o il matrimonio sia stato contratto per un periodo di tempo inferiore ai dieci anni non sono più soggette ad una riduzione dell'aliquota percentuale per un criterio sancito dalla Corte Costituzionale con sentenza 15 giugno - 14 luglio 2016, n. 174. La decurtazione della pensione ai superstiti non opera comunque qualora vi siano figli minori, studenti o inabili.
Il diritto alla pensione ai superstiti cessa nei seguenti casi:
La cessazione della contitolarità di uno o più soggetti determina la riliquidazione della prestazione nei confronti dei restanti beneficiari, calcolando la pensione dalla decorrenza originaria con gli incrementi perequativi e di legge intervenuti nel tempo, in base alle aliquote di pertinenza dei restanti contitolari.
Nonostante le pensioni di vecchiaia e relativi trattamenti di reversibilità siano calcolati da anni col metodo contributivo, la legislazione non tiene conto degli anni di effettivo godimento della pensione di vecchiaia da parte del lavoratore, prima del decesso: a parità di contributi versati, la pensione in altre parole è ridotta al 60% sia che il lavoratore sia deceduto dopo avere riscosso per 20 annui la pensione "piena", che per il lavoratore che muoia dopo un anno dall'inizio della pensione. Una ripartizione più "equa" dovrebbe prevedere un periodo minimo di anni cumulato fra lavoratore e coniuge superstite, in cui la pensione comunque spetta al 100% del trattamento iniziale e non subisce decurtazioni nel caso di morte prematura del lavoratore. In maniera simile, non sono previsti coefficienti di adeguamento per le cosiddette Baby pensioni.
La pensione di reversibilità di vedova si può cumulare con una (o più) pensioni di reversibilità di un ex coniuge divorziato. L'incumulabilità non si applica in presenza di contitolari appartenenti al medesimo nucleo familiare.[3] Quando il titolare di un assegno sociale o pensione sociale diventa titolare di pensione ai superstiti, perde contestualmente il diritto a dette prestazioni di natura assistenziale, che pertanto vengono revocate dalla data di decorrenza della nuova pensione, anche se a carico di Ente diverso dall'INPS[4] Vanno, invece, solo ricostituite se derivano da invalidità civile, essendo il reddito dell'anno precedente, in base alla normativa di riferimento, il requisito per la loro concessione o revoca.[5]
Pensione ai superstiti, su inps.it. URL consultato il 18 Febbraio 2016 (archiviato dall'url originale il 21 febbraio 2016).
Lokasi Pengunjung: 3.144.123.8