Si compone di tre corpi di fabbrica, disposti in pianta in forma di «H»: due corpi laterali minori di 4 piani inquadrano il corpo principale di 8 piani, preceduto da un cortile privato adibito a parcheggio. Una rampa dà accesso a un'autorimessa interrata.[3]
Le facciate, quasi interamente vetrate, si caratterizzano per la presenza sul corpo principale di frangisole continui azionabili elettricamente. Le parti non vetrate sono rivestite con tesserine di litoceramica bianca.[4]
^ Maurizio Grandi e Attilio Pracchi, Milano. Guida all'architettura moderna, Bologna, Zanichelli, 1998 [1980], p. 313, ISBN88-08-05210-9.
^ Maurizio Boriani, Corinna Morandi e Augusto Rossari, Milano contemporanea. Itinerari di architettura e urbanistica, Santarcangelo di Romagna, Maggioli, 2007, p. 109, ISBN978-88-387-4147-0.
Ignazio Weiss, Stile di un'industria, in Selearte, n. 23, marzo-aprile 1956, p. 11, ISSN 0037-1173 (WC · ACNP).
Agnoldomenico Pica, Architettura italiana ultima, Milano, Edizioni del Milione, 1959, p. 22, ISBN non esistente, SBNSBL0505231.
George Everard Kidder Smith, Guida della nuova architettura in Europa, traduzione di traduzione italiana di Giuliana Baracco De Carlo, Milano, Edizioni di Comunità, 1963, p. 213, ISBN non esistente, SBNUFI0099409.
Alberto Galardi, Architettura italiana contemporanea 1955-1965, Milano, Edizioni di Comunità, c. 1967, pp. 148-149, ISBN non esistente, SBNSBL0106905.
Germano Celant, Marcello Nizzoli, Milano, Edizioni di Comunità, 1968, pp. 128-131, ISBN non esistente, SBNUFI0108591.