L'edificio ha origini incerte e risulta già localizzabile nella pianta della città di Grosseto del colonnello Odoardo Warren del 1749, seppure con lievi modifiche strutturali.[1] Il palazzo fu proprietà del dottore senese Giulio Moschini, che lo cedette poi ai fratelli Pozzi, i quali ampliarono l'edificio (1821-1823) per permettergli di ospitare la sede del Tribunale della Regia Ruota criminale e civile di Grosseto.[1][2]
Nel 1885 il palazzo fu oggetto di una radicale opera di ristrutturazione, ad opera dell'ingegnere Gherardo Gherardi, e fu adibito a sede delle Regie Poste centrali.[1][2] Disposto inizialmente su due piani, fu rialzato di un piano nel 1908.[2] Quando l'ufficio postale fu trasferito fuori dalla cinta muraria nel nuovo palazzo delle Poste ultimato nel 1932, l'edificio ospitò l'Intendenza di finanza.[1][2]
Il palazzo fu assegnato all'Archivio di Stato di Grosseto nel 1980, anno in cui iniziarono i lavori di adeguamento dello stabile che fu infine inaugurato nel maggio 1983.[1][2]
Descrizione
Palazzo Moschini si presenta come un edificio a pianta rettangolare, disposto su tre livelli, di cui l'ultimo aggiunto nel 1908. L'accesso avviene attraverso un portale d'ingresso situato nella parte centrale della facciata.[2]
Nell'atrio del palazzo è conservato uno degli originari padiglioni in legno decorato dell'ufficio postale.
Mariagrazia Celuzza e Mauro Papa, Grosseto visibile. Guida alla città e alla sua arte pubblica, Arcidosso, Edizioni Effigi, 2013.
Letizia Franchina (a cura di), Tra Ottocento e Novecento. Grosseto e la Maremma alla ricerca di una nuova immagine, Monteriggioni, Grafiche Bruno, 1995.
Fiorenza Gemini (a cura di), Archivio di Stato di Grosseto, Viterbo, BetaGamma Editrice, 2008.
Mario Innocenti e Elena Innocenti, Grosseto: briciole di storia. Cartoline e documenti d'epoca 1899-1944, edizione riveduta e corretta, Grosseto, Editrice Innocenti, 2005.
Marcella Parisi, Grosseto dentro e fuori porta. L'emozione e il pensiero, Siena, C&P Adver Effigi, 2001.