Nepi è un comune italiano di 9 284 abitanti della provincia di Viterbo nel Lazio.
Il territorio comunale nepesino si estende su una vasta area nota come Agro Falisco, delimitato a sud e sud-ovest dai Monti Sabatini, a nord-ovest dai Monti Cimini e dalla Valle del Tevere a nord e ad est.
Benché il paesaggio dell'Agro Falisco appaia in lontananza come un'unica e piatta vallata, mossa solo da modeste collinette, l'immagine di questo territorio muta completamente non appena si decide di addentrarcisi, anche solo transitando sulle strade principali che lo attraversano. Profonde gole e burroni si aprono come squarci nel terreno. Luoghi suggestivi e spesso ancora selvaggi, caratterizzano fortemente il paesaggio di questi luoghi.
Le “Forre”, che rappresentano l'elemento geomorfologico caratteristico del territorio, sono delle larghe valli delimitate da pareti sub-verticali scavate dalla millenaria azione erosiva dei torrenti sul substrato vulcanico, depositatosi a seguito delle attività eruttive dei due complessi vulcanici, Vicano in misura maggiore, e Sabatino, datate tra 600.000 e circa 20.000 anni fa. Il protrarsi dell'erosione da parte dei due corsi d'acqua confluenti facenti parte de bacino del fiume Treja, Rio Falisco a nord e Rio Puzzolo a sud, ha isolato uno sperone tufaceo di forma triangolare, delimitato da pareti sub-verticali, dove é edificato il centro storico del paese. L'adattamento dell'uomo a questa morfologia, è la matrice degli sviluppi architettonici e soprattutto urbanistici di ogni insediamento nell'area. I "Cavoni", caratteristiche vie tagliate di epoca pre-romana, sono vie di comunicazione che univano le Forre coi pianori tufacei, costituiti da fenditure continue operate dall'uomo nella roccia vulcanica delimitate da pareti verticali.
In questo contesto si inserisce l'abitato di Nepi, città sorta in epoca antica. La morfologia stessa del territorio ha facilitato l'insediamento umano, avendo creato dei luoghi già di per sé difesi naturalmente e difficilmente accessibili. Inoltre la consistenza del tufo locale, ha favorito sin dalle epoche più remote la creazione di insediamenti rupestri e di necropoli.
Queste valli furono abitate sin dalla più remota preistoria. Numerosi sono stati infatti i ritrovamenti archeologici di utensili in pietra scheggiata e frammenti di vasi con segni di cottura. Questi insediamenti rupestri furono abitati quindi per lungo tempo, dal neolitico all'inizio dell'età del ferro. Al centro di questo territorio, si trova la Valle Suppentonia, ovvero la forra che partendo da Nepi, giunge fin quasi sotto Civita Castellana, dove il fosso del Ponte si getta nel Treja. La particolarità di questa lunga forra è quella di raggiungere dimensioni molto rilevanti, specie nei pressi di Castel Sant'Elia, superando in alcuni punti i cento metri di altezza. Le sue pareti spesso a perpendicolo, sono rivestite di una rigogliosa e spesso impenetrabile vegetazione; numerose sono le cascate formate dai torrenti che scorrono nel fondovalle.
il clima è mite, umido in inverno e secco in estate.
Nepi: l'antica Nepet o Nepete, deriverebbe il suo nome dalla parola etrusca Nepa, ovvero acqua. Quindi Nepi è "città delle acque", tanto da portare i segni di questo ancestrale legame nel nome stesso. La leggenda della sua fondazione ci parla di un particolare serpente acquatico, adorato da questi antichi popoli come divinità, il quale uscì allo scoperto mentre il mitico fondatore Termo Larte[4] era intento a tracciare il solco del pomerio del nuovo insediamento. Questo venne interpretato come simbolo di buon auspicio e la città venne consacrata alla divinità che aveva voluto manifestarsi proprio durante il sacro atto della fondazione. Un'altra interpretazione del nome vorrebbe collegarlo con una divinità mediorientale che aveva fattezze di scorpione[5], mettendo in relazione questo animale con la forma che i torrenti formano intorno allo sperone su cui sorge la città[6]. Ancora un animale legato all'acqua. Serpenti, scorpioni; in ogni caso il rapporto fortissimo che da sempre Nepi ha avuto con l'acqua è evidente. La quantità di torrenti e fonti, d'acque ferruginose, solforose e minerali, di solfatare, ancora oggi palesa la caratteristica di questo territorio.[7]
Numerosi ritrovamenti archeologici nel territorio circostante testimoniano il popolamento dell'area in epoche antiche. In particolare due insediamenti vicini alla città, il Pizzo e Torre Stroppa, sono fiorenti fino all’età del bronzo finale (XI secolo a.C.). Dopo un periodo di spopolamento, nel corso del quale i gruppi residenti contribuirono a formare la grande città di Veio e Poggio Sommavilla, durato circa un secolo, le tracce archeologiche indicano un inizio dell’occupazione dello sperone tufaceo di Nepi a partire dal secolo VIII a.C. Da questo momento e fino alla conquista romana il centro urbano di Nepi fu parte integrante del territorio narcense e le sue produzioni artigianali mostrano affinità con quelle della vicina Falerii (attuale Civita Castellana, i cui abitanti erano appunto i Falisci).
La prima notizia documentata è quella riportata da T. Livio, in cui si evince che nel 383 a.C. Nepi è alleata con Roma. L'epoca è quella in cui la nascente potenza romana sta via via conquistando le zone di influenza etrusca e falisca. Nepi e Sutri sono definite proprio da T. Livio «Claustra Etruriae» e «Antemuralis Etruriae» proprio per l'importanza strategica di questi due antichi insediamenti. Il periodo romano la vede diventare "municipium", città ricca e potente. Numerosi i resti archeologici a noi pervenuti di quel periodo. Le ville patrizie disseminate nel territorio, l'anfiteatro, le cosiddette "Terme dei Gracchi", mausolei lungo la via Amerina-Annia, cippi, statue e molteplici lapidi.
Durante la seconda guerra punica insieme ad altre undici colonie latine, rifiuta il suo supporto a Roma, ma come narratoci sempre da T. Livio, la conseguenza a questa decisione fu quella di pagare in doppia misura.
Sede vescovile già nel IV secolo, come riportato nelle sottoscrizioni ai vari Concili romani. Saccheggiata più volte durante le invasioni barbariche, conobbe proprio nell'alto Medioevo un periodo di notevole splendore per il fatto di essere attraversata dalla via Amerina-Annia, unica arteria a congiungere durante le guerre greco-gotiche Roma a Ravenna. Riprova della sua importanza fu l'invio del nutrito esercito guidato dal duca Leonzio a difesa della città, da parte del pontefice S. Gregorio Magno.
Durante l'VIII secolo, Totone, nobile nepesino di stirpe longobarda, ricordato dalla storia quale Duca di Nepi, discese su Roma forte di un esercito, col quale assoggettò la città eterna divenendone Duca e interferendo nel conclave del 768, fece nominare papa suo fratello, che salì al soglio pontificio col nome di Costantino II. L'anno successivo il suo potere ebbe fine per mano dell'opposta fazione che uccise Totone e destituì suo fratello, che accecato finì i suoi giorni rinchiuso in un monastero.
Nel 915 i Nepesini sconfiggono in uno scontro decisivo i saraceni.
Nel 1002 moriva a Castel Paterno[8] (all'epoca ricadente nel territorio Nepesino) Ottone III di Sassonia[9][10], restauratore del Sacro Romano impero, mentre cercava rifugio dall'incalzante opposizione delle nobili famiglie romane.
Nepi si costituì Libero Comune nel 1131, come testimoniato dalla lapide del primo patto comunale[11][12], conservata nel portico della Cattedrale. Nella lotta tra pontefice ed imperatore, Nepi fu di parte imperiale durante i regni di Alessandro II, Nicola II, Gregorio VII e Innocenzo II; caduta in mano ai papisti nel 1160, combatté contro il comune di Roma e nel 1244 venne assediata dall'imperatore Federico II. Divenuta possedimento feudale, passò in un primo momento ai prefetti di Vico e successivamente venne concessa agli Orsini, ai Colonna. Rodrigo Borgia, all'indomani della sua elezione a papa col nome di Alessandro VI la cedette al cardinale Ascanio Sforza, contraccambiando così il suo appoggio alla sua nomina. Ma a seguito della calata francese su Milano, il Pontefice tolse Nepi allo Sforza, la elevò al rango di ducato e la donò nell'anno 1499 alla figlia Lucrezia, la quale fu munifica amministratrice, amata e rispettata dalla popolazione. Dopo alterne vicende, Paolo III Farnese, la cedette a Pier Luigi Farnese, suo figlio naturale. Con la creazione del Ducato di Castro e Nepi, per questo territorio si ebbe uno dei periodi più floridi e prolifici.
Numerose furono le opere improntate in questo breve lasso di tempo, che va dal 1537 al 1545. Con la nomina di Pier Luigi Farnese a duca di Parma e Piacenza, Nepi torna sotto il diretto dominio della Santa Sede e dichiarata indipendente durante il regno di Sisto V, quando potrà innalzare le insegne senatoriali: S.P.Q.N. Il 2 dicembre 1798 venne saccheggiata dalle truppe francesi in ritirata da quelle borboniche. Il 13 dicembre vi si svolse lo scontro fra i due eserciti, nel quale ebbe la meglio quello francese guidato dal generale François Étienne Kellermann. Nel 1805 ospitò Pio VII di ritorno da Parigi, mentre il 13 settembre 1870 fu occupata dalle truppe italiane e annessa al Regno d'Italia.
Abitanti censiti[14]
Durante gran parte del XIX secolo, Nepi, come molte altre località italiane, accolse frotte di viaggiatori attratti dal territorio che all'epoca si offriva incontaminato e vergine agli occhi di questi personaggi. Numerosi artisti, soprattutto pittori, raggiunsero questa parte di Tuscia per fermare sulle loro tele, o solamente su un taccuino, scorci e paesaggi ancor oggi esistenti. Per citare alcuni dei più celebri:
... "Una delle più belle e pittoresche parti della campagna romana è quella che incomincia a Nepi, e si stende fino al Tevere per larghezza; per lunghezza giunge sino ad Otricoli ed anco fino a Narni. I forestieri, i touristi, non ne seppero mai nulla sino ad oggi" ... "Questa regione veduta in distanza, sembra una pianura leggermente ondulata: chi invece ci si inoltra, si trova ad un tratto sul ciglio di larghi burroni che solcano il suolo ed in fondo à quali corre un piccolo torrente." ... " Le pareti di queste voragini sono per lo più grandiosi squarci di rocce a perpendicolo, talvolta scoscendimenti erbosi o vestiti di boscaglie. Il fondo è fresco e verdeggiante pei grandi alberi ed ombre opache, le correnti, i filetti d'acqua, i ristagni ove questa impaluda; che ora si vedono e riflettono il verde della campagna o l'azzurro del cielo, ora rimangono confusi o celati sotto la volta di una robusta fitta vegetazione. Non ho mai veduto un più ricco tesoro di bellezze naturali per lo studio di paese." ...
Con la caduta dello Stato pontificio e la ridistribuzione delle terre, si è assistito allo sviluppo di un'economia basata sull'agricoltura. Per decenni i mercati generali romani sono stati invasi dagli ortaggi prodotti da queste parti. Un altro prodotto particolarmente apprezzato della città è il suo latte, esportato in tutto l'alto Lazio e a Roma.[senza fonte]
Di seguito la tabella storica elaborata dall'Istat a tema Unità locali, intesa come numero di imprese attive, ed addetti, intesi come numero addetti delle unità locali delle imprese attive (valori medi annui).[19]
Nel 2015 le 637 imprese operanti nel territorio comunale, che rappresentavano il 2,73% del totale provinciale (23 371 imprese attive), hanno occupato 1 693 addetti, il 2,85% del dato provinciale (59 399 addetti); in media, ogni impresa nel 2015 ha occupato due persone (2,66).
Nepi è particolarmente famosa per la sua acqua e per il motto della stessa: Nepe civitas, nobilis atque potens, in cuius fertilissimis agris balnea scaturiunt salutifera ("La città di Nepi, nobile e potente, nei cui campi fertilissimi sgorgano acque salutifere"). L'acqua sfocia nei prati di Nepi e grazie ad essa esiste l'industria Acqua di Nepi che esporta i suoi prodotti in tutta l'Europa.[senza fonte]
Nepi è collegata tramite la Strada Provinciale 77 Castel Sant'Elia, a Castel Sant'Elia. È collegata a Roma tramite la Strada statale 2 Via Cassia
Nel 1928, a seguito del riordino delle circoscrizioni provinciali stabilito dal regio decreto n. 1 del 2 gennaio 1927, per volontà del governo fascista, con cui l'anno prima era stata istituita la provincia di Viterbo, Nepi passò dalla provincia di Roma a quella di Viterbo.
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