La trasfigurazione di un episodio della mitologia in epoca moderna, e la spontaneità della postura e dell'espressione di Narciso, che sono sicuramente tematiche vicine all'opera del pittore, fanno propendere per l'autografia del dipinto[2].
Descrizione e stile
Il formato verticale della tela concede a Caravaggio di dare vita a una figura quasi perfettamente doppia. Le braccia disposte ad arco di Narciso seguono l'andamento della tela, e dal suo profilo chino si suggerisce lo sguardo anelante e sofferente[3]. Come segnalato da Rossella Vodret che riprende un'indicazione di Mario Docci, Caravaggio non dipinge un'immagine vista da un pittore fuori scena, bensì un'immagine che guarda sé stessa riflessa nello specchio d'acqua[4].
Il soggetto del dipinto è Narciso (la fonte classica di riferimento è le Metamorfosi di Ovidio, Libro III, vv. 339-510, cui vanno aggiunti i diffusi volgarizzamenti rinascimentali e le mitografie di fine Cinquecento)[5], ritratto mentre si specchia nell'acqua di una fonte (nelle Metamorfosi Ovidio parla di un luogo chiuso e molto ombroso da essere quasi buio) cercando un contatto fisico con il suo riflesso, di cui il fanciullo si è infatuato credendolo reale. In particolare, qui l'artista dipinge il momento che precede la scoperta dell'inganno: infatti, l'immagine che Narciso vedeva nella pozza d'acqua altro non era che la proiezione di sé stesso. Diverse interpretazioni sono state date: "Allegoria della vista", come nell'interpretazione di Fagiolo dell'Arco[6], oppure come "Allegoria della conoscenza di Dio attraverso la conoscenza di sé stessi"[7], o anche "Allegoria dei rapporti fra uomo e natura", proposta da Maurizio Marini[8]. La particolarità della raffigurazione è quella "a carta da gioco", in cui a un'immagine superiore ritta ne corrisponde una identica inferiore ma inversa; questo effetto di sdoppiamento a specchio è curato da Caravaggio in modo molto accurato, al punto che le pieghe delle maniche della camicia sono raffigurate nel loro esatto rovesciamento, come fossero viste da dentro la fonte verso l'esterno nell’immagine reale del ragazzo.
Nonostante tutti questi eccezionali aspetti compositivi e il fatto che da questa tela derivino, sembra, direttamente raffigurazioni analoghe del Domenichino a Palazzo Farnese nel 1604 (ancora vivo Caravaggio) e del Regno di Flora (1631) di Nicolas Poussin, l'attribuzione allo Spadarino è ancora molto resistente, anche dopo le considerevoli precisazioni di Rossella Voudret, che ha sottolineato come nel Narciso non sia dominante quella consistenza "compatta e solida" che troviamo nello Spadarino, bensì vi sia un ben altro aspetto luminoso e vibrante.[9]
Il dipinto si fa collocare durante il soggiorno del pittore nel palazzo Madama abitato da Francesco Maria Del Monte, nel periodo (la datazione proposta è fra il 1597 e il 1599)[10] in cui a fonti d'ispirazione tratte dalla vita quotidiana della Roma di fine Cinquecento, subentrano sempre di più allusioni tematiche legate alla mitologia classica, preludio alla raffigurazione di storia di poco posteriore.
Da un punto di vista prettamente stilistico, il dipinto rimanda alla pittura lombarda, bresciana per la precisione.
Note
^1.Sulle ipotesi attributive del dipinto, cfr., M.Cinotti, Michelangelo Merisi detto il Caravaggio con un saggio critico di G. dell'Acqua, in I pittori bergamaschi dal XIII al XIX secolo. Il Seicento. Bergamo, 1983, I, p. 519; Mina Gregori, Caravaggio e il suo tempo, Mostra, New York, Napoli, 1985, pp. 265-266; Maurizio Marini, Michelangelo da Caravaggio pictor praestantissimus, Roma, 1987, pp. 442-443. Il dipinto fu scovato da Roberto Longhi in casa dello storico dell'arte Paolo D'Ancona nel 1913, al quale pervenne da divisioni ereditarie della sua famiglia e dallo zio banchiere Laudadio della Ripa che lo aveva acquistato dalla famiglia Giordani di Pesaro che poteva averlo avuto in eredità da Francesco Maria del Monte stante l'amicizia che questi aveva con Camillo Giordani ( cfr. Rossella Vodret, Il restauro del "Narciso", in Michelangelo Merisi da Caravaggio. La vita e le opere attraverso i documenti a c. di Stefania Macioce, Roma 1995. Dopo Paolo D'Ancona, venne acquisito da Basile Khvoshinsky, che nel 1914 lo donò alla Galleria Nazionale d'Arte Antica di Roma che ora è a Palazzo Barberini. Nel 1914 la Galleria era diretta da Federico Hermanin.
^Da un punto di vista documentario, non essendo il dipinto citato dalle fonti note l'unico appiglio sembra essere una licenza di esportazione seicentesca. Come indica la Vodret, nel 1974 Maurizio Marini ha scovato in un articolo di Bertolotti (A. Bertolotti, Esportazione di oggetti di Belle Arti nella Liguria, Lunigiana, Sardegna e Corsica nei secc. XVI,XVII e XVIII, in " Giornale Ligustico" III,IV, 1876, p. 121. ), una licenza di esportazione del 1645 intestata ad un certo Valtabelze in cui, fra altre opere in partenza per Savona, è indicato un dipinto del Caravaggio raffigurante Narciso, cfr. Vodret, cit,,p. 167 e Maurizio Marini, Io Michelangelo da Caravaggio, Roma 1974, p. 387. Il ritrovamento nell'Archivio di Stato di Roma del documento del 1645, fatto dalla Vodret nel 1989 (cfr. Rossella Vodret, Brevi note sul Narciso in Caravaggio. Nuove riflessioni, Quaderni di Palazzo Venezia,6, Roma, 1989, p.224.), che attesta come la spedizione a Savona possa essere una valida alternativa alla trasmissione da Del Monte al Giordani, ha trovato il consenso di alcuni studiosi, come Mia Cinotti, Michelangelo Merisi, cit, p. 518, ma altri hanno sollevato perplessità come il Papi che ha svolto una ricerca approfondita per attribuite l'autografia del dipinto a Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino, cfr. G. Papi, Una precisazione biografica e alcune integrazioni al catalogo dello Spadarino, in Paragone Arte, 435, 1986, p. 24 e Giovanni Antonio Galli detto lo Spadarino, in Caravaggio. Come nascono i capolavori, Catalogo della mostra, Milano, 1992, pp. 359-368. V. anche Galli, Giovanni Antonio, in Dizionario biografico degli italiani, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana.
^Le analisi radiografiche hanno evidenziato l'assenza di disegno sotto la pittura, mentre sono state evidenziate delle incisioni (come già registrato in altre opere del Caravaggio) lungo il profilo della manica nel riflesso del corpetto nell'acqua del laghetto, cfr., Rossella Vodret, Il restauro del Narciso, cit. pp. 168-169. Allo stesso modo sono stati evidenziati spazi di riempimento a vista, per esempio nel contorno del naso; come ha segnalato la Vodret la presenza di sovrapposizione di campiture dal fondo al primo piano, è un altro elemento caratterizzante di questo dipinto che ne rivela l'autenticità, Rossella Vodret, ibidem, p. 169.
^Rossella Vodret, Il restauro del Narciso, cit, p. 170.
^Per le fonti del Narciso, cfr. www. Iconos. It,: Narciso (fonti classiche, medievali, rinascimentali e immagini)
^Marcello Fagiolo dell'Arco, Le "Opere di Misericordia", contributo alla poetica del Caravaggio, in L'Arte, 1, 1968, pp. 50 e 58. E va aggiunto anche, sulla stessa linea, Luigi Salerno, Caravaggio e i caravaggeschi, in " Storia dell'Arte", 7-8, 1970, p.241
^È la classica interpretazione iconologica in chiave cattolica di Maurizio Calvesi, Caravaggio o la ricerca della salvazione, in Storia dell'arte", 9-10, 1971, p. 136.
^Maurizio Marini, Io Michelangelo Merisi da Caravaggio, cit., p. 388. A Rossella Vodret, cit., p. 175 , n. 36 (anche per altre segnalazioni di interpretazione iconologica) , Franca Camiz ha indicato una possibile interpretazione erudita (magari segnalata al pittore dal Del Monte), in cui Narciso è figura della pittura, come è indicato nel De Pictura di Leon Battista Alberti.
^Rossella Vodret, Il restauro del Narciso, cit., p. 171 e della stessa, Brevi note sul Narciso, cit., p. 224.
^Cfr., Rossella Vodret, Il restauro, cit., p. 174.