Il suo nome anagrafico completo era Zenzile Makeba Qgwashu Nguvama Yiketheli Nxgowa Bantana Balomzi Xa Ufun Ubajabulisa Ubaphekcli Mbiza Yotshwala Sithi Xa Saku Qgiba Ukutja Sithathe Izitsha Sizi Kkabe Singama Lawu Singama Qgwashu Singama Nqamla Nqgithi; come scriveva lei stessa al Time nel 1960, ogni bambino riceveva tutti i primi nomi dei suoi antenati maschili, spesso accompagnati da aggettivi che descrivevano la personalità.[2] Divenne nota anche per il suo impegno politico contro il regime dell'apartheid e per essere stata delegata alle Nazioni Unite.
Nacque a Johannesburg; sua madre era una sangoma di etniaswazi e suo padre, morto quando lei aveva sei anni, era uno Xhosa. Iniziò a cantare a livello professionale negli anni cinquanta, con il gruppo Manhattan Brothers per poi fondare una propria band, The Skylarks, che univa jazz e musica tradizionale sudafricana. Nel 1959 cantò nel musical jazz sudafricano King Kong insieme a Hugh Masekela, che poco dopo divenne il suo primo marito. Miriam cominciò ad ottenere un notevole successo ma questo si tradusse con l'esilio imposto dal governo di Pretoria dopo il suo primo tour negli Stati Uniti del Sessanta. Non potevano tollerare che fosse diventata il simbolo di un popolo oppresso. Resterà lontana dal suo paese per ben trent'anni, una sofferenza enorme per lei, così legata alla propria terra.
Nel 1960 partecipò al documentario anti-apartheidCome Back, Africa e fu invitata al Festival del cinema di Venezia. Una volta arrivata in Europa decise di non rimpatriare. Si trasferì a Londra, dove conobbe Harry Belafonte, che la aiutò a trasferirsi negli Stati Uniti e farsi conoscere come artista. In USA incise molti dei suoi brani di successo, come Pata Pata, The Click Song ("Qongqothwane" in lingua xhosa) e Malaika. Nel 1966 Miriam Makeba ricevette il Grammy per la migliore incisione folk per l'album An Evening with Belafonte/Makeba, inciso insieme a Belafonte. L'album trattava esplicitamente temi politici relativi alla situazione dei neri sudafricani sotto il regime dell'apartheid.
Nel 1963 portò la propria testimonianza al comitato contro l'apartheid delle Nazioni Unite. Il governo sudafricano rispose bandendo i dischi di Miriam Makeba e condannandola all'esilio. Nel 1968 sposò l'attivista per i diritti civili Stokely Carmichael; l'evento generò controversie negli Stati Uniti, e i suoi contratti discografici furono annullati. La Makeba e Carmichael si trasferirono in Guinea, dove divennero amici del Presidente Ahmed Sékou Touré e di sua moglie. La cantante si separò da Carmichael nel 1973, e continuò a tenere concerti soprattutto in Africa, Sudamerica ed Europa. Svolse anche il ruolo di delegata della Guinea presso le Nazioni Unite, vincendo il Premio Dag Hammarskjöld per la Pace nel 1986. Dopo la morte della sua unica figlia Bongi (1985), si trasferì a Bruxelles. Nel 1987 collaborò al tour dell'album Graceland di Paul Simon. Poco tempo dopo pubblicò la propria autobiografia che chiamò My Story.
Nel 2005, ormai malferma in salute (per l'aggravarsi dell'artrite reumatoide che le era stata diagnosticata in gioventù), si dedicò a un tour mondiale di addio alle scene, cantando in tutti i paesi che aveva visitato nella sua carriera.