Metodo tranchiniano

Il metodo tranchiniano è una tecnica imbalsamatoria inventata dal medico palermitano Giuseppe Tranchina nei primi decenni dell'ottocento.

Il metodo

Il metodo di Tranchina consiste nell'incidere l'arteria carotide comune di un cadavere e di iniettarvi una soluzione acquosa di arsenico bianco e cinabro. Una volta completata questa operazione che richiede circa un'ora di tempo il corpo riprende il suo colore naturale e si mantiene flessibile per tre o quattro mesi ancora, poi a poco a poco si dissecca e si indurisce diventando di colore brunastro e rossiccio. Entro sette mesi dall'iniezione si ha un corpo completamente mummificato che si conserva per lunghissimi anni senza trasmettere nessun odore.

Le mummie della collezione anatomica di Lucca

Presso il gabinetto anatomico dell'Università di Lucca, si trovavano quattro mummie tranchiniane, opera di Luigi Pacini e al dissettore Vincenzo Bormida. Scriveva infatti nel 1843 Antonio Mazzarosa, direttore dell'ateneo, «[...] in fine vi si vedono quattro mummie preparate col metodo del Tranchina già da nove anni, fin qui inalterate».[1] Questi preparati non sono più presenti a Lucca e si ignora se e come siano stati ceduti ad altri musei o distrutti.

La mummia di Gaetano Arrighi

Mummia di Gaetano Arrighi, scattata nel Museo di Anatomia Umana "Filippo Civinini" dell'Università di Pisa.

La mummia di Gaetano Arrighi è un raro esempio di imbalsamazione eseguita secondo il metodo di Tranchina.

Gaetano Arrighi, nato a Santa Maria a Quarto (Firenze) il 21 agosto 1789 [2], era un carcerato del bagno penale di Livorno. Il 3 marzo 1836 si ammalò gravemente di pleurite e venne ricoverato nel civico Ospedale di Sant'Antonio. Morì pochi giorni dopo, il 9 marzo, e dato che nessun familiare richiese il suo corpo, il chirurgo Raimondo Barsanti (Livorno, 4 luglio 1769 – Livorno, 13 settembre 1841)[3] , allora soprintendente dell'ospedale livornese, utilizzò la salma per sperimentare il metodo tranchiniano.

La mummia di Arrighi rimase sempre a disposizione dell'ospedale di Livorno fino al 2005, anno in cui fu ceduta al museo di anatomia umana di Pisa. Tra il novembre 2006 e il luglio 2007 il preparato fu disinfestato dai tarli e restaurato.

Paleopatologico esterno della mummia di Gaetano Arrighi

Si tratta di una mummia appartenente ad un adulto di sesso maschile di tipo europoide. Alto 153 cm e pesante 19,300 kg. Il corpo ha una consistenza lignea e colorito brunastro. I bulbi oculari sono stati sostituiti da occhi artificiali di ceramica bianca e vetro colorato. La regione laterocervicale sinistra, parallelamente al muscolo sternocleidomastoideo, mostra una soluzione di continuo, una incisione della lunghezza di circa 18 cm, che dalla regione sottomastoidea si porta sino a 2 cm al di sopra del manubrio dello sterno. Questo taglio effettuato chirurgicamente rappresenta il punto attraverso il quale operò l'imbalsamatore inserendo la cannula per l'iniezione.

La mummia di Arrighi è stata studiata da diversi esperti: il prof. Gino Fornaciari e la dott.ssa Rosalba Ciranni del Dipartimento di Oncologia, dei Trapianti e delle Nuove Tecnologie in Medicina dell'Università di Pisa; il prof. Davide Caramella della Divisione di Radiologia dell'Università di Pisa; il dott. Riccardo Nenci della Divisione di Radiologia dell'ASL 6 di Livorno; la prof.ssa Silvia Marinozzi del Dipartimento di Medicina e Patologia Sperimentale dell'Università di Roma “La Sapienza”.[4]

Note

  1. ^ A. Mazzarosa, Guida di Lucca e dei luoghi più importanti del Ducato, Lucca, Tipografia Giusti, 1843. Ristampa Forni Editore, 1974, Bologna, p. 101.
  2. ^ D. Monnanni, La mummia di Livorno. La storia di Gaetano Arrighi, VGS Libri, 2021, pp. 16-17.
  3. ^ D. Monnanni, La mummia di Livorno. La storia di Gaetano Arrighi, VGS Libri, 2021, p. 22.
  4. ^ R. Ciranni, D. Caramella, R. Nenci, G. Fornaciari, The embalming, the scientific method and the paleopathology: the case of Gaetano Arrighi (1836), Medicina nei Secoli, 2005, 17/1, pp. 251-262.

Collegamenti esterni

  • Va a Pisa la mummia di gaetano (da Tirreno Livorno del 19 febbraio 2005) (PDF) [collegamento interrotto], su rassegnastampa.unipi.it.