Il marmo giallo antico è una varietà di marmo utilizzata dai Romani. Il nome moderno corrisponde in latino al marmor numidicum (ossia "marmo della Numidia").
Descrizione
Veniva estratto in cave situate presso la città antica di Simitthus, attuale villaggio di Chemtou, in Tunisia.
Si tratta di un marmo di colore giallo uniforme, che varia dal giallo intenso a tinte più chiare, quasi bianche, con venature giallo scuro, o rossicce, o brune, e clasti angolosi di varie dimensioni e colori vari (varie tonalità di giallo, rosso rosato, bruno).
Le cave divennero ben presto di proprietà imperiale e questa varietà di marmo venne largamente utilizzata per fusti di colonna e rivestimenti parietali e pavimentali negli edifici pubblici delle città più vicine alla costa del Mar Mediterraneo, e in particolare venne esportato nella penisola italiana. Era inoltre utilizzato per statue di barbari o di bestie selvagge, in relazione alla sua provenienza. Nel III secolo le cave andarono probabilmente esaurendosi e il giallo antico fu progressivamente soppiantato da brecce gialle di altra provenienza e di minor pregio. Risulta menzionato nell'Editto dei prezzi di Diocleziano, agli inizi del IV secolo, dove se ne stabilisce un prezzo piuttosto alto.
Gabriele Borghini, Marmi antichi, Leonardo De Luca editori, Roma 1992, pp. 214–215.
Raniero Gnoli, Marmora Romana, Edizioni dell'Elefante, Roma 1988 (III ed.), pp. 166–168.
Lorenzo Lazzarini, "La determinazione della provenienza delle pietre decorative usate dai Romani", in Lucrezia Ungaro, Marilda De Nuccio (a cura di), I marmi colorati della Roma imperiale (catalogo mostra), Roma 2002, pp. 243–244.
Schede [1][2][3][4][5] sui campioni di marmo giallo antico del Museo di storia naturale dell'Accademia dei fisiocritici di Siena.
F. Di Gregorio, A. Di Gregorio, "Le cave romane di marmo giallo antico di Chemtou (Tunisia) come geosito di raro interesse culturale", in Geologia e turismo. Beni geologici e geodiversità (terzo congresso nazionale, Bologna 2007), 145-156 (testo on line in formato .pdfArchiviato il 6 novembre 2011 in Internet Archive.)