Laureato in Architettura a Roma, e in cinema a Los Angeles al California Institute of the Arts, vive e lavora in Italia. Dopo aver diretto numerosi corti e documentari per la televisione e aver concepito e organizzato il film collettivo Intolerance ha esordito alla regia cinematografica con Quello che cerchi (2002), candidato al David di Donatello come miglior opera prima prodotto da Mario Mazzarotto..[1] Dopo l'opera prima ha realizzato corti e documentari fino ad approdare alla sua opera seconda Riparo, presentato al Festival di Berlino 2007[2] e diventato uno dei film italiani più invitati nei festival internazionali del 2007-08. Tra i documentari vanno ricordati Il colore delle parole sull'immigrazione africana in Italia e presentato alla Mostra del Cinema di Venezia nel 2009.[3]
Partendo dalla sua esperienza personale, nel 2012 ha iniziato il progetto My Journey to meet you, una serie di documentari sulle famiglie con genitori omosessuali. Il primo episodio, il documentario Prima di tutto, ha ricevuto nel 2016 una menzione speciale ai Nastri d'argento.[6] Il secondo documentario Tuttinsieme è stato presentato al Biograf Film Festival 2020 ed è stato distribuito in sala.
Marco Simon Puccioni è inoltre attivo sul fronte delle associazioni di autori di cinema e nell'insegnamento. Nel 1996 ha fondato e diretto l'associazione Cinema Senza Confini, per impegnare il cinema su temi come il razzismo e la xenofobia[9], nel 2004 ha fondato ed è stato presidente dell'associazione RING, il forum dei registi di cinema alle prime opere. Nel 2008 è tra i fondatori dell'associazione 100autori, il sindacato degli autori di cinema e televisione e di cui è stato rappresentante per la categoria dei registi di cinema.[10]
Ha insegnato cinema all'Istituto Europeo di Design, all'Accademia di Belle Arti di Perugia e dal 2014 è docente e coordinatore del corso di regia della Scuola di Cinema G.M. Volonté.[11]
Il lavoro e la vita di Marco Simon Puccioni si sono sviluppate nel segno dell’innovazione, sia essa culturale, personale, sociale, o tecnologica.[12]
Sin dagli inizi, quando ancora collaborava con i programmi televisivi, ha proposto e realizzato esempi di televisione interattiva con i programmi di Rai 3 e Italia 1.
Il suo primo lungometraggio, Quello che cerchi, tra road movie e film noir, girato in multi-formato ai margini delle città, primo film digitale italiano, è stato accolto come un film manifesto dotato di un linguaggio libero e sorprendente.[13][14]
Sul piano sociale è forte la sua attenzione per le minoranze e i diritti civili che si esprime prima con l’ideazione del progetto collettivo Intolerance poi con i documentari sulla Palestina, i social forum, l’immigrazione (Il colore delle parole e Riparo) e le famiglie arcobaleno (Prima di tutto e Tuttinsieme).[12] Quest’ultimo argomento si intreccia con la sua vita personale infatti Puccioni è stato tra i primi a costituire una famiglia omogenitoriale con due figli e sicuramente il primo regista in Europa a vivere e raccontare questa esperienza genitoriale.[15]
Il filo invisibile, che viene dopo due documentari, se da un punto vista del linguaggio è più classico dei precedenti, non lo è dal punto di vista tematico essendo il primo film che mette al centro della narrazione il coming of age di un adolescente figlio di due padri e affrontando in modo largo questioni complesse come la genitorialità e i diritti. Particolarmente significativo anche perché realizzato in un paese che certo non brilla per essere inclusivo o proteggere le comunità lgbtq.[16][17]
Puccioni porta quindi uno sguardo nuovo, ampio, inclusivo, unico e profondo sulla realtà senza paura di guardare nelle pieghe più recondite dell’animo umano.[18]