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Nel 1922 si laurea in giurisprudenza. Si accosta al cinema nel 1929 collaborando alla rivista Educazione fascista diretta da Giovanni Gentile, prima occupandosi di argomenti di letteratura, poi scrivendo di cinema in maniera anche polemica, tanto da essere accusato di superficialità.
Nel 1935 partecipa alla fondazione del Centro sperimentale di cinematografia, di cui ricopre per molti anni il ruolo di direttore. In questa veste fonda nel 1937 la rivista del centro Bianco e Nero, contribuisce alla formazione delle nuove generazioni di registi italiani indirizzandoli verso la produzione di film didattici, crea una serie di collaborazioni chiamando a insegnare Umberto Barbaro e Rudolf Arnheim. Nel CSC si esplica il pensiero di Chiarini che riteneva possibile, fra il cinema commerciale e quello sperimentale d'avanguardia, un cinema educativo, così come Alessandro Blasetti, regista italiano anch'egli attivo presso il CSC.
Chiarini fornì un notevole impulso alla crescita della cultura cinematografica italiana durante gli anni del fascismo. In un suo saggio pubblicato nel 1938 su «Bianco e Nero» (nº 7 del 1938, pp. 3–8) espresse in modo netto il suo pensiero circa la possibilità del film di essere opera d'arte, affermando che "il film è un'arte, il cinema un'industria". Dal 1941 alla Caduta del fascismo fu direttore della rivista[2].