Lucio Atilio Prisco (fl. IV secolo a.C.) è stato un politico romano.
Primo tribunato consolare
Nel 399 a.C. fu eletto tribuno consolare con Gneo Genucio Augurino, Marco Pomponio Rufo, Gaio Duilio Longo, Marco Veturio Crasso Cicurino e Volero Publilio Filone[1].
Marco Veturio fu l'unico patrizio ad essere eletto alla massima magistratura romana per quell'anno[2].
Durante l'assedio contro Veio si registrò un improvviso afflusso di contingenti di Capenati e Falisci, che presero di sorpresa le forze romane assedianti, che però, memori di quanto accaduto qualche anno prima (nel 402 a.C.) con i tribuni consolari Manio Sergio Fidenate e Lucio Verginio Tricosto Esquilino, organizzarono prontamente una controffensiva che mise in fuga i nemici[2].
Secondo tribunato consolare
Nel 396 a.C. fu eletto tribuno consolare con Publio Licinio Calvo Esquilino, Publio Melio Capitolino, Gneo Genucio Augurino, Lucio Titinio Pansa Sacco e Quinto Manlio Vulsone Capitolino[3].
Mentre continuava l'assedio di Veio, Lucio Titinio e Gneo Genucio marciarono contro i Falisci ed i Capenati, ma furono da questi sorpresi in un'imboscata. Gneo Genucio morì combattendo, mentre Titino riuscì a riparare con i superstiti.
La notizia della rovina dell'esercito romano fece cadere Roma, ed i soldati che assediavano Veio, nel panico, tanto che alcuni di questi tornarono in città.
«A Roma erano arrivate notizie ancora più allarmanti: l'accampamento di fronte a Veio era già in stato d'assedio e colonne di nemici pronte a battersi stavano ormai marciando alla volta di Roma. Ci fu un accorrere scomposto di gente sulle mura. Le matrone, richiamate fuori dalle case dalla paura generale, si riversarono nei templi a rivolgere preghiere e suppliche agli dèi.»
Solo la nomina di Marco Furio Camillo a dittatore riuscì a riportare la calma in città e nell'esercito, che rinfrancato, fu artefice della caduta di Veio, dopo un decennale assedio.
Note
- ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 13, anche se Tito Livio nomina Cn. Duillium e non Gaio Duillio.
- ^ a b Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V,2,13.
- ^ Tito Livio, "Ab Urbe Condita", V, 2, 18, anche se Tito Livio cita 5 tribuni, non menzionando Manlio Vulsone.
Predecessore
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Fasti consulares
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Successore
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Publio Manlio Vulsone, Lucio Publilio Filone Volsco, Lucio Titinio Pansa Sacco, Publio Melio Capitolino, Spurio Furio Medullino, Publio Licinio Calvo Esquilino
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399 a.C. con Gneo Genucio Augurino, Marco Pomponio Rufo, Gaio Duilio Longo, Marco Veturio Crasso Cicurino e Volero Publilio Filone
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Lucio Valerio Potito V, Marco Valerio Lactucino Massimo, Marco Furio Camillo II, Lucio Furio Medullino III, Quinto Servilio Fidenate II e Quinto Sulpicio Camerino Cornuto II
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I |
Lucio Giulio Iullo II, Lucio Furio Medullino IV, Lucio Sergio Fidenate, Aulo Postumio Albino Regillense, Publio Cornelio Maluginense e Aulo Manlio Vulsone Capitolino III
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396 a.C. con Publio Licinio Calvo Esquilino, Publio Melio Capitolino II, Quinto Manlio Vulsone Capitolino, Gneo Genucio Augurino II e Lucio Titinio Pansa Sacco II
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Publio Cornelio Maluginense Cosso, Publio Cornelio Scipione, Cesone Fabio Ambusto III, Lucio Furio Medullino V, Quinto Servilio Fidenate III, Marco Valerio Lactucino Massimo II
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II |