Anticamente l'area della Mezzaluna Fertile era abitata prevalentemente da popolazioni di lingua aramaica. Nell'area si scontrarono due potenze militari: i romani e i persiani. Con il declino della dominazione romana sulla Mesopotamia (III secolo), cessò anche l'influenza della cultura ellenistica. Le lingue locali ebbero modo di svilupparsi e di giungere al livello di lingua letteraria.
Tra esse ebbe particolare fortuna il siriaco. Nacque come dialetto dell'aramaico orientale a Edessa e si diffuse nelle regioni confinanti della Mesopotamia. Nei primi secoli dell'era volgare Edessa fu al centro di un regno indipendente, in cui il cristianesimo divenne la religione maggioritaria. Grazie alla diffusione della Chiesa edessena, il siriaco poté affermarsi come lingua e produsse una vastissima letteratura, a partire dal II secolo d.C. fino al XIII secolo[1]. Il consolidamento definitivo della lingua avvenne nel IV secolo, epoca in cui fu composta la Peshitta[2].
Contrariamente a un luogo comune, Gesù non può avere parlato questa lingua. Tantomeno erano in siriaco le Sue parole dalla Croce:
«Eloì, Eloì, lemà sabactàni?»
("Dio mio, Dio mio, perché Mi hai abbandonato?")
in quanto Gesù parlava il galileo, che è un dialetto aramaico occidentale; mentre il siriaco è una lingua basata sul dialetto di Edessa che è un dialetto aramaico orientale. Inoltre la lingua letteraria siriaca fu codificata successivamente all'epoca di Gesù; e in funzione di un ambito culturale già cristianizzato. Naturalmente si tratta di due varietà distinte ma sempre di aramaico, quindi imparentate.
Diventò lingua veicolare del cristianesimo in tutta l'Asia fino al Malabar (regione dell'India meridionale) e fino ai confini della Cina, nonché mezzo di comunicazione e di scambi culturali fra armeni, arabi e persiani.
Oggi alcuni dialetti moderni derivati dal siriaco antico, come la lingua neo-aramaica assira, sono ancora parlati, e in parte scritti anche per scopi letterari, in alcune località della Turchia sud-orientale (regione di Tur Abdin), della Siria, dell'Iraq e dell'Iran occidentale (intorno al lago di Urmia). Il siriaco classico è ancora usato soprattutto per l'uso liturgico dei cristiani aramaici.[1]
In siriaco si scrive da destra a sinistra e la maggior parte delle lettere si connettono alla seguente.
Esistono diversi stili in questa scrittura. I principali sono: la estrangela, la più antica e diffusa; lo stile giacobita o serto (occidentale); e quello nestoriano (orientale). Questi tre stili si differenziano anche nel tratteggio delle consonanti ma soprattutto per la scrittura delle vocali. Nello stile estrangela i segni vocalici sono per lo più omessi; nella scrittura giacobita le vocali sono indicate con segni diacritici; nel nestoriano si indicano con una combinazione delle lettere waw e yud usate come matres lectionis, e di punti posti sopra o sotto le lettere.
R. Köbert, Vocabularium Syriacum, Pontificium Institutum Biblicum, Roma 1956
Sirìaco, in Treccani.it – Vocabolario Treccani on line, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana. URL consultato il 7 ottobre 2014.
SIRI, in Enciclopedia Italiana, Roma, Istituto dell'Enciclopedia Italiana, 1936. URL consultato il 6 ottobre 2014.
Vincenzo Ruggieri SJ, Massimo Bernabò, Emanuela Braida, Marco Pavan (edd.) The Syriac Manuscripts of Tur ‘Abdin in the Fondo Grünwald, Orientalia Christiana & Valore Italiano, Roma 2017, ISBN 978-88-97789-47-5