Già docente di prospettiva all'Accademia di Brera nel 1786 ottenne la cattedra di elementi di architettura civile, dovette dimettersi a causa del suoi legami con la corta austriaca, il suo ruolo fu assunto da Gian Giacomo Albertolli.[2]
Nel 1793 intraprese un viaggio di studio insieme al conte Alessandro Serbelloni durante il quale visita diverse ville nel Lazio delle quali effettua diversi rilievi e i palazzi vaticani.[1]
Dal 1803 fu architetto della Fabbrica del Duomo, il suo progetto di completamento della facciata fu poi realizzato da Carlo Amati.[2]
La sua opera più celebre è la Villa Belgioioso Reale di Milano (post 1790 - ante 1796)[3], oggi sede della Galleria d'Arte Moderna,[4] con evidenti richiami al neopalladianesimo e all'architettura francese, con un basamento rustico, un ordine gigante di colonne e infine numerose statue alla sommità. Essa presenta una parte basamentale con piani scanditi da colonne scanalate ioniche. Di grande rilevanza è l'attenzione all'apparato decorativo, infatti i soggetti delle decorazioni esterne furono consigliati da Parini.
Pollack realizzò anche il giardino all'inglese, uno dei primi in Italia progettato seguendo i canoni del giardino informale che si stavano diffondendo nel paese sullo spunto dallo scritto Le delizie della villa di Pietro Verri[5] e primo esempio in Italia di giardino all'inglese in ambito urbano.[6]
Nei progetti di Villa Casati e villa Saporiti introdusse, primo in Lombardia, i volumi del salone delle feste nel corpo cilindrico aggettante in facciata.[1]
Dal matrimonio con Giustina Coffer nacquero sette figli, tre maschi (Giuseppe, Cesare e Lodovico) e quattro femmine (Giuditta, Domitilla, Ester e Rachele). Solo Giuseppe, il primogenito, seguì le orme paterne diventando architetto.
Il fratellastro, Mihály Pollack, fu esponente di primo piano del Neoclassicismo in Ungheria.
Opere
Di seguito un elenco parziale delle opere di Pollack:
Trasformazione dell'ex monastero di Sant'Agata a Bergamo in carcere
Sistemazione dell'ingresso degli uffici di Prefettura e realizzazione dello scalone a chiocciola in stile neoclassico presso il palazzo Broletto[10] di Brescia (1803)
^ C. Coccoli, B. Scala e G.P. Treccani, Stratigrafie e restauri al Broletto di Brescia, in Archeologia dell'Architettura, XIV 2009, Firenze, All’Insegna del Giglio, dicembre 2011, pp. 105-140.