La cosa più bella è il titolo dato ad una lirica pressoché completa[1] di Saffo, citata come Fr. 16 Voigt.
Preservazione
Il frammento 16 di Saffo venne rinvenuto e pubblicato dagli archeologi Bernard Pyne Grenfell (artefice della maggior parte dei ritrovamenti degli scritti di Saffo) e Arthur Surridge Hunt: il testo della poesia era scritto sul Papiro Ossirinco 1231, un manoscritto del II secolo d.C. del Libro I di un'edizione alessandrina dell'opera di Saffo.
Nel 2014, i papirologi Dirk Obbink, Simon Burris e Jeffrey Fish hanno ritrovato e aggiunto alcune parole inedite al testo già noto del poema. Quest'ultimo scritto dovrebbe risalire tra la fine del II e l'inizio del III secolo, ed è stato pubblicato per la prima volta nel 2014. Tale papiro, quasi perfettamente intatto, conteneva anche cinque strofe del celebre Carme dei fratelli, sempre della poetessa.
«Alcuni di cavalieri un esercito, altri di fanti,
altri di navi dicono che sulla nera terra
sia la cosa più bella, mentre io ciò che
uno ama.
Tanto facile è far capire
questo a tutti, perché colei che di molto superava
gli uomini in bellezza, Elena, il marito
davvero eccellente
lo abbandonò e se ne andò a Troia navigando,
e né della figlia, nè dei cari genitori
si ricordò più, ma tutta la sconvolse
Cipride innamorandola.
E ora ella, che ha mente inflessibile,
in mente mi ha fatto venire la cara
Anattoria, che non mi è
vicina.
Potessi vederne il seducente passo
e il lucente splendor del volto
più che i carri dei Lidi e, in armi,
i fanti.»
(trad. A. D'Andria)
Analisi
Struttura poetica
La poesia sopracitata è costituita da venti versi, anche se è incerto se la poesia originale finisse al verso 20 oppure continuasse con un'altra strofa. In quest'ultimo caso tale testo risulterebbe perciò mutilo.
Così come altre poesie contenute nel Libro I delle opere di Saffo, il frammento 16 è scritto in strofe saffiche, ossia è suddiviso in strofe di quattro versi ciascuna. I primi tre di ogni strofa sono caratteristici versi endecasillabi saffici, mentre il quarto è costituito da un adonio di cinque sillabe.[2]
Saffo, per enunciare la sua predilezione dell'amore su qualsiasi bene materiale, si serve del cosiddetto Priamel, ossia un'elencazione di concetti al cui termine è presente quello prediletto dall'autore.[3]
La poesia segue una struttura circolare, poiché inizia con un exemplum, costituito dalle mitiche vicende Elena e Paride, e nella strofa conclusiva ritorna a tale argomento per chiudere la poesia.
Significato e commento
Saffo in questa poesia enuncia una opinione di tipo generale, ossia quale possa essere la cosa più bellaː ai beni materiali essa oppone l'amore. E lo fa riferendo un assunto mitico esemplare, quello di Elena che, innamorata, abbandonò un ottimo marito e l'intera famiglia. Infine, dopo aver concluso che Afrodite è una dea a cui non si può resistere, Saffo chiude con una vicenda più privata, una nota di nostalgia per la sua Anactoria lontana, che la poetessa preferirebbe a qualsiasi bene materiale.[4]
Anactoria
L'Anactoria citata nel frammento 16 è probabilmente la stessa menzionata nella Suda come allieva di Saffo. L'oratore Massimo di Tiro parla di Anactoria, così come di altre due allieve Atti e Girinna, come di una ragazza "che Saffo amò come Socrate amò Carmide e Fedro e sopra tutti Alcibiade".
Nella poesia, Anactoria è assente, anche se dai versi finora rinvenuti non viene esplicitato il perché. Un suggerimento è che abbia lasciato il tiaso e di conseguenza anche Saffo per sposarsi. Lo storico e filologo Christopher Brown sostiene che la descrizione dell'αμαρυχμα di Anactoria ("lo scintillio radioso del suo viso"[5]) suggerisce la χαρις ("grazia", "fascino") di una tipica "ragazza nubile" in età da matrimonio, e che è probabile che Anactoria sia tornata nella sua città natale per sposarsi.[6] Eric Dodson-Robinson aggiunge anche che la poesia potrebbe essere stata eseguita proprio a un matrimonio (il che renderebbe il componimento un epitalamio), con Anactoria che rappresenta la sposa che lascia la sua famiglia e i suoi amici per trasferirsi nella casa dello sposo.[7]
Al contrario, il greco George Koniaris ha smentito tali ipotesi, sostenendo che non vi è nessuna ragione speciale per credere che Anactoria abbia lasciato Saffo per un uomo. Il filologo classico Glenn Most a tal proposito suggerisce che l'assenza della ragazza potrebbe non essere dovuta a nessun particolare motivo, nulla che non sia temporaneo.[8][9]
^(EN) David Konstan, Sappho 16 and the Sense of Beauty, in Eugesta. Revue sur le genre dans l'Antiquité - Journal of Gender Studies in Antiquity, n. 5, 1º gennaio 2015, DOI:10.54563/eugesta.716. URL consultato il 29 ottobre 2024.
^The Anactoria Poem, su The Poetry Foundation. URL consultato il 29 ottobre 2024.