Originario di Cavallino, in provincia di Lecce, era conosciuto con lo pseudonimo di "Capitano Black". Da giovane poeta emergente fu presentato e recensito anche dal duca Sigismondo Castromediano, suo compaesano. Nella sua breve esistenza fu autore di poesie ancora oggi apprezzate per la vivacità vernacolare incentrata sui temi della vita quotidiana.
Nell'opera Canti de l'autra vita (1900), presto divenuta molto popolare a Lecce e dintorni, espresse una satira pungente e semanticamente brillante impiegando quartine di ispirazione dantesca.
Tra gli altri scritti in vernacolo sono da ricordare le pubblicazioni Scrasce e gesurmini (1892); Nfiernu (1893), L'amore de na vergine (1900); Spudhiculature (1903) e la commedia La scola te lu sire (1901)[1].
Morì che non aveva ancora compiuto 36 anni.
Citazioni
«Ma cce serve ste cose cu bu dicu / se ogne amicu miu tantu u sospira / e pe destinu uesciu ogne nemicu / furfecare bu pote cu na lira? (Ma a che serve che io vi dica queste cose / se ogni mio amico vi sospira / e per vostro destino ogni nemico / vi può forbiciare (criticare) con una lira?)»
(da Sciati ..., in "Gesurmini", Le poesie del capitano Black, Congedo Editore, Lecce 1976)
Chirizzi, 1954, A. Chirizzi. G. De Dominicis Il Capitano Black - Poesie. Soc. An. Tipografia di Matino. 1954. Il volume, che raccoglie buona parte delle opere del "Capitano Black", fu pubblicato due anni dopo le celebrazioni in onore del poeta che culminarono con lo scoprimento della stele monumentaria in Cavallino, il 9 novembre 1952.