La svolta verificatasi nella 'ndrangheta a metà degli anni settanta determinò l'acquisizione di un potere economico sempre maggiore, ma contemporaneamente ne destabilizzò l'assetto. Al vertice dell'organizzazione criminale calabrese, in quel periodo si trovano Girolamo Piromalli, Antonio Macrì e Domenico Tripodo. Lo stato aveva messo a disposizione parecchi finanziamenti, destinati al completamento dell'autostrada Salerno-Reggio Calabria, alla costruzione del quinto centro siderurgico e del porto di Gioia Tauro.
In questo contesto Girolamo Piromalli capì che, per aumentare i profitti, l'organizzazione non poteva rimanere isolata dalle istituzioni statali. L'idea di allacciare rapporti con lo stato attraverso la massoneria coperta, sul modello della mafia siciliana, fu subito appoggiata da Paolo De Stefano (che era a quei tempi un boss rampante del quartiere Archi di Reggio Calabria), ma non ben vista da Antonio Macrì e Domenico Tripodo.
Si creò pertanto una profonda frattura tra chi voleva seguire la strada della "tradizione", appoggiata da Macrì e Tripodo, e chi invece voleva percorrere la strada "progressista" cioè quella dei rapporti con le istituzioni statali, appoggiata fortemente da Piromalli e De Stefano.
Ne scaturì la prima guerra di 'ndrangheta, al termine della quale finì per prevalere la linea dei Piromalli-De Stefano. Per permettere di avere contatti con le istituzioni statali attraverso la massoneria coperta (prima di allora severamente vietato dalle ferree regole della 'ndrangheta tradizionalista), Piromalli e De Stefano fondarono la Santa, una sorta di struttura parallela i cui affiliati (i "Santisti") possono intrattenere rapporti con uomini delle istituzioni statali. Girolamo Piromalli si fregiò così del titolo di "Santista" (il pentito Gaetano Costa affermò di esser stato battezzato santista da un appartenente a una 'ndrina di Toronto) ed entrò nella massoneria[1][2][3].
Piromalli fu l'unico dei grandi capibastone di quel periodo a salvarsi dopo la prima guerra di 'ndrangheta, grazie alla sua decisione di accettare che si entrasse nel mercato della droga. Morì di malattia l'11 febbraio 1979; al funerale erano presenti 6000 persone[4]. Suo fratello Giuseppe Piromalli diverrà il nuovo capobastone.