«I cattolici gli rimproverano la mancanza di Dio e le punte anticlericali, i laici il suo riserbo costante e il sentimento dell'apocalisse. A me pare che Orwell sia scrittore da ricordare a lungo, e che nella parabola della sua vita abbia toccato molti punti di verità.[1]»
(Geno Pampaloni)
George Orwell, pseudonimo di Eric Arthur Blair (Motihari, 25 giugno 1903 – Londra, 21 gennaio 1950), è stato uno scrittore, giornalista, saggista, attivista e critico letterario britannico.
Conosciuto in vita come giornalista e opinionista politico e culturale, oltreché come prolifico saggista ed attivista politico-sociale, Orwell è considerato uno dei maggiori prosatori in lingua inglese del XX secolo. La sua grande fama è dovuta in particolar modo a due romanzi, scritti verso la fine della sua vita negli anni quaranta: l'allegoria politica de La fattoria degli animali – nella quale, secondo alcune ricerche, ebbe un ruolo di primo piano anche la sua prima moglie Eileen O'Shaughnessy, in generale redattrice dei testi del marito, dalla quale sembra essere venuta anche l'idea per il romanzo[2] – e la distopia di 1984, rappresentante una vivida realtà fantapolitica e fantascientifica totalitaria tale da aver dato luogo alla nascita dell'aggettivo «orwelliano», oggi ampiamente usato per descrivere meccanismi totalitari di controllo del pensiero.
Polemista lucido e anticonformista, Orwell non risparmiò critiche neanche all'intellighenzia socialista britannica, alla quale si sentiva profondamente estraneo.[3] Era e rimase fino alla fine un convinto socialista, ma la presa di coscienza, in virtù anche delle tragiche esperienze personali, delle contraddizioni e dei fatali errori della linea politica adottata in Unione Sovietica sotto la dirigenza di Iosif Stalin, lo portò ad abbracciare un virulento antisovietismo, cosa che lo portò quindi a scontrarsi con una consistente parte della sinistra europea dell'epoca. Nel 1946 scrisse:[4]
«Ogni riga di ogni lavoro serio che ho scritto dal 1936 a questa parte è stata scritta, direttamente o indirettamente, contro il totalitarismo e a favore del socialismo democratico, per come lo vedo io.»
(Perché scrivo)
«Siamo impegnati in un gioco in cui non possiamo vincere. Alcuni fallimenti sono migliori di altri, questo è tutto.»
(1984)
Orwell nacque a Motihari, Bihar, in India, il 25 giugno 1903 da una famiglia di origini scozzesi, appartenente alla borghesia medio-bassa .[5] Il padre di origini anglo-indiane era funzionario dell'amministrazione britannica in India, dove la famiglia si destreggiava a conciliare l'effettiva scarsità di mezzi con la salvaguardia delle apparenze. Nel 1904 Orwell si trasferì nel Regno Unito con la madre Ida (1875-1943) e la sorella Marjorie Frances (1898-1946), prendendo dimora a Henley-on-Thames, nell'Oxfordshire, dove si iscrisse al college St. Cyprian di Eastbourne.
Orwell era ateo, come riportato, in occasione del 60º anniversario della morte, nell'articolo pubblicato sul quotidiano La Stampa[6]. Uscì da quel collegio - che era cattolico - con una borsa di studio e un forte complesso d'inferiorità, per le umiliazioni e lo snobismo subiti negli anni da parte dei compagni di studio, nei confronti di tutta la società del Regno Unito del suo tempo (come narrerà nel suo saggio autobiografico Such, Such Were the Joys del 1947).
Nel 1917 venne ammesso all'Eton College, che frequentò per quattro anni, e dove ebbe per insegnante Aldous Huxley (altro grande esponente della letteratura distopica), alle cui opere si ispirerà per 1984, il suo romanzo più celebre. In questo stesso periodo strinse amicizia con Cyril Connolly, futuro critico letterario. Nel 1922 lasciò gli studi per seguire le orme paterne e, tornato in India, si arruolò nella Polizia Imperiale in Birmania (Burma). Il 22 novembre dello stesso anno arrivò a Mandalay, sua sede di lavoro.
L'esperienza però si rivelò traumatica e il giovane George, diviso fra il crescente disgusto per l'arroganza imperialista e la funzione repressiva che il suo ruolo gli imponeva, il 1º gennaio 1928 si dimise. Questa vicenda biografica ispirerà, oltre ad alcuni memorabili saggi, il romanzo Giorni in Birmania, pubblicato nel 1934. Sempre nel 1928 partì per Parigi; il suo intento era di poter osservare con i propri occhi i bassifondi delle grandi metropoli europee. In questo periodo iniziò a scrivere e insieme lavorò come sguattero in alcuni ristoranti. Sopravvisse solo grazie alla carità dell'Esercito della Salvezza e sobbarcandosi lavori umilissimi, un'esperienza che proseguirà anche in patria e che tradurrà nell'opera Senza un soldo a Parigi e a Londra (pubblicata nel 1933).
Pubblicò il suo primo articolo di successo su Le Monde[7] nel 1928. L'anno successivo si trasferì a Southwold, nel Suffolk, lavorando come recensore per l'Adelphy e il New Statesman and Nation. Nell'aprile 1932 si trasferì nel Middlesex, dove iniziò il lavoro di insegnante come maestro elementare per varie scuole private, occupazione che poi fu costretto ad abbandonare per problemi di salute. Nel marzo dell'anno successivo pubblicò La figlia del reverendo (1933) e accettò di lavorare part-time in una libreria e insieme come critico di romanzi per il New English Weekly. Su commissione del Left Book Club, un'associazione culturale filosocialista, svolse anche un'indagine nelle zone più colpite dalla depressione economica, indagine che lo porterà, nei primi mesi del 1936, tra i minatori di carbone dell'Inghilterra settentrionale, le cui misere condizioni saranno descritte in La strada di Wigan Pier, pubblicato nel 1937.
Nello stesso periodo Orwell si recò nel Lancashire e nello Yorkshire e successivamente a Wallington, nello Hertfordshire, dove pubblicò il romanzo Fiorirà l'aspidistra, ispirato alla sua vita di povertà di quegli anni. In esso sono narrate le vicende sentimentali di un aspirante scrittore, impegnato in una velleitaria battaglia contro i codici della vita borghese. A Wallington Orwell affittò in Kits Lane una casa nella quale una stanza era adibita a negozio, noto come The Stores; nel negozio Eric e la sua compagna vendevano uova fresche del loro pollaio, bacon, latte delle loro capre e strisce di liquirizia. Il 9 giugno 1936 sposò nella chiesa anglicana di Wallington (nonostante entrambi si dichiarassero agnostici), Eileen O'Shaughnessy, sua compagna da un anno. Proprio a Wallington si trova la "Bury Farm", la fattoria che, secondo molti, ispirò a Orwell l'ambientazione de La fattoria degli animali.
Scoppiata la guerra civile spagnola, lo scrittore decise di prendervi parte e quindi andò in Spagna a combattere nelle file del Partito Operaio di Unificazione Marxista (POUM, Partito Obrero de Unificacion Marxista, d'ispirazione trotzkista) contro Francisco Franco. Partì per il fronte aragonese, dove fu impegnato al fianco della 29ª Divisione Repubblicana. Il 20 maggio 1937 Orwell venne ferito gravemente alla gola da un cecchino franchista e fu perciò fatto rientrare a Barcellona. Lì, nel frattempo, il clima politico era cambiato: per il prevalere, nel governo repubblicano, della linea del Fronte Popolare e del PCE (stalinista), il POUM e gli anarchici erano stati dichiarati fuorilegge. Nel giugno dello stesso anno Orwell e la moglie, sentendosi in pericolo a causa dei rastrellamenti e dalle fucilazioni sommarie perpetrate dai loro ex compagni comunisti, lasciarono la Spagna quasi clandestinamente.
Tornato dunque in Inghilterra, Orwell scrisse Omaggio alla Catalogna (1938), un diario-reportage contro i comunisti stalinisti spagnoli (i quali agivano sotto lo stretto controllo dei "consiglieri" sovietici), da lui accusati di aver tradito lealisti e anarchici spagnoli. In settembre partì per il Marocco. L'anno successivo, tornato in patria, scrisse Una boccata d'aria (1939).
Durante la seconda guerra mondiale Orwell, che si era offerto volontario, venne respinto dall'esercito britannico come inabile e quindi si arruolò, nel 1940, nelle milizie territoriali della Home Guard, con il grado di sergente. In marzo l'editore Gollancz gli pubblicò la raccolta di saggi Inside the whale (Nel ventre della balena). Trasferitosi a Londra, Orwell curò per la BBC (l'ente radiotelevisivo britannico) una serie di trasmissioni propagandistiche destinate all'India (che avrebbe fornito alla Gran Bretagna e al suo esercito ben due milioni di soldati). Inoltre pubblicò la raccolta di saggi Il leone e l'unicorno: il socialismo e il genio inglese (1941) e, tra il 1942 e il 1943, collaborò alle riviste Horizon, New Statesman and Nation e Poetry London.
In novembre Orwell abbandonò la Home Guard per dirigere il settimanale di sinistra Tribune, che gli aveva affidato una rubrica, As I please (A modo mio). Iniziò allora a scrivere La fattoria degli animali; la terminerà nel febbraio del 1944, ma, per le chiare allusioni critiche allo stalinismo, molti editori si rifiutarono di pubblicare il racconto (in quel periodo l'Unione Sovietica di Stalin era alleata del Regno Unito contro il nazifascismo). Nel giugno 1944, dopo molti tentativi di avere un figlio in modo naturale, Orwell adottò un bambino, dandogli il nome di Richard Horatio Blair. Nel febbraio dell'anno seguente si dimise da direttore del Tribune, per impegnarsi come corrispondente di guerra in Francia, Germania e Austria, per conto dell'Observer. Nello stesso anno (1945) morì la moglie Eileen, durante un intervento chirurgico, e Secker & Warburg pubblicarono il suo primo romanzo di successo, La fattoria degli animali.
Dal novembre 1946 all'aprile dell'anno successivo, Orwell riprese a scrivere per il Tribune e nel 1947 si stabilì con il figlio a Jura, fredda e disagiata isola delle Ebridi. Era minato dalla tubercolosi e il clima non si confaceva alle sue disperate condizioni di salute, costringendolo a continui ricoveri in sanatorio. Due anni dopo si risposò con Sonia Brownell, redattrice di Horizon, e cominciò a occuparsi della revisione della sua opera più celebre, 1984 (scritta nel 1948).
Morì all'età di 46 anni il 21 gennaio 1950 a causa della rottura di un'arteria polmonare[8].
«Orwell ha intuito che nel futuro-presente di cui egli parla si dispiega il potere dei grandi sistemi sovranazionali, e che la logica del potere non è più, come al tempo di Napoleone, la logica di un uomo. Il Grande Fratello serve, perché bisogna pur avere un oggetto d'amore, ma basta che egli sia un'immagine televisiva.[9]»
(Umberto Eco)
«Ortodossia vuol dire non pensare, non aver bisogno di pensare. Ortodossia e inconsapevolezza son la stessa cosa.»
Orwell viene ricordato soprattutto per il contributo che diede alla letteratura distopica, di cui si servì nella sua lotta contro il totalitarismo. Dal punto di vista letterario egli si inserisce nel grande filone della letteratura satirica inglese, che si può far risalire a Jonathan Swift (in particolare I viaggi di Gulliver, ma anche il pamphlet Una modesta proposta). In realtà sono i saggi e gli articoli che – più di ogni altro suo scritto – costituiscono il contributo maggiore dello scrittore alla comprensione del suo tempo, oltre che un alto esempio di esercizio della ragione e dello spirito critico, attraverso uno stile di esemplare chiarezza.
La sua scrittura, pur esprimendo concetti complessi, è chiara e usa parole ben comprensibili: Animal Farm (La fattoria degli animali) in particolare è stato più volte usato come lettura nei corsi di lingua inglese per stranieri. Esso è, sotto la parvenza di una favola per bambini, un'acuta parodia del comunismo centralista realizzato in Unione Sovietica: in una fattoria gli animali si ribellano a un padrone umano crudele e dispotico (lo Zar e il sistema imperiale), ma la rivoluzione si trasforma in una nuova tirannia capeggiata dai maiali (la cupola comunista), corrotti e avidi di potere come gli uomini e riassunta magistralmente dall'icastico motto: "Tutti gli animali sono uguali ma alcuni sono più uguali degli altri".
Orwell ammonisce a non credere alle favole, invita a mantenere sempre vigili la coscienza e lo spirito critico e a dubitare delle rivoluzioni pur ritenendole necessarie; ci invita a dubitare del nostro stesso pensiero perché esso a sua volta potrebbe essere condizionato da un linguaggio (la neolingua di 1984) costruito ad arte per incarcerare/sedurre la nostra mente con le conseguenti devastazioni che il sonno della ragione provoca.
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