Il Genoa Social Forum (GSF) è stata una rete di movimenti, partiti, associazioni e società civile di contestazione no-global. Il portavoce nazionale era Vittorio Agnoletto.
Nonostante le numerose richieste di incontri con rappresentanti delle istituzioni in previsione dell'organizzazione di un contro-forum, queste si resero disponibili solo per il 24 giugno 2001 nella persona del capo della Polizia Gianni De Gennaro. Il GSF chiese, attraverso i portavoce Vittorio Agnoletto e Luca Casarini, l'annullamento del G8, con la motivazione che la riunione dei capi di Stato e di governo era da considerarsi illegittima, in quanto pochi uomini potenti avrebbero preso decisioni destinate a condizionare popoli non rappresentati dal G8 e perché il divieto di entrare liberamente nella zona rossa costituiva una limitazione delle libertà costituzionali; tali richieste non furono accettate dal governo, motivando ciò con l'impossibilità di venire meno agli impegni internazionali precedentemente assunti dall'Italia, anche se questi fossero stati assunti dal precedente governo.
Dopo il vertice del G8 a Genova, i movimenti e le associazioni che avevano dato vita al Genoa Social Forum decisero di continuare l'esperienza costituendo dei Social Forum in molte regioni e città italiane, per impegnarsi sui temi della globalizzazione solidale, dell'ambiente e della pace. Questo percorso si concretizzò con l'European Social Forum a Firenze nel 2002 e nelle assemblee nazionali l'1 e 2 marzo 2003 a Livorno e il 7 e 8 febbraio 2004 a Bologna. In questo periodo il movimento no-global organizzato nei Social Forum, si mobilitò contro la guerra in Iraq con manifestazioni pacifiste.
Aderenti nazionali
I firmatari del GSF erano 1187, di cui 86 genovesi, 929 nazionali e 172 internazionali[1]. Tra di esse vi erano:
associazioni di carattere nazionale (ARCI, cinque ACLI provinciali e un circolo, due circoli ANPI, UISP, Arciragazzi)